05/06/2000 Black-list, OCSE, Convenzione su doppia imposizione

05/06/2000 Black-list, OCSE, Convenzione su doppia imposizione

Black-list, OCSE,
Convenzione su doppia imposizione

 

San Marino Oggi 05/06/2000 (Black-list dell’Osce. Tanto rumore per
nulla
)

Siamo sull’orlo o già nel vuoto? Il clima, da
precipizio, è stato creato in Repubblica dalla proposta di convenzione
recentemente avanzata dall’Italia sulla doppia imposizione (evasione, elusione e
frode fiscali) e diffusa nel paese alla chetichella, come per saggiarne le
reazioni. La domanda sorge dal silenzio dei partiti e da certe dichiarazioni
sibilline di qualche autorità sammarinese che, dopo aver trattato del mondo,
pare chiedere aiuto a Corpolò.

A leggere alcuni giornali sembra che la
Repubblica debba decidere, a breve, se firmare detta convenzione con l’Italia o,
in alternativa, rassegnarsi ad essere inserita nella lista dei paradisi  fiscali
compilata da un organismo internazionale, l’Ocse (Organizzazione per la
Cooperazione e lo Sviluppo Economico). Nell’un e nell’altro caso, a detta dei
soliti ben informati, l’economia sammarinese subirebbe una drastica recessione.
Quel che preoccupa non è il ‘parere’ di questi ‘esperti’, ma il silenzio delle
autorità. I governanti, diversamente da altre volte, non sono corsi a smentire,
a rassicurare che si tratta di notizie prive di fondamento, messe in giro da
persone scriteriate o di malanimo.

E’ un silenzio, quello dei governanti, che non è
da normale paese civile. La gente, in un paese civile normale, di fronte a
questioni di tanta  gravità, viene prontamente informata dalle autorità e –
perché no? – chiamata a esprimersi. Supponiamo, per assurdo, che la Repubblica
sia veramente costretta a scegliere o la firma della convenzione o l’inserimento
nella lista. Le due strade si equivalgono? C’è chi potrebbe sostenere che
firmando la convenzione si darebbe avvio a un processo di assoggettamento verso
l’Italia, da cui, di fatto, sarebbe poi impossibile recedere; mentre la
decisione dell’Ocse, che riguarda anche altri paesi,  potrebbe essere revocata
dall’Ocse stessa qualora riuscissimo a neutralizzare le cause che l’hanno
provocata. Altri, al contrario, potrebbero sostenere che sarebbe più deleterio
l’inserimento fra i paradisi fiscali che la firma della convenzione. Altri
ancora potrebbero suggerire una diversa via d’uscita. Una via d’uscita va
trovata. Se ne può parlare?

La Repubblica, in passato, ha affrontato
situazioni di emergenza ricorrendo anche, talvolta, a scelte di emergenza.
Talvolta  anche di tipo istituzionale. Quand’era il caso. E’ il caso? Speriamo
che non ce ne sia bisogno.

Speriamo che ancora una volta i nostri
governanti, come  hanno fatto per anni, compreso il   1997 quando la Guardia di
Finanza italiana assediò il paese additandoci come un luogo di contrabbandieri,
speriamo che  convochino una conferenza stampa, per il solito rassicurante: 
tutto va bene madama la marchesa. Vorremmo sentirli dire che  la proposta di
convenzione avanzata dall’Italia il 14 marzo, in effetti, deve intendersi datata
1° aprile: insomma, è un pesce d’aprile. Il paese,  uso a tale genere di
rassicuranti precisazioni, perché non dovrebbe aspettarsele anche questa volta?
Non c’è da meravigliarsi se le pretende.

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