Lorenzo Colantonio, il Centro: Bancarotta, arrestato l’ex dg Tercas Di Matteo

Lorenzo Colantonio, il Centro: Bancarotta, arrestato l’ex dg Tercas Di Matteo

Il Centro

 Bancarotta, arrestato l’ex dg Tercas Di Matteo
“Prosciugati i conti della banca”. Altri 18 indagati
Sequestrati dalla finanza 200 milioni di euro

L’accusa è bancarotta, ostacolo all’attività finanziaria di vigilanza e associazione per delinquere.

L’inchiesta parte dal crac da 800 milioni di euro dell’immobiliarista romano Di Mario. Indagato Samorì, garante, 4 anni fa, di un conto corrente da un milione di euro che Emilio Fede aprì a Teramo

Lorenzo Colantonio

Bufera sulla Tercas. Antonio Di Matteo, l’ex direttore generale della banca di
corso San Giorgio, è stato arrestato, ad Avezzano, dagli uomini del nucleo
valutario della guardia di finanza di Roma. Le accuse sono di bancarotta
fraudolenta, ostacolo all’attività finanziaria di vigilanza e associazione per
delinquere. Sono 19 le persone indagate insieme all’ex direttore generale. In
contemporanea alle perquisizioni e alle notifiche dei provvedimenti, sono stati
sequestrati agli indagai 200 milioni di euro, pari a quanto mancherebbe alla
banca.

Tutti gli indagati. Gli altri 18 indagati sono gli
imprenditori Francescantonio Di Stefano, del settore televisivo, Raffaele Di
Mario e Cosimo Di Rosa (Gruppo Dimafin), Giampiero Samorì (assicurazioni),
Antonio Sarni (settore autogrill), Pancrazio Natali e Pierino Isoldi
(immobiliaristi). Tutti questi, insieme con Cinzia Ciampani, convivente di Di
Matteo, sono accusati di associazione per delinquere finalizzata all’ostacolo
delle funzioni di vigilanza, all’appropriazione indebita, alla bancarotta
fraudolenta ed al riciclaggio. Gli altri indagati, per reati meno gravi, sono
l’imprenditore Vittorio Casale (appropriazione indebita), Gabrio Caraffini, Lino
Niisi, Gilberto Sacrati, S. P., Lucio Giulo Capasso, Saverio Signori,
Paola Ronzio, Roberto Bertuzzo e Livio Filippi.

L’accusa: “Prosicugati i conti della banca”. Secondo
l’accusa gli indagati avrebbero “prosciugato” i fondi della banca per favorire
alcuni imprenditori e soci in affari. Con la compiacenza del direttore generale
Antonio Di Matteo, un gruppo si spregiudicati imprenditori si erano di fatto
impadroniti della Banca Tercas sostenendo fittiziamente l’istituto di credito e
ottenendo finanziamenti al di fuori dei protocolli di garanzia che non venivano
restituiti.

Il blitz all’alba. Alle 7,30 di questa mattina, peraltro, il
nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza ha acquisito documenti
nella sede centrale della Tercas. Dopo un colloquio con il commissario di
Bankitalia, Riccardo Sora, i finanzieri hanno “visitato” alcuni uffici dei piani
alti della Cassa di Risparmio teramana. Le fiamme gialle del nucleo di Polizia
Valutaria hanno effettuato in tutto 16 perquisizioni. Oltre a quelle nella sede
centrale, le fiamme gialle hanno perquisito abitazioni private, tre filiali
Tercas (Montorio Al Vomano, Roseto degli Abruzzi e Avezzano) e la filiale di
Porto San Giorgio (Fermo) della Banca Popolare di Spoleto. Questo perchè,
secondo i militari della Finanza, Di Matteo, pur essendo un ex dirigente da
tempo di Banca Tercas, poteva avere accesso ai terminali e compromettere così
l’esito degli accertamenti investigativi.

Il fallimento Di Mario e i rapporti con San Marino.
L’inchiesta parte dal crac da 800 milioni di euro dell’immobiliarista romano
Raffaele Di Mario e si estende anche ai rapporti tra Di Matteo e San Marino e
all’avvocato-imprenditore di Modena Gianpiero Samorì, che nelle ultime elezioni
appoggiò il Pdl. Il nome di Samorì, legato all’Assicuratrice Milanese e alla
Holding Modena Capitale, si incrocia con Tercas per un 10 per cento di quote che
la banca teramana ha dell’Assicuratrice e un 4,8 per cento di Modena Capitale in
Tercas. Sempre Samorì si fece garante, quattro anni fa, di un conto corrente da
un milione di euro che Emilio Fede aprì in Tercas.

La banca ha rischiato il crac. Un anno fa, lo spettro che
crac più imponente degli ultimi anni piombò sulla Tercas quando la Finanza
eseguì dei sequestri d’oro non solo nella banca teramana. A Unicredit infatti
vennero sequestrati fondi per 12,9 milioni, a Factorit 2,7 milioni, a Italease
7,9 milioni e a Tercas 8,2 milioni. I sequestri vennero disposti dal gip Vilma
Passamonti su richiesta dei pm Giuseppe Cascini, Maria Sabina Calabretta e Maria
Francesca Loy, coordinati dal procuratore aggiunto di Roma Nello Rossi.

Il ruolo dell’ex Cda. L’ex cda della Tercas, coinvolto
nell’inchiesta, ratificò la decisione dell’ex dg Di Matteo di dare il via liberà
al mega prestito a Di Mario. Ma secondo i pm, il comportamento tenuto dalla
banca si configurava come concorso in bancarotta preferenziale e patrimoniale
perché, «pur essendo a conoscenza dello stato di decozione del gruppo di Di
Mario, e proprio perché tra i principali creditori di quest’ultimo, predeterminò
l’impiego della ingente somma (23 milioni) per soddisfare la propria esposizione
creditorie».

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