La precarietà colpisce tutti, frontalieri e sammarinesi. Csu

La precarietà colpisce tutti, frontalieri e sammarinesi. Csu

“Subito un freno alla precarietà dilagante”. E’ il succo della lettera che i segretari della Federazione Industria CSU, Enzo Merlini e Giorgio Felici, hanno spedito oggi al Governo, sottolineando che “il fenomeno va affrontato a 360 gradi, perché le nuove forme di precariato stanno colpendo anche i lavoratori sammarinesi e residenti, attraverso un abuso dei contratti a tempo determinato”.

Nella missiva, i segretari FLI-CSU ricordano lo sciopero di inizio febbraio dei dipendenti Colombini a difesa di un collega frontaliero licenziato dopo 15 anni di lavoro: “Questo avviene – scrivono – perché non è stato più ripreso il percorso della stabilizzazione”. Tema ormai arcinoto, al punto che il Segretario di Stato al Lavoro ha recentemente dichiarato una disponibilità a far uscire dall’incertezza contrattuale i lavoratori italiani occupati in Repubblica da 4 anni.

Merlini e Felici fanno però presente all’Esecutivo che “sono tanti i lavoratori sammarinesi che non si vedono rinnovare contratti a termine a fronte di nuove assunzioni e al solo scopo di non stabilizzare i rapporti di lavoro”, mentre negli ultimi anni “nel settore della logistica e del facchinaggio sta prendendo sempre più piede il ricorso ad aziende forensi che lavorano stabilmente per conto di una o più aziende con propri dipendenti”.

“Tale possibilità – continuano – è stata legittimata nel 2015 da una specifica delibera del Congresso di Stato con l’obiettivo di favorire alcune imprese, tra cui spicca la Colombini Spa per numero di addetti coinvolti. Azienda che dal mese di settembre si avvale anche di cooperative esterne”.

Decisioni duramente criticate dai segretari industria della CSU, che nella lettera definiscono inaccettabili le motivazioni addotte a sostegno di questo tipo di attività: “La più aberrante – spiegano – è stata quella di voler facilitare, essendo lavori usuranti, il ricambio di personale; mentre è altrettanto inaccettabile quella della riduzione dei costi, in quanto le cooperative italiane sarebbero più convenienti perché i lavoratori risultano soci e quindi non soggetti a tutti i diritti contrattuali e sociali”.

Tutto questo, concludono i due sindacalisti, “è concorrenza sleale, che non favorisce l’occupazione interna, mentre lo Stato non incassa nulla di tasse e contributi da parte di aziende e lavoratori”. Per questo la lettera si conclude con una precisa richiesta: “Apriamo al più presto un confronto con l’obiettivo di aprire un percorso che ponga un freno a questa precarietà sempre più dilagante”.

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