Antonio Fabbri – L’informazione di San Marino: Riciclaggio di 1,8 milioni dei casalesi, perquisizioni e sequestri nello studio di un professionista

Antonio Fabbri – L’informazione di San Marino: Riciclaggio di 1,8 milioni dei casalesi, perquisizioni e sequestri nello studio di un professionista

L’informazione di San Marino

Indagate cinque persone e una società, tra cui il legale partenopeo già condannato a 11 anni per associazione mafiosa e a un anno per le minacce a Saviano

Riciclaggio di 1,8 milioni dei casalesi, perquisizioni e sequestri nello studio di un professionista 

Operazione di polizia giudiziaria venerdì scorso presso l’ufficio di un avvocato sammarinese. Per l’accusa i soldi della camorra sono finiti sul Titano tramite operazioni messe in piedi da Michele Santonastaso, avvocato del clan Bidognetti già condannato anche per le minacce a Roberto Saviano

Antonio Fabbri

Riciclaggio di quasi 1,8 milioni dei Casalesi, clan Bidognetti, attraverso conti e una società sammarinese. Perquisizioni e sequestri presso lo studio di un avvocato e notaio sammarinese, che al momento non risulta indagato.

La polizia giudiziaria ha proceduto venerdì scorso nel pomeriggio all’esecuzione di un’ordinanza, spiccata dal Commissario della Legge Alberto Buriani, presso lo studio di un noto professionista per acquisire documentazione legata a movimentazioni di denaro che portano dritte dritte a quello che è stato definito l’avvocato della Camorra. Avvocato noto anche per essere stato condannato per le minacce nei confronti di Roberto Saviano e della giornalista del Mattino di Napoli, oggi senatrice del Pd, Rosaria Capacchione.

A finire sotto indagine per riciclaggio da parte della magistratura sammarinese, dunque, è Michele Santonastaso, 54enne legale di Caserta, indagato assieme ai figli Irene, Giuseppe e Claudio, e a Teodoro Iannotta, 43enne pure lui di Caserta e amministratore della società sammarinese finita anche questa sotto inchiesta.

Il denaro della Camorra
Secondo l’accusa il denaro che
Santonastaso portò a San Marino
nel 2001 è il provento delle
attività dell’associazione per
delinquere di stampo mafioso
alla quale prestava i suoi servigi
legali. Tra l’altro di recente, nel
dicembre dello scorso anno, l’avvocato
del clan è stato condannato
a undici anni di reclusione
e all’interdizione perpetua dai
pubblici uffici, per favoreggiamento,
falsa testimonianza
e associazione a delinquere di
stampo camorristico.
Santonastaso da vecchia data,
secondo l’accusa, è organico alle
attività della Camorra.
I soldi sul Titano cominciò
a portarli nel 2001, quando
aprì un conto sul quale versò
1.782.314,95 investendo poi il
denaro in pronti contro termine.
Nel 2009 saltarono fuori le prime
notizie di cronaca che riguardavano, tra gli altri, l’avvocato partenopeo.
Fu allora che cominciò
a movimentare i denari. Ma in
concomitanza delle movimentazioni
scattò anche la segnalazione
all’Aif e il congelamento
delle somme da parte dell’Agenzia
di informazione finanziaria.
Scattò pure l’inchiesta giudiziaria
sul Titano, mentre in seguito
Michele Santonastaso veniva
arrestato in Italia ed emerse che
stava organizzando la nascita
di un consorzio per la gestione
ambientale dell’intera Campania,
che avrebbe operato nell’interesse
del clan dei casalesi.


La prima inchiesta
Santonastaso, come emersero
le notizie della sua vicinanza ai
casalesi, iniziò a movimentare
i denari. Secondo l’accusa per
evitare che ne venissero tracciate
le movimentazioni a lui riferibili,
li spostò in loco acquisendo tramite
i figli le quote di una società
sammarinese e riversandoli in
buona parte dal conto personale
a quello della società acquisita
da un altro casertano, Teodoro
Iannotta.
Queste movimentazioni hanno
portato al congelamento da parte
dell’Aif dei conti. In seguito si
è giunti e al sequestro quando è
stato aperto il primo fascicolo
sulla vicenda, nel 2011. Fascicolo
che, però, fu archiviato nel
giugno del 2013 per insufficienza
di prove sul collegamento di
quei soldi all’attività illecita.

Il nuovo fascicolo
Dopo l’archiviazione quei fondi
furono dissequestrati e ricominciarono
le danze degli spostamenti
e delle movimentazioni.
Successivamente, però, nel
dicembre del 2014, l’avvocato è
stato condannato a undici anni.
E’ scattata quindi l’apertura di
una nuova inchiesta per nuove
movimentazioni anche recenti,
fino al febbraio-marzo di
quest’anno, tra cui un prelievo
da oltre 160mila euro destinati
all’acquisto di un immobile a
Napoli.
Tutte operazioni finite sotto la
lente degli inquirenti nel nuovo
fascicolo di indagine che venerdì
scorso ha portato a perquisizione
e sequestri di documentazione
nello studio di un noto avvocato
sammarinese, dove nel frattempo
era stata trasferita anche la sede
della società di Santonastaso.

Le minacce ai giornalisti
In un certo senso i conti sul Titano sono anche collegati alla
vicenda delle minacce fatte ai
giornalisti Roberto Saviano e
Rosaria Capacchione, de “Il
Mattino”, ed erano saltati fuori
già nel 2008. Minacce per le
quali, sempre Michele Santonastaso,
è stato condannato a
un anno lo scorso novembre.
Dei conti a San Marino, infatti,
si parlò nel caso Spartacus. Si
tratta di un maxi-processo durato
dal 1998 al 2010, anno in
cui è stata emessa la sentenza
di terzo grado di giudizio, condotto
principalmente a carico di
membri del clan camorristico
dei casalesi. Vide oltre 115 persone
processate, fra cui il boss
Francesco Schiavone, soprannominato
“Sandokan”. In quel
procedimento nel 2008 Santonastaso,
che era legale di Antonio
Iovine, poi pentito, e Francesco
Bidognetti, fece istanza di ricusazione
dei giudici, a firma dei
due boss, basando la richiesta su
probabili “influenze” sulla Corte
di assise di Appello di Napoli
dei contenuti degli articoli della
giornalista Rosaria Capacchione
e dello scrittore Roberto Saviano.
“Quando gli sequestrammo
dei conti a San Marino – ha detto
il Pm nel processo del novembre
2014 proprio relativo a queste
minacce – Santonastaso citò in
aula degli articoli de Il Mattino
su cui la procura di Napoli aveva
basato la richiesta di sequestro”.
Proprio questo intervento del
legale è stato considerato minatorio,
con l’aggravante della modalità
mafiosa, nei confronti dei
giornalisti, tanto che il Pm lo ha
descritto come una “sceneggiata
immonda” da parte dell’avvocato
dei boss.-

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