Grande successo per la presentazione sammarinese del libro ‘Id. Rimini (2009-2010) di Marco Vincenzi

Grande successo per la presentazione sammarinese del libro ‘Id. Rimini (2009-2010) di Marco Vincenzi

San Marino, 27 febbraio 2015
GRANDE SUCCESSO PER LA PRESENTAZIONE SAMMARINESE DEL LIBRO
 “ID. RIMINI (2009-2010)” DI MARCO VINCENZI
In una Sala Fondazione San Marino particolarmente gremita, nella serata di ieri, ha avuto luogo la presentazione del libro fotografico di Marco Vincenzi “Id. Rimini (2009-2010)”.  L’evento è stato realizzato con il sostegno della Fondazione San Marino Cassa di Risparmio – S.U.M.S che ha da poco ospitato presso la propria sede espositiva sia la Mostra “Fra.me” del fotografo sammarinese Paolo, sia l’esposizione “Project 192” sull’attentato di Madrid. Ciò a dimostrazione che fare cultura produce cultura e che ogni evento promosso ha innescato quello successivo, confermando la Sala Fondazione San Marino come un qualificato contenitore culturale. Nell’occasione il fotografo Vincenzi è stato presentato dalla giovane curatrice indipendente Federica Landi e, in un dialogo dinamico che non ha mancato di coinvolgere il pubblico, ha raccontato il suo libro “Id. Rimini (2009-2010)”, edito da Danilo Montanari Editore. La serata si è aperta con un intervento di saluto di Marino Rossi, Consigliere della Fondazione San Marino, che ha enfatizzato la sensibilità della Fondazione a favore di iniziative culturali dedicate alla fotografia e all’arte.
Testo di presentazione del libro
Rimini. Abitare / Stefania Rössl, Massimo Sordi
“Le strade sono lo spazio di risulta tra gli edifici (…), lo spazio pubblico non è che il vuoto tra i luoghi del lavoro, i negozi e le abitazioni. Il camminare è soltanto l’inizio dell’essere cittadini, ma camminando il cittadino conosce la propria città e i propri concittadini e abita realmente la città e non soltanto una piccola porzione privatizzata di essa. Camminare per le vie è ciò che connette il leggere una cartina stradale con il vivere la propria vita, il microcosmo individuale con il macrocosmo pubblico; dà un senso al dedalo che c’è intorno. (…) Il camminare conserva agli spazi pubblici la specificità dell’essere pubblici e la loro viabilità” (1).
Passeggiando tra i quartieri residenziali, prime espansioni della città ai limiti del centro storico di Rimini, ci si addentra in un tessuto urbano ordinato all’interno del quale si distinguono case e palazzine di modesta qualità architettonica predisposte a comunicare, nella loro semplicità, storie di vite differenti.
La strada pubblica appare spesso delimitata ai suoi margini; oltre i marciapiedi si innalzano recinzioni, cancellate, muretti, siepi, elementi necessari per fissare la misura dell’ambito privato e proteggere l’ambiente familiare e la vita che si svolge all’interno della casa.
“Negli stereotipi più comuni il luogo è presentato come la forma compiuta della felicità e della realizzazione di sé, quella della casetta che dovrebbe costituire una felicità intima e segreta (due cuori e una capanna) e simbolizzare al contempo il più diffuso, il più modesto (a volte questi rifugi dell’anonimato vengono chiamati Ça me suffit) e il più ambizioso fra gli ideali” (2).
Tra casa e strada si inserisce dunque un terzo elemento, una superficie scoperta che separa spazio pubblico e spazio privato introducendosi come una fascia netta, chiara, precisa: la soglia.
Uno spazio interstiziale predisposto ad esprimere all’esterno la percezione privata dell’abitare ma anche un luogo identificato come filtro, un terreno capace di mediare la connessione tra dimensione privata e pubblica del quartiere, due parametri complessi che, nel contesto urbano, tendono a rinnovarsi quotidianamente.
Se, come sostiene Bauman, “ci sono, in molte aree urbane, un po’ ovunque nel mondo, case fatte per proteggere i loro abitanti, e non per integrarli nelle comunità a cui appartengono” (3), le immagini fotografiche presentate in questo volume, esito di una ricerca sul campo realizzata attraverso lunghe esplorazioni, possono farci riflettere sulla presenza costante di alcuni elementi separatori, configurazioni di materiali e forme differenti che segnano un confine netto tra ciò che appare e ciò che si intende preservare della vita dei residenti.
Spesso a separare strada ed edificio è un piccolo cortile invalicabile, una zona lastricata impossibile da abitare, utile forse per parcheggiare la vettura di proprietà o per il ricovero di qualche attrezzo, sufficiente appena per lasciar sviluppare qualche elemento vegetale in una improbabile forma.
Così la natura si riduce a un tappeto erboso non troppo curato, oppure viene sostituita da una semplice pavimentazione per esterni dove, la presenza di una siepe potata, può alternarsi al carattere esotico di una palma importata; in questo quadro la presenza dell’albero è una costante, un simbolo di proprietà, la presenza metaforica di un atto di conquista del nostro spazio del vivere. Probabilmente questi piccoli spazi-giardino ci aiutano a capire di più della città e dei suoi abitanti, “ci dicono chi e come li ha costruiti, con quali attese e interessi; come e chi li sta vivendo, indizi di modi di vita che finalmente riusciamo ad immaginare” (4).
Ma la città suggella la volontà del singolo, regalandogli un numero, il famigerato numero civico ostentato e ripetuto più volte, anche se in uno spazio ristretto, per timore di perdita. A volte sembra che gli abitanti si affidino ad esso perché “le persone e i luoghi sono intercambiabili: un personaggio può essere identificato soltanto come un’atmosfera o con un principio, un luogo può assumere una personalità a tutto tondo” (5).
Il cortile diventa allora la nostra soglia, l’elemento che ci protegge tra le sicure mura di casa e ciò che ci separa dall’ignoto della strada, mediando il passaggio tra la sicurezza di uno spazio individuale familiare e l’incontro con il diverso, ciò che non si conosce. E’ uno spazio che, proprio perché ci appartiene, curiamo fino ai minimi dettagli; esso deve rappresentarci, corrisponderci, non deve necessariamente essere invitante.
Le immagini fotografiche realizzate da Marco Vincenzi ci consentono di esplorare lo spazio di relazione che s’instaura tra la strada, spazio pubblico per eccellenza, e la casa, il luogo in cui si dimora. Uno spazio che, passo dopo passo, viene scoperto e svelato dallo sguardo attento e distaccato del fotografo.
Vincenzi conosce bene la città di Rimini, lo si intuisce dalla capacità di cogliere dettagli anonimi dietro i quali i diversi quartieri della città prendono forma nonché dall’attitudine ossessiva nel cercare di comprendere la dimensione sociale dello spazio urbano, come in un lento ritorno a casa.
Il suo sguardo conquista lo spazio privato inaccessibile, non cerca una rispettosa distanza, ma prova a spostarsi, dallo spazio pubblico, fin dove l’occhio e la macchina possono arrivare, mantenendo un rigore compositivo nel rispetto di un lucido distacco emozionale su cui imposta la costruzione poetica del lavoro. Il punto di vista, spesso frontale, a volte in prospettiva, mira comunque ad una precisa restituzione degli elementi rappresentati che diventano così simbolo non solo di un luogo ma del modo di costruire un luogo, un rapporto, un’identità.
Riferendoci al noto lavoro di Gabriele Basilico e Stefano Boeri esposto al Padiglione Italia alla Biennale di Venezia nel 1996 ci chiediamo se queste immagini rappresentino un ritratto della città di Rimini o se, piuttosto, possano raffigurare il ritratto di una certa Italia contemporanea.
Al camminatore solitario non rimane perciò che percorrere la propria strada, accertando le uniche possibilità di un tragitto non necessariamente lineare e senza sbandamenti ma, presumibilmente, considerando, con Rebecca Solnit, che “l’atto del camminare (…) possa articolare un significato politico” (6).
(1) R. Solnit, Storia del camminare, Paravia Bruno Mondadori Editori, Milano 2002, p. 200-201.
(2) M. Augè, Sedentarietà e mobilità, in L’antropologo e il mondo globale, Raffaello Cortina Editore, Milano 2014, p. 49.
(3) Z. Bauman, Fiducia e paura nella città, Paravia Bruno Mondadori Editori, Milano 2005, p. 13.
(4) S. Boeri, Per un “atlante eclettico” del territorio italiano, in G. Basilico, S. Boeri, Sezioni del paesaggio italiano, Art&, Udine, 1996.
(5) R. Solnit, Storia del camminare, Paravia Bruno Mondadori Editori, Milano 2002, p. 210.
(6) R. Solnit, Storia del camminare, Paravia Bruno Mondadori Editori, Milano 2002, p. 9.
Note biografiche dei partecipanti
Federica Landi è una giovane curatrice indipendente e un’artista che utilizza la fotografia. Laureata con merito all’Accademia dio Belle Arti di Firenze e al London College of Communication, Università delle Arti di Londra, si è occupata di curare ed organizzare mostre per la Millennium Images and Milim Gallery di Londra e Parigi. Recentemente è tornata a vivere in Italia, a Rimini, la sua città natale, dove si occupa della curatela di artisti come indipendente e realizza workshop sulla fotografia. Inoltre, sta portando avanti un’interessante ed innovativa ricerca come artista, nell’ambito delle arti visive attraverso l’uso della fotografia.
Danilo Montanari editore ravennate, si occupa di arte contemporanea, fotografia e architettura dal 1980. Ha pubblicato oltre 700 volumi collaborando con i principali artisti sia italiani che internazionali, da Mario Schifano a Sol Lewitt, da Jannis Kounellis a Joseph Kosuth, Giulio Paolini. Ha pubblicato il primo libro di Maurizio Cattelan nel 1989, e la prima importante monografia di Alighiero Boetti. In particolare, cura libri d’artista a tiratura limitata. La collezione dell’editore è stata oggetto di una mostra con catalogo nel settembre 2011 nell’Aula magna della biblioteca dell’Università di Bologna con una presentazione di Mario Diacono. Tra i titoli della fotografia: Luigi Ghirri, Olivo Barbieri, Paolo Ventura e gli emergenti Michele Buda, Lisa Santarelli, Alessandra Dragoni, Giuseppe De Mattia. Tra i referenti della casa editrice ci sono gallerie d’arte, pubbliche amministrazioni, fondazioni bancarie e musei (Palazzo delle Esposizioni, Roma, MOCA Los Angeles, Musèe de la Marine,Nizza, Rossini Opera festival Pesaro, Christian Stein, Milano, Collezione Marmotti, Reggio Emilia, UCLA, California, ecc.) La casa editrice partecipa da anni a fiere e manifestazioni nazionali e internazionali: Artissima Torino, Artelibro Bologna, Mia Milano, Artefiera Bologna, Fotofever Bruxelles, Codex San Francisco, New York (con lo studio Aperture).
Marco Vincenzi è nato a Fano (PU) nel 1958 e vive nella Repubblica di San Marino. Sociologo, esperto di comunicazione visiva e di fotografia, ha collaborato con enti ed istituzioni per la realizzazione di progetti di ricerca, attività culturali e mostre. In particolare, si è occupato d’infanzia, di partecipazione sociale dei bambini e di gestione dei conflitti interculturali attraverso l’uso della fotografia. A queste attività, su cui ha scritto e pubblicato anche alcuni saggi, alterna quella di artista e fotografo. Sue opere sono conservate in diverse collezioni pubbliche e private, in Italia e all’estero. Come fotografo, ha pubblicato “Donodidonna (1994)”, con un testo introduttivo di Italo Zannier, e “Nelle case della cultura contadina (2000)”, entrambi per AIEP Editore di San Marino, oltre al recente (2014) “Sulle orme della fotografia. Un itinerario parigino”, nella forma di una fanzine autoprodotta. Dall’anno 1993 al 2002 è stato curatore della collana “Edizioni di photographia” per l’editore AIEP di San Marino. Dal 2011 insegna Cultura visuale presso il Master di Alta formazione sull’immagine contemporanea di Fondazione Fotografia a Modena. Nel 2012 ha avviato un’attività di promozione culturale sulla fotografia (seminari e mostre) presso RF64 Spazio Minimo a Gualdicciolo nella Repubblica di San Marino. Dall’inizio del 2014, collabora alla piattaforma BAG Curators di Pesaro, per la quale scrive sulla rivista L’Aperitivo illustrato e cura mostre per Bag Photo Art Gallery.

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