Roberto Galullo di IlSole24Ore: Sulla ‘disclosure’ le barricate di San Marino

Roberto Galullo di IlSole24Ore: Sulla ‘disclosure’ le barricate di San Marino

 IlSole24Ore

Rientro dei capitali. Correntisti italiani in dubbio se denunciare la provenienza illecita dei soldi

 Sulla ‘disclosure’ le barricate di San Marino

Roberto Galullo 

 Il punto. Il Titano ha introdotto il reato di autoriciclaggio Per 700/800 milioni il rischio concreto di non poter rientrare

Sono700/800 i milioni detenuti illegalmente da correntisti italiani nelle banche di San Marino che, nonostante le norme sul rimpatrio volontario dei capitali sottratti al monitoraggio fiscale (su cui in questi giorni è aperto il confronto politico), rischiano di restare nei forzieri del Titano.
Il 25 gennaio, di fronte ai microfoni della tv di Stato Rtv, il presidente dell’Associazione bancaria sammarinese, Renzo Giacobbi, ha fatto i conti in tasca al proprio Paese e all’Italia. «Il sistema San Marino – ha dichiarato alla tv pubblica che gli chiedeva quale impatto avrebbe avuto il rimpatrio volontario sul sistema interno – raccoglie sette miliardi di cui il 20% è italiano e dunque in predicato ci sono 1,4 miliardi. Di questi il 50% è legalmente detenuto e dunque abbiamo motivo di pensare che solo 7/800 milioni saranno interessati a questo rimpatrio». Pochi giorni prima, il 16 gennaio, la Banca centrale sammarinese aveva comunicato i dati riferiti al terzo trimestre 2013. La raccolta diretta al 30 settembre si era attestata a poco più di 5 miliardi, in lieve aumento rispetto al 31 dicembre 2012, quando era inferiore ai 5 miliardi. Gli analisti si affrettarono a dire che era finita l’emorragia conseguente all’ultimo scudo fiscale, varato dal Governo Berlusconi.
San Marino non può permettersi, dunque, una nuova emorragia finanziaria ed ecco allora che soccorre una modifica legislativa varata quando, in Italia, si ricominciava in alcuni ambienti a parlare di un rimpatrio dei capitali. Alla legge 29 luglio 2013 n. 100 (modifiche al codice penale e al codice di procedura penale) è bastato togliere una sola frase per introdurre a San Marino il reato di autoriciclaggio, che non era stato previsto dall’articolo 199-bis del c.p. sul riciclaggio, introdotto con la legge 15 dicembre 1998 n.123. Le pene variano e si può arrivare anche alla confisca del denaro che servì o fu destinato a commettere il reato o che ne costituisce il profitto, prezzo o prodotto, anche in caso sia stato intestato fittiziamente o per interposizione reale a terze persone o, ancora, appartenga ormai agli eredi dell’autore del reato.
Una confisca, si noti, ammessa anche per equivalente, ossia su somme di valore pari al prodotto, profitto e prezzo di qualsiasi reato e non limitata, come in Italia, a specifiche ipotesi criminose. Una severa misura che opera su disponibilità, anche per equivalente, di cui il titolare non sia in grado di provare la legittima provenienza e non risparmia neppure la persona estranea al reato che abbia beneficiato di tali beni «se poteva rendersi conto» della loro provenienza illecita (articolo 147 del c.p. modificato dalla medesima legge 100/2013).
La novella versione del muro contro muro diventa dunque “scudo” contro “autoriciclaggio” e “confisca per equivalente estesa” che potrebbe obbligare gli italiani a lasciare i soldi sul Titano per non vederseli devolvere (cosi recita lo stesso articolo 147 del c.p.) all’Erario di quello Stato e il dilemma dunque diventa: come potranno gli italiani rimpatriare i soldi detenuti illegalmente dovendo per forza di cose denunciarne a San Marino l’eventuale provenienza illecita e dunque incorrere nei rigori del codice penale del Titano? Meglio lasciarli oltrefrontiera?
Le domande le abbiamo girate a Pier Luigi Maria Dell’Osso, procuratore generale a Brescia e membro del Comitato di sicurezza finanziaria che, però, ha preferito non rispondere, mentre Giacobbi non ha voluto ascoltare le domande. Chi commenta è Fabio Di Vizio, membro del comitato degli esperti dell’Uif e sostituto procuratore della Repubblica a Pistoia, che il 26 gennaio ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio, nel corso del processo “Varano” a Forlì, sua sede fino a sette mesi fa, degli allora vertici della Cassa di risparmio della Repubblica di San Marino, della sua fiduciaria Carifin s.a. e del Monte dei Paschi di Siena per illeciti amministrativi dipendenti da reati per non aver adottato o attuato modelli organizzativi o atti utili a prevenire illeciti.
Di Vizio dichiara: «Manca ancora una omogeneità normativa a livello internazionale e a maggior ragione con alcuni dei Paesi confinanti. In queste condizioni, la sinergia tra autoriciclaggio, antiriciclaggio e contrasto patrimoniale del crimine, può creare silenziose quanto insuperabili remore allo smobilizzo di capitali illegalmente detenuti presso i Paesi che conoscono l’autoriciclaggio e sicure condizioni di insuccesso delle misure di regolarizzazione dei capitali esteri varate dal legislatore italiano, purtroppo non ancora pronto ad introdurre questo reato. Autarchiche e differenziali misure nazionali, prive di effettivo coordinamento sovranazionale, anziché favorire l’identificazione e la legalizzazione dei capitali irregolari possono finire per costituire, a prescindere dalle effettive intenzioni, strumento di protezione e comunque di protrazione del loro nascondimento, precludendone la scoperta».

 

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