Italia: Ratifica accordo con San Marino contro le doppie imposizioni. Disegno di Legge, Camera Deputati

Italia: Ratifica accordo con San Marino contro le doppie imposizioni. Disegno di Legge, Camera Deputati

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XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 5667

 


Pag. 1


 

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal
ministro degli affari esteri

(TERZI DI
SANT’AGATA)

di concerto con il
ministro dell’economia e delle finanze

(GRILLI)

e con il ministro
dello sviluppo economico

(PASSERA)

Ratifica ed
esecuzione della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San
Marino per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e
per prevenire le frodi fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma il 21
marzo 2002, e del relativo Protocollo di modifica, fatto a Roma il 13 giugno
2012

Presentato il 18
dicembre 2012

Onorevoli Deputati! — La Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San
Marino per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e
per prevenire le frodi fiscali, della quale ci si accinge ad illustrare i
contenuti normativi, costituisce un ulteriore tassello della già vasta rete di
convenzioni per evitare le doppie imposizioni, stipulate all’Italia.
      Si evidenzia che, successivamente alla
firma di tale trattato, avvenuta a Roma il 21 marzo 2002, le Parti hanno
ritenuto opportuno procedere alla conclusione di un Protocollo di modifica
della Convenzione, firmato a Roma il 13 giugno 2012, al fine di aggiornare
alcune delle disposizioni in essa contenute, con particolare riferimento allo
scambio di informazioni fiscali (articolo 26), ora in
linea con l’attuale modello dell’Organizzazione per la cooperazione e lo
sviluppo economico (OCSE) in materia.
      Il citato Protocollo di modifica, che
costituisce parte integrante della Convenzione ed entrerà in vigore con le
stesse modalità da essa previste (articolo VII), si compone di sette articoli,
di seguito delineati nei loro contenuti emendativi del Trattato:

          Articolo
I: modifica dell’articolo 10 (Dividendi);

          Articolo
II: modifica dell’articolo 11 (Interessi);

          Articolo
III: modifica dell’articolo 12 (Canoni);

          Articolo
IV: modifica dell’articolo 26 (Scambio di informazioni);

          Articolo
V: prevede che le disposizioni di cui agli articoli 10, 11 e 12 possano essere
sospese qualora lo scambio di informazioni non sia adeguatamente applicato;

          Articolo
VI: sostituisce il precedente Protocollo allegato alla Convenzione con un nuovo
Protocollo aggiuntivo;

          Articolo
VII: include le necessarie formule relative all’entrata in vigore del
Protocollo di modifica della Convenzione.

      In
considerazione di quanto sopra, pertanto, la presente relazione,
nell’illustrare la
Convenzione in argomento, tiene opportunamente conto dei
cambiamenti apportati al testo firmato nel 2002 dal successivo Protocollo di
modifica firmato nel 2012, al fine di consentire una sistematica lettura
d’insieme dei due documenti.
      La conclusione di una Convenzione con San
Marino per evitare le doppie imposizioni, e del relativo Protocollo di
modifica, costituisce un rilevante complemento all’insieme dei rapporti
finanziari e commerciali intrattenuti dall’Italia con detto Paese. Si ritiene
che tale strumento rappresenti un valido quadro giuridico-economico di
riferimento per gli operatori economici italiani, garantendo nel contempo
l’interesse generale dell’amministrazione finanziaria italiana.
      Relativamente agli aspetti tecnici, vi è da
premettere che la struttura della Convenzione ricalca gli schemi più recenti
accolti sul piano internazionale dall’OCSE, con particolare riferimento allo
scambio di informazioni fiscali e al superamento del segreto bancario.
      La sfera soggettiva di applicazione della
Convenzione è costituita dalle persone fisiche e giuridiche residenti in uno o
in entrambi gli Stati contraenti.
      In merito alla sfera oggettiva di
applicazione, essa si riferisce soltanto alle imposte sul reddito e non anche a
quelle sul patrimonio.
      Tra le imposte considerate figurano, per
l’Italia [articolo 2, paragrafo 3, lettera b)]:

          a) l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF),
di cui al titolo I del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

          b) l’imposta sul reddito delle persone giuridiche
(IRPEG), che ora deve intendersi sostituita dall’imposta sul reddito delle
società (IRES – di cui al titolo II del TUIR), secondo le modifiche introdotte
nel testo unico delle imposte sui redditi dal decreto legislativo 12 dicembre
2003, n. 344, considerato inoltre l’articolo 2, paragrafo 4, della Convenzione;

          c) l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP),
istituita con decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

      In ordine
al concetto di stabile organizzazione, le ipotesi esemplificate all’articolo 5,
paragrafo 2, si considerano a priori delle stabili organizzazioni, con
onere della prova contraria a carico del contribuente. In materia di redditi
immobiliari (articolo 6), in conformità al modello dell’OCSE, è prevista la
tassazione concorrente ripartita tra i due Stati contraenti, in quanto tali
redditi sono imponibili anche nello Stato in cui sono situati gli immobili. Per gli utili
di impresa (articolo 7), è accolto il principio generale secondo il quale gli
stessi sono imponibili esclusivamente nello Stato di residenza dell’impresa, ad
eccezione dei redditi prodotti per il tramite di una stabile organizzazione; in
quest’ultima ipotesi, lo Stato in cui è localizzata la stabile organizzazione
ha il potere di tassare gli utili realizzati nel suo territorio mediante tale
stabile organizzazione.
      Coerentemente al modello dell’OCSE, gli
utili derivanti dall’esercizio, in traffico internazionale, della navigazione
marittima e aerea (articolo 8) sono tassati esclusivamente nel Paese in cui è situata
la sede di direzione effettiva dell’impresa di navigazione.
      La medesima disposizione si applica agli
utili derivanti dalla partecipazione ad un fondo comune (pool), a un
esercizio in comune o ad un’agenzia di esercizio internazionale della navigazione.

      Anche relativamente alla disciplina
convenzionale delle imprese associate (articolo 9), è stato definito un testo
in linea con quanto indicato in sede di OCSE. In particolare, il paragrafo 2
dell’articolo 9 consente agli Stati contraenti di effettuare rettifiche in
aumento o in diminuzione dei redditi accertati dalle rispettive amministrazioni
fiscali e di procedere ai conseguenti aggiustamenti. Nel contempo, onde
garantire pienamente l’interesse generale dell’amministrazione fiscale italiana
e in accordo con la nostra legislazione interna (articolo 110, comma 7, del
TIUR) la disposizione finale stabilisce che possono porsi in essere le
eventuali rettifiche del reddito accertato soltanto in conformità alla
procedura amichevole di cui all’articolo 25 della Convenzione.
      Relativamente ai redditi di capitale, sono
state definite soddisfacenti condizioni per ciascuno dei trattamenti
convenzionali riservati a dividendi (articolo 10) e interessi (articolo 11).
Appare opportuno evidenziare che tali articoli della Convenzione, unitamente al
successivo articolo 12 (Canoni), sono stati aggiornati dal Protocollo di
modifica della Convenzione.
      Con particolare riferimento alla disciplina
dei dividendi (articolo 10), premesso il principio generale della loro
definitiva tassazione nello Stato di residenza del percipiente, sono state
definite aliquote differenziate di ritenuta dello Stato alla fonte,
rispettivamente dello 0 per cento dell’ammontare lordo dei dividendi, se
l’effettivo beneficiario è una società (diversa da una società di persone) che
ha detenuto almeno il 10 per cento del capitale della società che distribuisce
i dividendi per un periodo di almeno dodici mesi antecedente alla data della
delibera di distribuzione dei dividendi, nonché del 15 per cento in tutti gli
altri casi.
      Per quanto attiene agli interessi (articolo
11), premesso anche in questo caso il principio generale della loro definitiva
tassazione nello Stato di residenza del percipiente, sono state definite
aliquote differenziate di ritenuta dello Stato alla fonte, rispettivamente
dello 0 per cento dell’ammontare lordo degli interessi, se l’effettivo
beneficiario è una società (diversa da una società di persone) che ha detenuto
almeno il 25 per cento del capitale della società che paga gli interessi per un
periodo di almeno dodici mesi antecedente alla data di pagamento degli
interessi, nonché del 13 per cento in tutti gli altri casi. È stato, inoltre,
previsto che gli interessi di natura pubblica godano di un regime convenzionale
di esenzione.
      In materia di royalties (articolo 12
– Canoni), fermo restando il principio di tassazione definitiva nel Paese di
residenza del percipiente, sono state definite aliquote differenziate di
ritenuta dello Stato alla fonte, rispettivamente dello 0 per cento
dell’ammontare lordo dei canoni, se l’effettivo beneficiario è una società
(diversa da una società di persone) che ha detenuto almeno il 25 per cento del
capitale della società che paga i canoni per un periodo di almeno dodici mesi
antecedente alla data di pagamento dei canoni, nonché del 10 per cento in tutti
gli altri casi.
      Si rappresenta, peraltro, che nel
Protocollo di modifica della Convenzione (articolo V) è stata inserita una
clausola che stabilisce la sospensione dei benefìci sulle ritenute di cui ai citati
articoli 10, 11 e 12, qualora non sia adeguatamente applicato lo scambio di
informazioni previsto dall’articolo 26.
      Per quanto concerne il trattamento dei capital
gains
(articolo 13 – Utili da capitale) il criterio di tassazione adottato
è, in linea generale, quello raccomandato dall’OCSE, con la previsione della
tassabilità dei redditi in questione:

          nel
Paese in cui sono situati i beni cui, ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione,
è riconosciuta la qualificazione di «beni immobili», se trattasi di plusvalenze
relative a detti beni;

          nel
Paese in cui è situata la stabile organizzazione o la base fissa, se si tratta
di plusvalenze relative a beni mobili appartenenti alla stabile organizzazione
o alla base fissa;

          esclusivamente
nel Paese in cui è situata la sede di direzione effettiva dell’impresa di
navigazione, nel caso di plusvalenze relative a navi o aeromobili utilizzati in
traffico internazionale ovvero a beni mobili relativi alla gestione di tali
navi o aeromobili;

          esclusivamente
nel Paese di residenza del cedente, in tutti gli altri casi.

      Gli
articoli 14 e 15 riguardano, rispettivamente, il trattamento fiscale dei
redditi derivanti dall’esercizio di una professione indipendente e di
un’attività dipendente.
      L’articolo 14 (Professioni indipendenti)
prevede, quale principio generale, l’imposizione nel Paese di residenza; è
tuttavia prevista la possibilità di una tassazione concorrente a beneficio
dello Stato della fonte.
      Per la fattispecie dei redditi di lavoro
subordinato (articolo 15), è prevista la tassazione esclusiva nel Paese di
residenza del lavoratore, a meno che l’attività non sia svolta nell’altro
Stato, nel quale caso le remunerazioni sono imponibili in questo altro Stato.
Tuttavia, la tassazione avverrà esclusivamente nel Paese di residenza del
percipiente, qualora ricorrano i seguenti criteri concorrenti:

          a) permanenza nell’altro Stato per un periodo non
superiore ai 183 giorni nel corso dell’anno fiscale;

          b) pagamento delle remunerazioni da, o per conto di, un
datore di lavoro che non è residente nell’altro Stato;

          c)
l’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da
una base fissa che il datore di lavoro ha nell’altro Stato.

      L’articolo
16 prevede la tassabilità di compensi e gettoni di presenza nel Paese di
residenza della società che li corrisponde.
      L’articolo 17 stabilisce in via generale
l’imponibilità nel Paese di prestazione dell’attività dei redditi di artisti e
sportivi residenti nell’altro Stato contraente. Qualora il reddito per
l’attività resa da un artista o da uno sportivo sia attribuito ad altre
persone, tale reddito può essere tassato nello Stato contraente dove si sono
svolte le prestazioni.
      Le pensioni e le altre remunerazioni
analoghe pagate ad un residente di uno Stato contraente sono tassabili
esclusivamente nel Paese di residenza del beneficiario (articolo 18, paragrafo
1), a condizione che il beneficiario di tali redditi sia assoggettato a
imposizione nello Stato di cui è residente e conformemente alla legislazione di
detto Stato. In caso contrario, detti redditi sono imponibili nello Stato dal
quale provengono.
      Nell’ottica delle disposizioni pattizie
intese ad evitare comportamenti elusivi, è stato inoltre previsto (paragrafo 4)
uno speciale regime di tassazione convenzionale del trattamento di fine
rapporto (TFR), in base al quale gli importi ricevuti a titolo di TFR o
indennità similari da un residente di uno Stato contraente che sia divenuto
residente dell’altro Stato contraente restano in ogni caso tassabili soltanto
nel primo Stato. Ciò al fine di prevenire possibili comportamenti elusivi (da
parte di imprese italiane) collegati ad una duplice circostanza: da un canto,
le norme scaturenti dagli accordi stipulati dal nostro Paese – modellate sul
progetto dell’OCSE – generalmente
prevedono che le pensioni e le remunerazioni similari sono imponibili soltanto
nel Paese di residenza del percettore; d’altro canto, identico trattamento è
riservato ai redditi non espressamente menzionati nell’accordo internazionale.
Nella realtà potrebbe però riscontrarsi una pratica elusiva in base alla quale,
in un arco di tempo piuttosto vicino alla data di cessazione del rapporto di
lavoro (pensionamento), un lavoratore dipendente, residente italiano, viene
trasferito all’estero dall’impresa italiana e lo stesso, nel periodo
considerato, cessa di essere residente italiano ai fini fiscali per divenire
residente agli stessi fini di un Paese legato all’Italia da una convenzione
contro le doppie imposizioni. All’atto della corresponsione del TFR, in
applicazione delle disposizioni convenzionali, lo stesso TFR viene considerato
«remunerazione similare alla pensione», ovvero «reddito non espressamente
menzionato», sfuggendo di conseguenza alla tassazione in Italia e rimanendo
imponibile soltanto nell’altro Stato, senza che il sostituto d’imposta italiano
possa effettuare alcun prelievo alla fonte.
      Pertanto, al fine di evitare tali possibili
pratiche elusive, l’articolo 18, paragrafo 4, stabilisce che, in ogni caso, gli
importi ricevuti a titolo di TFR o indennità similari da un residente di uno
Stato contraente (ad esempio l’Italia) che sia divenuto residente dell’altro
Stato contraente (ad esempio San Marino) restano tassabili soltanto nel primo
Stato (l’Italia).
      Per quanto concerne i redditi derivanti
dallo svolgimento di funzioni pubbliche, le disposizioni dell’articolo 19
prevedono che le remunerazioni, diverse dalle pensioni, pagate da uno Stato
contraente in corrispettivo dei servizi resi a detto Stato, sono imponibili
soltanto nello Stato da cui provengono i redditi.
      Tuttavia, tali remunerazioni sono
imponibili solo nell’altro Stato qualora i servizi siano resi in detto Stato
dalla persona fisica ivi residente avente la nazionalità di detto Stato, oppure
che non sia divenuta residente dell’altro Stato esclusivamente allo scopo di
effettuare i servizi.
      Nello stesso senso, le pensioni corrisposte
da uno Stato contraente in corrispettivo dei servizi resi a detto Stato, sono
imponibili soltanto nello Stato da cui provengono i redditi, a meno che la persona
fisica sia un residente dell’altro Stato e ne abbia la nazionalità: in
quest’ultimo caso le pensioni saranno imponibili soltanto nell’altro Stato.
      L’articolo 20 (Professori, insegnanti e
ricercatori) esenta le relative remunerazioni nel Paese di prestazione di tale
attività per permanenze non superiori ai due anni.
      Ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, gli
studenti e gli apprendisti che soggiornano in uno Stato contraente al solo
scopo di compiervi gli studi o di attendere alla propria formazione di
carattere tecnico, professionale o aziendale, saranno esentati da imposizione –
per un periodo non superiore a cinque anni dall’inizio di tale istruzione o
apprendistato – per le somme che essi riceveranno dall’estero per sopperire
alle spese di mantenimento, di istruzione o di formazione professionale o a
titolo di borsa di studio per attendere alla propria istruzione.
      In tale ottica, ai sensi del paragrafo 2,
anche le remunerazioni pagate a uno studente o apprendista, per i servizi resi
nell’altro Stato contraente, sono esenti da imposta in detto altro Stato ma, in
questo caso, soltanto per un periodo di due anni.
      Gli altri redditi (articolo 22), diversi da
quelli trattati esplicitamente negli articoli della Convenzione, sono imponibili
esclusivamente nello Stato di residenza del percipiente con l’eccezione
prevista dal paragrafo 2, ai sensi del quale gli elementi di reddito ivi
contemplati sono imponibili nell’altro Stato contraente se connessi ad una
stabile organizzazione, o base fissa, situate in detto altro Stato.
      Quanto ai metodi per eliminare la doppia
imposizione (articolo 23), che può emergere in dipendenza del riconoscimento
convenzionale di un concorrente diritto di imposizione a favore dei due Stati
contraenti, in sintonia con il nostro ordinamento e con la scelta
adottata in tutte le convenzioni già negoziate, anche in questo trattato è
stato adottato, per l’Italia, il metodo del credito d’imposta ordinario.
L’ammontare del credito relativo all’imposta estera è limitato alla quota di
imposta italiana attribuibile agli elementi di reddito imponibili a San Marino
nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito
complessivo.
      Le norme relative alla non discriminazione
(articolo 24) sono formulate in maniera sostanzialmente analoga alle
corrispondenti disposizioni degli altri accordi della specie conclusi dal
nostro Paese.
      Allo scopo di dirimere le controversie di
tipo interpretativo o applicativo della Convenzione è stato previsto, in
conformità al modello dell’OCSE, il ricorso alla procedura amichevole (articolo
25). Allo scopo di contribuire alla soluzione definitiva delle divergenze per i
casi sorti in applicazione della procedura amichevole, è stata inoltre introdotta
una clausola arbitrale.
      Infine, uno degli aspetti tecnici di
maggior rilievo della Convenzione riguarda le disposizioni dell’articolo 26 in
tema di scambio di informazioni fiscali. Al riguardo, appare significativo
evidenziare che tale articolo, grazie agli aggiornamenti apportati con il
successivo Protocollo di modifica della Convenzione (firmato il 13 giugno
2012), è stato adeguato ai più recenti criteri dell’OCSE in materia, compreso
il superamento del segreto bancario. Lo scopo è quello di ottenere una più
ampia base giuridica che consenta alle amministrazioni fiscali dei due Paesi di
intensificare la cooperazione in tale ambito, con l’evidente finalità di
accrescere il contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale.
      Da tali obiettivi, infatti, possono
verosimilmente attendersi effetti positivi per l’erario, in conseguenza di una
più efficace attività di accertamento dell’amministrazione finanziaria, che
potrebbe condurre all’emersione di maggiore base imponibile, al contrasto di
fenomeni di evasione fiscale e ad un potenziale recupero di gettito per
l’erario italiano.
      Si rappresenta, infine, che nel precitato
Protocollo di modifica della Convenzione (articolo V) è stata inserita una
clausola che stabilisce la sospensione dei benefìci sulle ritenute di cui agli
articoli 10, 11 e 12 (dividendi, interessi e canoni), qualora non sia
adeguatamente applicato lo scambio di informazioni previsto dall’articolo 26.
      Il testo convenzionale contiene un articolo
sulla «limitazione dei benefìci» (articolo 29), che reca una disciplina
antiabuso e antievasiva di carattere generale. Attraverso la procedura prevista
al paragrafo 1, viene infatti attribuita ad uno Stato contraente la potestà di
disconoscere ad un proprio residente i benefìci, riduzioni o esenzioni
d’imposta previsti dalla Convenzione nel caso in cui lo stesso Stato possa
dimostrare che lo scopo principale, o uno degli scopi principali
dell’acquisizione di tale residenza, sia stato quello di beneficiare dei
vantaggi legati alla Convenzione, altrimenti non ottenibili. Al paragrafo 2 del
medesimo articolo, viene invece fatta salva l’applicabilità delle disposizioni
fiscali nazionali concernenti i casi di disconoscimento di spese e deduzioni
derivanti da operazioni intercorse tra imprese di uno Stato contraente e
imprese dell’altro Stato contraente.
      Si segnala infine che, all’articolo 30,
l’entrata in vigore della Convenzione è collegata alla data della ricezione
della seconda delle due notifiche con cui le Parti contraenti si saranno
comunicate ufficialmente l’avvenuto espletamento delle rispettive procedure
interne di ratifica all’uopo previste e le sue disposizioni si applicheranno:

          a)
con riferimento alle imposte prelevate mediante ritenuta alla fonte, alle somme
realizzate a partire dal 1o gennaio dell’anno solare successivo a
quello in cui la presente Convenzione è entrata in vigore; e

          b) con riferimento alle altre imposte sul reddito, alle
imposte relative ai periodi di imposta a partire dal 1o gennaio
dell’anno solare successivo a quello in cui la Convenzione è entrata
in vigore.

 


Pag. 7


 

      La Convenzione è stata
corredata di un Protocollo interpretativo e integrativo della stessa. Con il
successivo Protocollo di modifica della Convenzione, è stato inserito un nuovo
Protocollo aggiuntivo (articolo VI), del quale si evidenziano, di seguito, i
vari punti costitutivi:

          1)
contiene un impegno dei due Stati a valutare le fattispecie applicative
dell’articolo 4 della Convenzione (Residenza);

          2)
si precisa cosa si debba intendere per «spese sostenute per gli scopi
perseguiti dalla stabile organizzazione», ai fini della deduzione delle stesse
dal reddito della stabile organizzazione (articolo 7 «Utili delle imprese» –
paragrafo 3);

          3)
si indicano alcune tipologie di utili che devono considerarsi ricomprese tra
quelle derivanti dall’esercizio, in traffico internazionale, di navi o di
aeromobili (articolo 8 «Navigazione marittima ed aerea»);

          4)
i casi di disapplicazione delle aliquote agevolate in materia di dividendi,
interessi e canoni, previsti dai rispettivi articoli della Convenzione come
modificata dal Protocollo, e la conseguente imponibilità di tali cespiti ai
sensi della legislazione dello Stato contraente dal quale provengono tali
redditi, non possono essere interpretati come contrari ai princìpi contenuti
negli articoli 7 (Utili delle imprese) e 14 (Professioni indipendenti) della
Convenzione;

          5)
viene precisato che lo scambio di informazioni può avvenire anche sui redditi
da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi coperti dall’Accordo tra la Comunità europea e la Repubblica di San
Marino, firmato a Bruxelles il 7 dicembre 2004;

          6)
in relazione alle disposizioni dell’articolo 15 (Lavoro dipendente), viene
precisato che, per quanto concerne la tassazione dei lavoratori frontalieri
residenti in Italia, i due Stati contraenti convengono di applicare il sistema
di tassazione concorrente, con tassazione definitiva nello Stato di residenza.
L’Italia assoggetterà a tassazione il reddito lordo dei lavoratori frontalieri
residenti in Italia conseguito nella Repubblica di San Marino con le modalità
che saranno stabilite con legge ordinaria. La legge ordinaria potrà determinare
una quota del reddito lordo dei lavoratori frontalieri esente da imposta in
Italia;

          7)
viene precisato che, con riferimento ai paragrafi 1 e 2 dell’articolo 19
(Funzioni pubbliche), le remunerazioni pagate ad una persona fisica in
corrispettivo di servizi resi alla Banca d’Italia o alla Banca Centrale della
Repubblica di San Marino e all’Istituto nazionale per il commercio estero
(ICE), come pure ai corrispondenti enti sammarinesi, sono incluse nel campo di
applicazione delle disposizioni relative alle funzioni pubbliche;

          8)
si precisa che le disposizioni di cui al paragrafo 3 dell’articolo 28
(Rimborsi) non pregiudicano la potestà delle autorità competenti di stabilire,
di comune accordo, procedure diverse per l’applicazione delle limitazioni
previste dalla Convenzione. Le disposizioni della Convenzione non pregiudicano
il diritto degli Stati contraenti di applicare la propria legislazione fiscale
interna per prevenire l’evasione, l’elusione e le frodi fiscali.

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RELAZIONE
TECNICA

(Articolo
17 comma 3, della legge 31dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni)

1.
PREMESSA

In
relazione al riavvio della procedura di ratifica della Convenzione contro le
doppie imposizioni firmata a Roma il 21 marzo 2002 tra l’Italia e la Repubblica di San
Marino, così come modificata dal Protocollo firmato il 13 giugno 2012 a Roma,
parafato il 25 giugno 2009, si formulano le osservazioni di seguito riportate
in merito ai riflessi fiscali che, in termini di gettito, potrebbero generarsi
dall’introduzione delle disposizioni convenzionali.

A
tale riguardo sono state prese i n esame le disposizioni più significative in
particolare quelle concernenti gli utili delle imprese (art. 7). la navigazione
marittima ed aerea (art. 8), le imprese associate (art. 9), i dividendi (ad.
10), gli interessi (art. 11), canoni (art. 12), gli utili di capitale (art.
13), le professioni indipendenti (art. 14), il lavoro dipendente (art. 15).
compensi e gettoni di presenza (art. 16), artisti e sportivi (art. 17) e gli
altri redditi (art. 22).

Va
precisato che le considerazioni e le relative valutazioni che seguono sono
state compiute stilla base dei dati e delle informazioni disponibili per l’anno
2009 e ricavati dalle dichiarazioni annuali dei sostituti d’imposta mod.
770/2010.

 

2. Gli utili delle imprese (art.7)

Tale
disposizione ha lo scopo di definire il 
luogo e le modalità di tassazione del reddito d’impresa, atteso che,
come precisato anche dal commentario al modello OCSE, il termine utile deve
intendersi comprensivo di qualsiasi reddito derivante dall’esercizio
dell’attività d’impresa.

Peraltro,
tale norma assume un carattere residuale nell’ambito della Convenzione in
quanto, in base al comma 7 della medesima disposizione, se l’utile dell’impresa
comprende elementi di reddito considerati separatamente da altri articoli della
Convenzione, si dovranno applicare questi articoli.
La norma convenzionale sancisce il principio generale, codificato anche nel
nostro ordinamento. in forza dei quale gli utili di impresa sono imponibili
nello Stato di residenza dell’impresa stessa, tuttavia se questa svolge la sua
attività nell’altro Stato per mezzo di una stabile organizzazione, gli utili
attribuibili alla stabile organizzazione sono imponibili anche nell’altro
Stato.
Il  primo comma dell’art. 7 della
Convenzione stabilisce che, quando un’impresa di uno Stato contraente esercita
nell’altro Stato un’attività per mezzo di una stabile organizzazione, questo
altro Stato può tassare gli utili dell’impresa, ma soltanto per la parte
attribuibile alla stabile organizzazione
(cd. limitazione della forza
attrattiva della stabile organizzazione). Tale principio è stabilito anche nel
nostro ordinamento all’art. 23 Lett. e) del Tuir.
Si ritiene, pertanto, che la
disposizione non determini alcuna variazione di gettito.

Conseguentemente
i redditi prodotti in Italia da imprese sammarinesi, se non attribuibili alla
stabile organizzazione, potranno essere tassati in Italia soltanto in base alle
regole previste dagli altri articoli della Convenzione e. quindi, potrebbero
anche essere non imponibili in Italia a causa di specifiche esenzioni previste
dalla Convenzione.
L’introduzione del principio di imponibilità degli utili esclusivamente nello
Stato di residenza dell’impresa determina l’inapplicabilità della disciplina
risultante dal combinato disposto degli artt.23 del TUIR e 25 del DPR n. 600
del 1973. L’art. 23, ultimo comma, del TUIR stabilisce che, indipendentemente
dalle condizioni di cui alle lettere d) ed e) conma I della medesima
disposizione, si considerano prodotti nel territorio dello Stato, se
corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da
stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti … (comma
2 lett. d) i compensi conseguiti da imprese, società od enti non residenti per
prestazioni artistiche o professionali effettuate per loro conto nel  territorio dello Stato.
In sostanza, la citata disposizione introduce, tra l’altro, una presunzione
assoluta di tassazione in Italia dei redditi per prestazioni artistiche e
professionali svolte nel nostro Paese per conto di imprese,  società ed enti sammarinesi, se i
relativi compensi sono corrisposti da soggetti residenti in Italia (cosiddetto
principio del trattamento isolato dei singoli redditi prodotti nei territorio
dello Stato da imprese non residenti senza stabile organizzazione in Italia).
Più precisamente, in base a questa disposizione il presupposto di
territorialità del reddito viene svincolato dalla natura che il reddito può
assumere in relazione all’attività svolta dal percipiente, per essere invece
considerato secondo la sua natura reddituale intrinseca. Per questo motivo le
prestazioni artistiche e professionali di non residenti sono attratte a tassazione
in Italia, anche se qualificate dal soggetto non residente come redditi
d’impresa.
E la richiamata previsione dell’art. 25, comma secondo, DPR n. 600 del 1973,
risulta coerente con tale impostazione laddove prevede l’applicazione della ritenuta
a titolo d’imposta deI 30 per cento sui compensi per prestazioni artistiche e
professionali, anche quando sono effettuate ncll’eserci7io di imprese.
Sul punto, l’introduzione della disciplina convenzionale dell’art, 7 in
commento, in quanto più favorevole, precluderebbe la  possibilità  di continuare ad applicare la ritenuta
prevista dall’art. 25 comma 2 del DPR 600/73 in tutti i casi sopra descritti di
percezione dei compensi da parte di imprese sammarinesi prive di stabile
organizzazione in Italia.
Per poter stimare la perdita di gettito dipendente da tale disapplicazione si
è. quindi, proceduto alla rilevazione nella sezione Comunicazione dati
certificazioni lavoro autonomo. provvigioni e redditi diversi del modello 770
relativo all’anno 2009, di tutte le posizioni relative a soggetti riconducibili
a prestazioni artistiche o professionali.
Tutto ciò considerato, pur in mancanza di informazioni puntuali sulle
fattispecie discusse, dovendo procedere ad una quantificazione degli effetti si
considera prudenzialmente che si perderebbe la potestà impositiva su una quota
pari aI 20% degli importi imponibili delle prestazioni di lavoro autonomo, a cui
si riferiscono circa 280.000 euro di ritenute applicate (ovvero il
20% dcl complesso delle ritenute pari a 1,4 milioni di curo). A queste
somme vanno aggiunti circa 40.000 euro di ritenute su provvigioni
corrisposte ad agenti ed intermediari del commercio. li complesso delle ritenute
pari a
 320.000 dovrebbe,
quindi,
rappresentare la massima diminuzione di gettito ipotizzabile.
Infine, si evidenzia che i commi da 2 a 6, delI’art. 7 individuano
corretti criteri per la determinazione dei reddito imputabile alla stabile organizzazione
di un soggetto residente a San Marino.
Incidenza sul gettito: perdita  di circa 320.000.

 

3.
La navigazione marittima ed aerea  (art.8)
La disposizione affronta la complessa
problematica della tassazione dei redditi delle imprese armatoriali.
In Italia le società di shipping — tralasciamo il caso degli armatori persone
tisiche di scarso rilievo stante la rarità della fattispecie — sono soggette all’Ires
 secondo l’attuale legislazione (art. 73
Tuir).
La norma, come è noto, dispone che si considerano residenti in Italia le
società o gli enti che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno nel
territorio dello Stato la sede legale, la sede dell’amministrazione oppure
l’oggetto principale dell’ attività.
Sul punto si evidenzia un conflitto con la disposizione dell’art. 8 della
Convenzione in cui prevale il principio dell’effettività della sede
dell’azienda su quello, sussidiario, della sede legale.
Solo nel caso marginale in cui la sede effettiva sia situata a bordo della
nave, i redditi si considerano conseguiti, e sono quindi imponibili nella
nazione nei cui registri la stessa risulti immatricolata.

La
norma in commento, pur comportando un inevitabile restringimento del principio
interno di territorialità, potrebbe non necessariamente determinare anche una
diminuzione del gettito risultando applicabile anche alle imprese di
navigazione aerea e marittima il principio di tassazione del reddito d’impresa
derivante da attività esercitate in Italia mediante una stabile organizzazione.

Incidenza sul gettito:  Non rilevante stante l’esiguità delle
fattispecie applicabili

***

4. Le imprese associate (art. 9)

Lo
schema dell’art. 9 ricalca quello del modello OCSE e, trattando delle imprese
associate (società madri e figlie), detta dei criteri di carattere generale in terna
di determinazione dei prezzi di trasferimento inter-company.

Sul
punto la disciplina interna anche interpretata dalla prassi di fonte
ministeriale può ritenersi sostanzialmente coerente con le indicazioni
emergenti dalla Convenzione contro le doppie imposizioni. e pertanto. a seguito
della introduzione della suddetta disposizione, non dovrebbero generarsi
significative contrazioni della base imponibile ai tini delle imposte dirette.

Incidenza sul gettito:  Non rilevante

 

5. I dividendi_( Art.10)

In
tema di tassazione dei dividendi pagati da società italiane a soggetti fiscalmente
residenti in San Marino, l’art. 10, introducendo talune specifiche limitazioni
all’applicazione della ritenuta, in concreto potrebbe ridurre il prelievo
fiscale nel nostro Paese in tutti i casi in cui a disciplina convenzionale si
dimostrasse più favorevole di quella interna.

Dall’esame
dei dati delle dichiarazioni dci sostituti di imposta rilevati sul mod.
770/2010, ultimi disponibili, emerge che nel 2009 su un totale di 4,2 milioni
di euro di dividendi distribuiti a soggetti residenti in San Marino:


707000 euro di dividendi non sono assoggettati ad alcuna ritenuta in uscita
dall’Italia;


310.000 euro di dividendi scontano una ritenuta od imposta sostitutiva del
12,5% per totali 39.000 euro, trattandosi presumibilmente di proventi relativi
ad azioni di risparmio;


3,15 milioni di curo di dividendi sono assoggettati all’aliquota ‘ordinaria”
del 27 per cento per ritenute pari a 0,85 milioni di euro.

C’è
da rilevare che le aliquote appena esposte risultano quelle vigenti per l’anno
di imposta 2009, mentre il recente DL 138/2011 ha modificato la tassazione dei
dividendi percepiti da soggetti non residenti. La normativa italiana, fino al
31 dicembre 2011, stabiliva, per il soggetto percipiente senza stabile
organizzazione in Italia, che il dividendo fosse assoggettato (art. 27. co. 3,
DPR 600/73) a ritenuta a titolo di imposta del 27% (12.S% in caso di azioni di
risparmio). Inoltre, se fra Italia e Stato estero, in cui risiedeva il
percipiente del dividendo, fosse stata in vigore una Convenzione contro e
doppie imposizioni si applicava la disciplina convenzionale, se più favorevole.

Il
percipiente non residente (diverso dall’azionista di risparmio) avrebbe avuto
diritto al rimborso, fino ai 4/9 della ritenuta, dell’imposta che dimostrava di
aver pagato all’estero in via definitiva sugli stessi utili.

La
nuova tassazione, stabilita dal DL 138/2011 prevede nuove aliquote a partire
dal 1 gennaio 2012: la ritenuta alla fonte del 27% è ridotta al 20%, mentre quella
sulle azioni di risparmio del 12,5% è elevata al 20%.

Conseguentemente
la quota di rimborso per il percipiente non residente passa dai 4/9 a 1/4.
Rimane salva l’applicazione della ritenuta in misura ridotta in caso di
aliquota più favorevole per l’esistenza di una Convenzione contro le doppie
imposizioni nei confronti dello Stato del percipiente.

Pertanto,
nel caso dello Stato della Repubblica di San Marino, non esistendo attualmente
in vigore alcuna Convenzione contro le doppie imposizioni, si tratta di stimare
i flussi di dividendi attualmente esistenti e le corrispondenti ritenute alla
luce delle aliquote applicate dal gennaio 2012 nei confronti delle quali
andranno a incidere le aliquote che verranno introdotte con la Convenzione in oggetto
(Allegato 8 – 25 giugno 2009 del Protocollo di modifica della Convenzione
firmata a Roma il 21 marzo 2002).

Pertanto
a legislazione vigente i flussi dei dividendi vengono così stimati:


707.000 euro di dividendi non sono assoggettati ad alcuna ritenuta in uscita
dall’Italia;


3.47 milioni di curo di dividendi (0,31 + 3,16) scontano una aliquota deI 20%
per circa 700.000 euro di ritenute;

Rispetto
alla appena evidenziata situazione, l’introduzione dell’art. 10 determina
l’applicazione delle ritenute: a) dello 0% sui dividendi pagati a soci-società
sammarinesi che detengono almeno il 10% per cento del capitale della società
italiana che distribuisce i dividendi per un periodo di almeno 12 mesi
antecedente alla data della delibera di distribuzione dei dividendi; b) del 15
per cento dell’ammontare lordo dei dividendi, in tutti gli altri casi.

Ciò
potrebbe, quindi determinare una diminuzione di gettito, che si stima da un
minimo di euro 180.000 ad un massimo di euro 600.000.

La
diminuzione di gettito minima pari a 0,18 milioni di euro (0,7 milioni meno il
15% di 3,47 milioni) deriva dall’applicazione dell’aliquota convenzionale del
15 per cento ai dividendi attualmente sottoposti alla ritenuta del 20 per
cento. In sostanza, si assume che tutti i dividendi distribuiti a società
sammarinesi siano assoggettati all’aliquota convenzionale del 15%.

La
diminuzione massima di gettito, pari a 600.000 euro è calcolata considerando
che i dividendi in uscita dall’Italia potrebbero beneficiare dell’aliquota convenzionale
pari a zero, che si applicherebbe sul totale dei dividendi il cui beneficiano
sia una società con partecipazione qualificata. La stima è effettuata quindi su
un importo di dividendi pari a complessivi 3.47 milioni di euro, a meno (li una
quota del 20% rappresentante i casi connessi alla percezione dei dividendi da
parte di soggetti “non qualificati”, ovvero da parte di persone fisiche cui si
applicherebbe la ritenuta del 15%) (Nota: La
percentuale relativa alle partecipazioni qualificate, stimata nell’ordine
de1180% del totale dei dividendi distribuiti, è stata ottenuta dall’analisi
puntuale degli importi dei dividendi evidenziati nel quadro SK del modello
770/2010, assumendo conio qualificari gli importi distribuiti più elevati.
).
Applicando la lett. b) dell’art. 10 della Convenzione, così come previsto
da!I’art. 1, secondo paragrafo del Protocollo di modifica, si renderebbero
dovute ritenute per circa 100.000 euro (3,47 X 20% X 15%), determinandosi così
una diminuzione di gettito pari a 600.000 euro (0.7 milioni -0,1 milioni).

Si
potrebbero altresì considerare gli effetti sull’erario determinati dalle
eventuali richieste di rimborso effettuate dai contribuenti percettori di
dividendi, diversi dagli azionisti di risparmio, fino a concorrenza di un quarto
dell’imposta che dimostrino di aver pagato all’estero in via definitiva sugli
stessi utili, mediante certificazione del competente ufficio fiscale dello
Stato estero. In via prudenziale, essendo tali rimborsi di entità inferiore ai
corrispondenti rimborsi richiesti con la normativa precedente (1/4 in luogo dei
4/9), tali effetti non vengono considerati.

Una
breve annotazione riguarda i dividendi non assoggettati a ritenuta, pari a
complessivi 707.000 euro. Presumibilmente dovrebbe trattarsi di dividendi
pagati in relazione a partecipazioni relative a stabili organizzazioni nel
territorio dello Stato di soggetti sammarinesi. In questo caso, per effetto
degli artt. 151, 152, 153 Tuir e dell’mi. 27, del D.P.R. n. 600/73, il
dividendo concorre a formare il reddito d’impresa imponibile della stabile
organizzazione e conseguentemente è soggetto al medesimo regime fiscale della
inapplicabilità delle ritenute, previsto per i dividendi corrisposti a imprese
residenti. La Convenzione
non introduce modifiche al regime sopra descritto e conseguentemente non determina
nella fattispecie alcuna variazione di gettito.

La
disposizione del quarto comma dell’art. 10 – in tema di dividendi corrisposti
su partecipazioni che si ricollegano effettivamente a stabili organizzazioni in
Italia di soggetti sammarinesi – rinvia alla disciplina interna e, dunque, non
necessita di specifici chiarimenti atteso che già in base alla disciplina
vigente non sono soggetti a ritenuta i dividendi pagati su partecipazioni
relative a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato.

Per
quanto concerne invece i dividendi percepiti da soggetti residenti in Italia in
relazione a partecipazioni detenute in società anonime sammarinesi, in base al vigente
art. 39 della Legge 13 ottobre 1984, n. 91 della Repubblica di San Marino, non
dovrebbero applicarsi le ritenute nello Stato della fonte. E’ altresì previsto
che l’imposta generale sul reddito fiscale d’esercizio pagata dalle predette
società è liberatoria anche per i soggetti che percepiscono gli utili
distribuiti. Sulla base di tali previsioni normative deve assumersi che per i
dividendi distribuiti da società anonime sammarinesi non vi sia tassazione in
capo al socio non residente e quindi nessun credito d’imposta recuperabile
nella dichiarazione annuale dei redditi.

In
definitiva, la diminuzione di gettito, assumendo prudenzialmente che si
verifichi l’ipotesi di massima perdita di gettito prima illustrata, si stima in
circa 600.000 euro.

Incidenza sul gettito perdita di circa
600,000

 

6 Gli interessi (art.11)

In
tema di interessi, dall’esame dei dati disponibili per il 2009 emerge che in
base alla disciplina interna vigente nel 2009, la quasi totalità degli
interessi corrisposti a soggetti residenti a San Marino, o non stata soggetta
ad alcuna ritenuta o ha scontato una ritenuta inferiore a quella massima
convenzionalc deI 13 per cento.

Infatti
si tratta di interessi che bcl1eficiano di un trattamento extra-territoriale.

In
particolare, dai dati forniti emerge che gli interessi su depositi e conti correnti
postaili e bancari non hanno subito alcuna ritenuta. Per completezza si segnala
che la voce più significativa della categoria di redditi in esame (pari nel
2009 ad oltre 10,5 milioni di curo), come già rilevato in base alla disciplina
interna, già soggiace al principio di extraterritorialità dettato daIl’art. 23,
primo comma, lett. b) Tuir.

Pertanto,
tali redditi sono esclusi da imposizione in Italia, se il beneficiano à
residente all’estero.

Agli
interessi vanno equiparati ai tini fiscali anche i certificati di deposito e i
buoni fruttiferi emessi dal 1 luglio 1998 che neI 2009 sono stati pari a 2,5
milioni di euro.

La
proposta di modifica della Convenzione firmata nel marzo 2002, di cui aIl’art.
2 secondo paragrafo del Protocollo di modifica dei giugno 2009 della
Convenzione, prevede che, qualora il beneficiano dcgli interessi sia una
società che detiene almeno il 25% deI capitale della società che corrisponde
gli interessi per un periodo di almeno un anno, non venga applicata alcuna
ritenuta; il 13% in tutti gli altri casi.

Dai
dati disponibili risulta che, oltre gli interessi già evidenziati,

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