Antonio Fabbri – L’informazione: Cancro malattia comune, ‘usato criterio dell’inabilita’ totale al lavoro’

Antonio Fabbri – L’informazione: Cancro malattia comune, ‘usato criterio dell’inabilita’ totale al lavoro’

L’informazione di San Marino 

Cancro malattia comune, “usato criterio dell’inabilità totale al lavoro”

Il Direttore sanitario Manzaroli spiega il parametro adottato dal Comitato esecutivo dell’Iss per dare attuazione alla norma sull’indennità 

Antonio Fabbri

SAN MARINO. Cancro, ma anche sclerosi multipla, “malattie comuni” finché per la prima non ci sia la chemioterapia e per la secondo il riacutizzarsi delle placche. Questa la anomalia di cui si è dato conto su queste pagine con le toccanti testimonianze di alcuni malati. Una delle aberrazioni create dalle nuove norme in materia di indennità di malattia introdotte nell’ultima legge di bilancio su proposta della Segreteria alla Sanità. Norma cui è seguito un regolamento per l’applicazione concreta. Regolamento nel quale, appunto, si è previsto questo modus operandi. Così, finché il tumore è “malattia comune” perché non c’è la chemio, l’indennità è all’86%; se c’è la chemio, al 100%. Freddi numeri e ragionamenti che non paiono tenere in gran conto l’aspetto umano di malattie così gravi.

Quel che risulta assurdo e, come
dicono i malati, oltraggioso, è
che un cancro diagnosticato,
per la burocrazia sia considerato
“malattia comune”, almeno
finché non venga prescritta una
terapia che, in certe situazioni,
non è prescrivibile perché non
necessaria o non consona allo
stato del paziente e, nella peggiore
delle ipotesi, perché addirittura
inutile.
Ed è proprio nei casi più gravi
che la decisione diventa insopportabile
e inumana. Questo approccio
che, ai più, pare assurdo,
è stato sollevato da una malata
di cancro, Roberta Morrea, che
ora attende risposte dalla politica
su questa scelta e su uno stato
che taglia su chi sta davvero
male, mentre da altre parti spreca,
all’insegna di una spending
review fatta sulla pelle dei più
deboli, spesso già provati dalla
malattia che viene loro diagnosticata
e dagli effetti psicologici
che questo comporta.
Per ora la politica non ha dato
risposte.

A dare spiegazioni sui criteri adottati è il Direttore Sanitario dell’Iss, Dario Manzaroli, da noi interpellato. “E’ una situazione figlia dell’ultima Legge Finanziaria che riconosce che in alcuni casi, elencando le patologie, l’indennità prevista all’86% possa tornare ad essere percepita al 100%. Tra questi il tumore o la sclerosi multipla, ma quando si verifichino determinate condizioni”.

Queste condizioni sono state stabilite
da un regolamento al quale
ha messo mano il Comitato esecutivo
dell’Istituto per la sicurezza
sociale.
“Rapportandoci anche a normative
di altri Stati, compresa
l’Italia, come Comitato esecutivo
abbiamo ragionato su quale
criterio adottare. Abbiamo valutato
confacente il parametro
della inabilità temporanea totale
al lavoro. Trattandosi infatti
di indennità di malattia relativa
all’occupazione, è alla idoneità
lavorativa che occorre fare riferimento.
Un ragionamento condiviso
– ha detto Manzaroli – sia
dal Comitato esecutivo (formato
da Direttore generale, sanitario
e amministrativo, ndr.), sia dal
medico fiscale”.
Quindi, spiega Manzaroli, secondo
il criterio adottato “proprio
perché si chiama indennità
di malattia ed è legata alla solidarietà
sociale della collettività,
questa interviene laddove il
lavoratore abbia una invalidità
temporanea totale e sia impossibilitato
a prestare la propria
opera”. Il problema è, però, che
un cancro o una sclerosi multipla
vengano considerati “malattia
comune” quando comuni non
sono. “Medici, pazienti e cittadini
dobbiamo abituarci a considerare
e trattare queste malattie
come “comuni”. A mio modesto
parere non si può applicare l’indennità
di malattia in base al tipo
di diagnosi, ma occorre valutare,
come viene fatto con il regolamento,
l’inabilità temporanea
assoluta al lavoro. Certo, si può
affermare che chi, ad esempio,
si rompe una gamba ed è temporaneamente
inabile al lavoro è
di certo più fortunato del malato
di cancro. Dal punto di vista
dell’operatività lavorativa, tuttavia,
l’inabilità totale al lavoro
subentra quando si è sottoposti a
una terapia che impedisca al malato
oncologico o a qualsiasi alto
malato di svolgere la sua occupazione”,
ribadisce Manzaroli.
Il Direttore sanitario, comunque,
non esclude che possano essere
decisi altri criteri, ma evidenzia
come la scelta, in tale caso, debba
essere politica.
“A mio avviso, comunque, questo
è un elemento da sottoporre
all’autorità politica, perché
potrebbe trovare dei correttivi.
Come si è cercato di fare con
la norma sulle indennità perché
c’erano delle distorsioni e c’era
chi se ne approfittava”.
Però non è che se ci sono le distorsioni,
se proliferano i “furbetti
della mutua”, vanno colpiti
e debbano pagare coloro che
sono realmente ammalati.
“Certo, su questo sono totalmente
d’accordo – dice Manzaroli – e
su questo piano tutto il sistema,
cittadini e professionisti compresi,
si deve un pochino correggere.
Ci stiamo lavorando”.

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