Post referendum. Risposta (a distanza) di RETE a Civico 10

Post referendum. Risposta (a distanza) di RETE a Civico 10

Cari amici di Civico 10, nella nostra conferenza stampa non c’era nessuna strumentalizzazione post-referendaria né volontà di massimizzare risultati: abbiamo invece espresso preoccupazione per le sorti del paese e per il rispetto della volontà popolare.

In merito a questo hanno un peso le trame di Palazzo.

Crediamo che la cittadinanza abbia diritto alla chiarezza, pertanto quando scrivete: “rispettiamo RETE, lo consideriamo un interlocutore”, vi chiediamo di spiegare assieme a noi in una serata pubblica come e perché RETE e C10, che pure la cittadinanza vorrebbe assieme e che oggi avrebbero grandi possibilità di spazzare via definitivamente una politica della clientela e della corruzione morale, non trovano un’alleanza.

RETE per troppo tempo ha usato riguardo in vista di un disegno di cambiamento delle condizioni politiche: non ci stiamo più a rimandare per attendere che altrui “opzioni alternative”, dal nostro punto di restaurazione, vengano verificate.

A nostro avviso oggi o si dà alla cittadinanza un’ipotesi di cambiamento radicale, oppure si cerca di salire sul treno del passato, che peraltro corre su un binario morto.

Quando C10 dipinge un’aula orfana di RETE e degli indipendenti, facendo intendere che le varianti di PRG siano passate per questo motivo, ci pare d’obbligo dire alla cittadinanza che se anche fossimo stati in aula il risultato non sarebbe cambiato. Le decisioni arrivano in Consiglio già blindate, e forse l’unico modo per costringere il governo a fermarsi è non fare sconti, fare azioni anche fuori dall’aula, dove le relazioni di potere sono ben diverse: a volte ha più peso un’assenza che una presenza ininfluente.

Non serve a nulla esprimere una contrarietà e nel contempo rendersi disponibili al dialogo per future alleanze con gli stessi interlocutori; insomma, il dramma che vive il nostro paese non è causato dalla contrapposizione ma dal conformismo.

In questo senso è invece importante ricordare chi, pur esprimendo una contrarietà di “metodo”, ha poi garantito ad agosto i voti alla maggioranza per procedere con un altro sblocco di terreni, utile ad agevolare qualche parente: non certo RETE.

Ci accusate di usare i metodi della vecchia politica, qualsiasi cosa voglia dire. Ce lo dite perché non abbiamo più intenzione di fare sconti. Per noi è vecchia e stantia la ricerca di alleanze trasversali poggianti sul nulla, spesso non condivise nemmeno nei propri organismi. Noi non abbiamo mai chiesto al nostro direttivo il nulla osta per affiancare il governo. Fortunatamente gli organismi dei movimenti spesso sono più obiettivi dei loro dirigenti, e viene da pensare che una possibilità di collaborazione possa venire unicamente da una presa di posizione forte di chi, pur simpatizzante, fino ad oggi ha ingoiato tanti rospi.

La fine della vostra nota stampa evidenzia, crediamo, la considerazione che avete per RETE, al di là delle frasi dovute. RETE fa vecchia politica, ha la mania di fare polemica, sgomita, strumentalizza, è complottista… 

Sono valutazioni legittime, casualmente le stesse che ci rivolge parte della maggioranza, ed è risaputo che un linguaggio uniforme è sintomo di orizzonti di senso comune.

Potremmo a lungo anche noi criticare i vostri atteggiamenti, ma ci pare sterile farlo a mezzo stampa, aspettiamo la serata congiunta in cui sarà la gente a dirci se e come RETE e C10 stanno ancora incorporando lo spirito e le promesse di cambiamento che gli sono state accreditate solo 4 anni fa. 

Se poi per complottismo intendete l’indagine sulle trame e gli interessi economici e speculativi che sottostanno alle iniziative legislative, allora il problema è terminologico. Conoscere le cause scatenanti è necessario per capire il contesto ed agire per cambiarlo. Altrimenti ci si ferma in superficie, sugli effetti, e si gioca un ruolo da comparse. E’ anche un vostro dovere capire e denunciare chi e come muove i fili della politica, e un atto corruttivo e clientelare non è mai accettabile, nemmeno se tramite esso ci sono ricadute positive sull’economia del paese. Altrimenti anche i soldi della malavita sarebbero utili… la politica non è ragioneria: è il mescolamento dell’etico con il sociale. 

In definitiva, preferiamo venire attaccati e dileggiati in aula piuttosto che nel paese, perché crediamo che ciò che teme l’aula non sia ciò che indebitamente chiama “populismo” ma proprio il popolo. 

E noi vogliamo fare il nostro dovere, cioè metterci al servizio del popolo: non ci interessano le pacche sulle spalle in aula né i privilegi che il nostro ruolo ci potrebbe garantire, come ad altri.  

Movimento RETE

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