L’informazione di San Marino: Tangentopoli, i professionisti “mediatori” delle mazzette

L’informazione di San Marino: Tangentopoli, i professionisti “mediatori” delle mazzette

L’informazione di San Marino

Dall’interrogatorio di Stolfi emerge in che modo alcuni avvocati e commercialisti facessero da anello di congiunzione

Tangentopoli, i professionisti “mediatori” delle mazzette

“Posso ritenere che non venissero rilasciate le autorizzazioni a favore di soggetti che non davano il contributo” 

SAN MARINO. Il sistema di corruzione evidenziato dall’inchiesta sulla tangentopoli sammarinese-conto Mazzini vede un ruolo di intermediazione dei professionisti. Su questo pare si sia riflettuto poco anche internamente agli ordini di riferimento. Eppure, a leggere i passaggi degli interrogatori dei protagonisti della vicenda, probabilmente una riflessione approfondita andrebbe fatta, anche perché erano proprio alcuni tra i professionisti a farsi mediatori di quelle che l’accusa indica come le dazioni illecite e che Stolfi chiama “contributi”.
I professionisti veicolavano i “contributi” Ad affermare che il ruolo di commercialisti e avvocati era determinante, è l’ex segretario di Stato – al turismo, industria, interni prima, finanze ed esteri in tempi più recenti – Fiorenzo Stolfi. Negli interrogatori del 30 e 31 ottobre dello scorso anno, i cui verbali sono contenuti nelle circa 70mila pagine degli atti del processo che si aprirà il 19 ottobre, sono contenute affermazioni che fanno riflettere.

La ricostruzione che Stolfi
fa, lodando in un certo senso
anche la semplificazione da lui
fatta nella concessione di licenze,
è eloquente per gli inquirenti
che hanno disposto il rinvio
a giudizio. Questo seppure non
usi mai la parola “tangenti” o
“corruzione”, preferendo optare
per il vocabolo più soft di “contributi”
che andavano al singolo
politico o ai partiti.
“Il rilascio delle licenze – ha
detto ai magistrati – divenne
più agevole e il numero di
nuove attività autorizzate in
ciascun anno raggiunse cifre
importanti, fino a 350. Questo
ha contribuito ad elevare il benessere
complessivo. Il nuovo regime ha soddisfatto i commercialisti
e gli avvocati che,
in ragione dell’agevolazione
ricevuta, intendevano fornire
contributi a favore del partito
o a favore della mia attività
politica. Considerando che in
quegli anni c’era una ricchezza
diffusa e il numero di imprenditori
interessati a svolgere attività
in San Marino era via via
cresciuta, le cifre che venivano
offerte divennero consistenti,
c’era un gran movimento di denaro
che, credo, i professionisti
poi riversavano sugli imprenditori”.
Durante l’interrogatorio
Stolfi precisa inoltre: “Ricevevo
anche contributi a livello individuale
anche a prescindere
dalle singole pratiche di Segreteria
da parte di imprenditori
che intendevano appoggiare la
mia parte politica”.
L’ex Segretario di Stato dice
che non solo lui e il suo partito
facevano così. “Penso sia ovvio
che in un Governo di coalizione
anche l’altra componente
facesse ugualmente”.

Ancora più esplicito
Se nelle parole dell’interrogatorio
del 30 ottobre potevano
essere non chiari alcuni passaggi
nell’audizione del giorno successivo Stolfi è ancora più
esplicito. “Non esisteva un
tariffario. Il contributo che
il professionista riconosceva
al singolo uomo politico o al
partito di riferimento variava
di caso in caso. Il rilascio
di una autorizzazione la cui
pratica era stata istruita dalla
Segreteria all’industria poteva
andare a vantaggio anche di
altra persona politica e di un
altro partito. In definitiva il
professionista riconosceva il
contributo all’uomo politico e
al partito ai quali era vicino.
Come ho già detto ieri questa
era una prassi invalsa già nel
periodo anteriore al mio ruolo
di segretario e posso ritenere
che in tale periodo non venissero
rilasciate le autorizzazioni a
favore di soggetti che non davano
il contributo. In ogni caso
dal momento che non c’era
una motivazione al diniego,
era difficile capire le ragioni
del rifiuto. A maggior ragione
era poi difficile spiegarlo agli
interessati”. Quindi per la
licenza ricevuta il professionista
si faceva mediatore e anche
portatore della dazione, il cui
onere ovviamente ricadeva
sull’imprenditore, e il contributo
andava o al singolo uomo
politico o al partito.

Dove finivano tutti questi
ingenti contributi?

Spiega Stolfi: “I contributi
venivano usati sia per la mia
attività politica sia per quella
del partito. C’erano le spese
correnti e le spese elettorali.
Tra le prime i contributi che
andavano riconosciuti agli
attivisti che tenevano i contatti
con gli elettori anche
all’estero. C’erano le spese
per le riunioni e le cene con i
militanti, le spese per la sede
del partito, la stampa, ecc. poi
c’erano le spese elettorali che negli anni 1993-2001 impiegavano
oltre un miliardo di lire
perché si trattava, tra l’altro,
di organizzare la venuta dei
sammarinesi residenti all’estero
a San Marino per il voto.
Tengo altresì a precisare che
analoghi contributi venivano
raccolti anche da altri esponenti
del partito. Eravamo in
tutto tre o quattro ad occuparci
di queste cose. Non ci
dicevamo da dove provenivano
i fondi perché mantenevamo
riservatezza e c’è sempre un
margine di cautela in politica
perché l’amico di oggi può
diventare il nemico di domani.
Ciascuno cercava di favorire
la componente del partito a cui
apparteneva, per agevolare
anche il risultato elettorale
delle persone più vicine”.
Soldi, insomma. Tanti soldi,
impiegati per favorire i propri
affini, di fatto determinando
gli equilibri interni ai partiti e
nel paese.

Lo schema della corruzione
Secondo l’accusa, dunque, lo
schema della corruzione, per
semplificare, era questo: per la
licenza, fosse essa bancaria,
immobiliare, industriale o delle
telecomunicazioni, per citare i
settori più gettonati indicati dai
magistrati, bisognava pagare.
Il professionista che istruiva la
pratica faceva da intermediario
tra l’imprenditore e il politico
di riferimento. Veniva consegnato
il contributo sotto le
più svariate forme, dai libretti
al portatore all’acquisto di un
immobile. La licenza veniva
concessa. Il sistema funzionava
così. Prima, durante, dopo. E, si
spera, non più adesso. Un sistema
collaudato tanto da far dire
ai magistrati che l’unico requisito
per ottenere una licenza era
la “disponibilità a pagare”.

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