L’Informazione di San Marino, David Oddone: ‘Torna Vulcano’

L’Informazione di San Marino, David Oddone: ‘Torna Vulcano’

L’Informazione di San Marino

Il sodalizio indagato era operativo in Emilia Romagna e nella Repubblica di
San Marino sin dal secondo semestre del 2006

Imprenditori indotti al
suicidio e metodi mafiosi torna “
Vulcano”,
il terremoto tocca anche il Titano

Altri diciotto ordini di custodia
cautelare del Gip di Bologna per una nuova branca dell’indagine nella quale
finiscono di nuovo Vallefuoco e il sammarinese
Roberto
Zavoli

David Oddone

“Vulcano” torna ad eruttare. Nella
giornata di ieri i Carabinieri
del R.O.S. hanno dato esecuzione
ad un’ordinanza di custodia
cautelare in carcere, emessa dal
G.I.P. del Tribunale di Bologna,
su richiesta della locale Procura
Distrettuale Antimafia, nei confronti
di 18 indagati, a vario titolo,
per associazione di tipo mafioso, estorsione, usura e tentato
sequestro di persona a scopo di
estorsione, aggravati dal metodo
mafioso. Gli interventi
hanno interessato le province di
Rimini, Prato, Napoli e Caserta.
I provvedimenti scaturiscono
da un’attività investigativa sviluppata
in direzione di un’organizzazione
criminale di matrice
camorristica capeggiata dal pregiudicato
napoletano Francesco
Vallefuoco, operante in Emilia
Romagna e dedita a diffuse attività
estorsive e usurarie ai danni
di numerosi imprenditori locali,
i cui proventi illeciti venivano
reinvestiti in attività immobiliari
e commerciali in Emilia Romagna
e nella Repubblica di San
Marino, dove Vallefuoco, in una
intercettazione, si vanta di avere
ben 9 appartamenti sul Titano.

Le precedenti indagini
Le indagini, che si ricorda sono
in corso dal 2008, si erano già
concretizzate in due precedenti
operazioni, con l’esecuzione, nel
febbraio del 2011, di un provvedimento
di Fermo emesso dalla
Procura Distrettuale Antimafia
bolognese nei confronti di 10
persone e, nel marzo scorso, di
un’ordinanza di custodia cautelare
in carcere nei confronti di altri
3 soggetti. In entrambe i provvedimenti
restrittivi agli indagati
veniva contestato il reato di
estorsione aggravata dal metodo
mafioso.

La nuova indagine
L’odierno filone investigativo
trae origine da un tentativo di
sequestro di persona perpetrato,
nel febbraio 2009, ai danni
di un ristoratore di Rolo (RE),
da tre pregiudicati napoletani, il
cui mandante è risultato il citato
Francesco Vallefuoco. Il delitto
non è stato tuttavia portato a
termine per il provvidenziale intervento
del fratello della persona
offesa e di alcuni dipendenti del
medesimo ristorante, che hanno
costretto i tre a darsi alla fuga. Le
successive indagini hanno messo
in luce le pratiche estorsive ed
usurarie consumate dall’organizzazione
attraverso la “copertura
legale” offerta da alcune agenzie
di recupero crediti, tra cui la
“Ises s.r.l.” e “Ises Italia s.r.l.”,
avviate nell’anno 2008 all’apposito
scopo di dissimulare le attività
illecite dietro lo schermo
legale delle agenzie stesse. Richieste
estorsive che, ad un certo
punto, a fine marzo 2009, hanno
colpito anche Livio Bacciocchi
e la moglie, coinvolto secondo
gli inquirenti nelle operazioni
di riciclaggio, ma che in quella
circostanza per evitare ritorsioni
erano stati costretti a consegnare
100mila euro.

Il “tariffario” degli usurai
Il gettito dei proventi illegali veniva
costantemente alimentato
mediante collaudati meccanismi,
che prevedevano da un lato il
recupero con ogni mezzo delle
somme di denaro dovute dai
numerosi debitori (accresciute
in modo ingiustificato rispetto
al debito originario), dall’altro
l’esborso di consistenti compensi
da parte dei creditori committenti
(oscillanti tra il 25% e il 50%
dell’ammontare complessivo del
debito recuperato), pretesi al buon
esito del recupero, considerando
tale anche la semplice emissione
di cambiali o assegni postdatati
(di mesi o anche di anni) a favore
del creditore. In non pochi
casi, poi, lo stesso committentecreditore
si è ritrovato costretto a
soggiacere alle richieste estorsive
dei sodali, che pretendevano il
pagamento della loro ‘’parcella’’
senza che il committente del recupero
avesse di fatto ottenuto la
restituzione del proprio credito.
“esattori” poco ortodossi
Gli indagati-esattori hanno posto
in essere nel tempo pressanti
azioni intimidatorie, talora violente,
nei confronti delle vittime,
parte delle quali ha fornito la
propria testimonianza, confermando
gli elementi investigativi
progressivamente acquisiti.

Sodalizio sul titano dal 2006
Il racconto di alcune vittime ha
inoltre consentito di attestare
come il sodalizio indagato fosse
operativo in Emilia Romagna e
nella Repubblica di San Marino
sin dal secondo semestre del
2006. Per accrescere la propria
influenza ed indurre le vittime
a soggiacere in silenzio alle loro
prepotenze, gli associati non
esitavano ad accreditarsi quali
appartenenti a clan camorristici
campani, in particolare al “clan
dei casalesi”, sfruttando la relativa
forza d’intimidazione.
tentativi di suicidio
Alcune vittime dei soprusi, per
sottrarsi alle continue vessazioni
loro imposte, sono giunte a
meditare il suicidio, in un caso
tentando concretamente di attuare
tale proposito. Altre vittime,
vedendosi oramai sull’orlo del
fallimento, hanno abbandonato
le loro attività o, in altri casi, si
sono rese irreperibili. Sottoponendo
le persone offese a continue
minacce, intimidazioni e soprusi,
talora anche nei confronti
dei congiunti, il sodalizio è riuscito
ad imporre il pagamento di
ingenti somme di denaro, ovvero
a costringere le vittime stesse ad
intestarsi fittiziamente beni immobili
ed attività commerciali,
queste ultime poi impiegate per
la consumazione di truffe. Ad
esempio, una florida azienda di
Calenzano, fatta intestare ad un
prestanome, peraltro gravemente
malato e successivamente deceduto,
e stata condotta al fallimento
dopo averla ampiamente sfruttata
per perpetrare truffe ai danni
di banche e di altri imprenditori.
i professionisti coinvolti
L’attività investigativa ha consentito
di documentare il coinvolgimento
di professionisti
iscritti ai rispettivi albi (commercialisti,
notai, avvocati, broker
finanziari) che, oltre a fornire
alla consorteria indagata importanti
informazioni e consulenze
sui vari circuiti di investimento,
il sodalizio indagato era operativo in emilia romagna e nella repubblica di san marino sin dal secondo semestre del 2006
garantivano una copertura sicura
per operazioni di riciclaggio e/o
reimpiego dei proventi illeciti in
attività commerciali, immobiliari
e finanziarie intestate fittiziamente
a prestanome. E’ stata
accertata anche la disponibilità
da parte del gruppo indagato di
armi da fuoco, alcune delle quali
regolarmente denunciate a nome
di sodali e fiancheggiatori esenti
da precedenti penali, altre invece
di provenienza illecita. Nel
corso delle indagini sono state
ricostruite anche le dinamiche
conflittuali del sodalizio capeggiato
dal Vallefuoco con il clan
“Mariniello” di Acerra (Na)
generate, in particolare, da contrasti
inerenti alcune operazioni
immobiliari.

Tentativo di assassinare Vallefuoco
In tale ambito, è stato documentato
un progetto di omicidio ai
danni di Francesco Vallefuoco
da parte di affiliati al citato clan
acerrano, non portato a compimento
per l’intervento di autorevoli
esponenti del clan Sacco
di S. Pietro a Patierno. La risoluzione
dei contrasti tra le due
fazioni veniva successivamente
assicurata dal clan “D’Avino” di
Somma Vesuviana, in cambio
del versamento di una quota del
5-10% degli introiti delle attività
gestite dal Vallefuoco. Nel
corso dell’indagine sono stati
documentati significativi collegamenti
tra il gruppo criminale
indagato ed altri sodalizi, tra i
quali i clan “Stolder” di Napoli,
“Sacco-Bocchetti-Cesarano”, di
San Pietro a Patierno, gli “Schiavone”.
Accertati anche i contatti
del Vallefuoco con la famiglia
mafiosa palermitana dei “Fidanzati”.
Fra gli indagati, come si
vede, spiccano vecchie “conoscenze”
di San Marino.

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