L’Espresso. Gianfrancesco Turano: Conte Enrico Maria Pasquini, brutti affari. In primis per San Marino

L’Espresso. Gianfrancesco Turano: Conte Enrico Maria Pasquini, brutti affari. In primis per San Marino

Che brutti affari

Signor Conte

Dall’indagine per le tangenti romane alle frodi a San Marino: tutti gli affari del nobile Pasquini imparentato con gli Agnelli 

Gianfrancesco Turano

Condannato in primo grado a quattro anni di carcere per reati finanziari,
Enrico Maria Pasquini è l’uomo chiave dei movimenti di denaro sul monte Titano.
Perché attraverso la sua società Smi sono transitati le mazzette dei manager
Atac e gli investimenti esteri scudati della ‘banda del 5 per cento’ di Mps

Quattro anni di carcere per reati finanziari da queste parti non si sono mai visti. Il record della Repubblica di San Marino spetta al conte Enrico Maria Pasquini, classe 1948, condannato in primo grado martedì 8 aprile per i guai della sua Smi (San Marino investimenti), crocevia di tangenti, scudi fiscali fuori tempo massimo, doppie intestazioni fiduciarie, intrecci societari fra Vanuatu e Madeira e movimenti di liquidi con i principali istituti di credito italiani che i giudici stimano nell’ordine di un miliardo di euro all’anno.
Dalla Smi, la più antica finanziaria sanmarinese, sono transitate le mazzette dei manager Atac Gioacchino Gabbuti e Antonio Cassano, gli investimenti esteri scudati della banda del “5 per cento” del Monte dei Paschi di Siena, le dazioni ambientali della Mantovani, impresa regina del Mose e dell’Expo 2015, e infine i proventi dell’evasione di centinaia di imprenditori o professionisti per lo più marchigiani, abruzzesi, emiliani e romagnoli, quelli che in meno di due ore di macchina potevano andare a coccolare di persona i loro sudati e poco tassati risparmi.
«In effetti è una condanna pesantissima, fuori dalle abitudini locali», dice Maria Selva, legale di Pasquini e presidente dell’ordine degli avvocati di San Marino, «e voglio sperare che non sia un segnale politico». Sperare è umano ma nei 64 chilometri quadrati della Repubblica, dove qualche anno fa si concentravano dodici banche e settanta finanziarie, non tira più aria salubre per i furbetti del 730. E presto si vedrà se Pasquini, dopo decenni di attività indisturbata, diventerà il capro espiatorio del nuovo corso.
Per l’appello al verdetto dell’8 aprile se ne parlerà dopo l’estate. Ma altri due processi potrebbero mettere in difficoltà il conte. Il primo, sempre al tribunale di San Marino, è per riciclaggio ed è tenuto sotto stretto segreto istruttorio. Il secondo è a Roma, se ne occupa il pm Perla Lori ed è incentrato su Amphora, la fiduciaria italiana impiegata da Pasquini per le sponde con la Repubblica del Titano dove il nobile romano, per completare la sua offerta di servizi alla clientela, si era intestato anche la San Marino International Bank (Smib), nata sulle ceneri della Banca del Titano, fallita dopo essere stata per anni il punto di riferimento dell’evasione fiscale italiana. E qui, ancora un processo: quello contro i vertici della Tercas, la Cassa di Teramo, che si sarebbero serviti della struttura di Pasquini per acquisire la Smib senza comunicarlo a Bankitalia, contraria all’operazione.
Per i suoi clienti e partner d’affari, il conte è stato l’equivalente di Chicchi Pacini Battaglia, il banchiere della ginevrina Karfinco al centro della seconda Tangentopoli (1996). Ma nel confronto fra Pacini e Pasquini è molto più complessa la personalità del conte che ha unito alla finanza l’attività imprenditoriale e la diplomazia. La sua famiglia controlla la Ferrotramviaria, l’azienda che gestisce le ferrovie private nel comprensorio di Bari. Non molto tempo fa, a luglio dell’anno scorso, Pasquini era in prima fila per l’inaugurazione del passante lungo otto chilometri che collega l’aeroporto Karol Wojtyła di Palese con il centro del capoluogo della Puglia. Accanto al conte, tutto il Gotha della politica, locale e non solo: il governatore e capo di Sel Nichi Vendola, il sindaco di Bari Michele Emiliano, ex magistrato e candidato in pectore del Pd per le prossime regionali, il primo cittadino di Barletta Pasquale Cascella, ex consigliere per la comunicazione del Quirinale.
Romano di nascita, Pasquini è molto radicato in Puglia. Nel 2007 ha tentato di organizzare un istituto di credito cooperativo a Giovinazzo, Banca Aurora: 600 soci rimandati a casa dal parere negativo di via Nazionale. L’atout più importante però viene da Torino. Il conte si è sposato quasi quarant’anni fa con Clara Nasi, figlia del barone Emanuele, cugino di Gianni Agnelli, e di Marisa Coop Diatto. Emanuele Maria Pasquini, unico figlio di Enrico Maria e di Clara Nasi, figura nel centinaio di azionisti dell’accomandita della famiglia torinese, sebbene con una quota infinitesimale (0,02 per cento).
Per quanto lontana e acquisita, la parentela con i padroni della Fiat è servita da garanzia alle attività della Smi e del suo corrispettivo italiano, il gruppo Amphora-Iti-Iti leasing. Non che Pasquini fosse un nobile spiantato. Contrariamente a decine di finanzieri con bottega a San Marino che, insieme alla licenza di esercizio, si vedevano recapitare un passaporto diplomatico da console o ambasciatore del Titano, Enrico Pasquini ha ereditato la sua nomina ad ambasciatore dal padre Oscar, plenipotenziario di San Marino presso lo Smom (Sovrano ordine militare di Malta) e cavaliere di Malta lui stesso.
E dal momento che il nonno materno di Pasquini, don Juan Teixidor y Pons, è stato ambasciatore della Spagna franchista in Turchia e Olanda, è nell’ordine delle cose che Enrico Maria sia diventato a sua volta ambasciatore sanmarinese a Madrid e in via dei Condotti a Roma, dove risiede il potente Ordine-Stato dei cavalieri melitensi.
La copertura diplomatica di San Marino si è interrotta nel febbraio del 2010 con la sospensione del passaporto richiesta dallo stesso Pasquini poco dopo l’arrivo della rogatoria della Procura di Roma sul caso Amphora. Oltre all’aspetto giudiziario, forse anche qui la politica potrebbe avere giocato un ruolo. Pasquini, residente sul Titano ma cittadino italiano, ha rinunciato all’immunità diplomatica sei mesi dopo che l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha inserito San Marino nella lista dei Paesi canaglia in cambio dell’ennesimo scudo fiscale consegnato agli evasori. Ma la rinuncia al passaporto da parte di Pasquini non ha voluto dire stop al business.
Il sistema Smi-Smib ha continuato a funzionare grazie a un’ulteriore parentela, ancora una volta all’insegna dell’artistocrazia. La sorella di Enrico Pasquini, Gloria Maria, ha sposato il nobile napoletano Andrea Pavoncelli. Fra cognati, l’intesa finanziaria ha funzionato alla perfezione grazie alla United investment bank (Uib), aperta da Pavoncelli a Vanuatu, nel lontano Pacifico meridionale, per fornire una nuova e schermatissima sponda al ping-pong di bonifici fra Italia e San Marino.
I pm che indagano per la truffa al Monte Paschi hanno rilevato un passaggio, che risale alla fine del 2009, di 1,4 milioni di euro partiti da un conto Uib di Vanuatu a nome del manager Mps Alessandro Toccafondi, scudati attraverso la Smi di San Marino e la sua controllata italiana, la fiduciaria romana Amphora. Toccafondi è stato il vice di Gianluca Baldassarri, capo dell’area finanza del Monte Paschi arrestato dalla magistratura senese, e ha scudato complessivamente 14 milioni. Toccafondi ha sempre difeso le sue operazioni con le società di Pasquini dicendo che si trattava di consulenze da suoi clienti personali e non, come pensa l’accusa, di tangenti ottenute con operazioni che andavano a danno del Monte.
Il problema di Toccafondi, e della cosiddetta banda del 5 per cento, è che Pavoncelli sta collaborando con la giustizia. Ancora non si sa che cosa abbia raccontato e se le sue rivelazioni includano il conte Pasquini. Di sicuro, la Uib è stata fra gli azionisti della Iti leasing di Pasquini insieme alle società maltesi Vittoriosa e Verdala Holdings e alle fiduciarie di Madeira Intersmi e Ilha das pontas

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