06/04/2005 Aderire o non aderire all’UE? Le scelte sciagurate del mondo politico

06/04/2005 Aderire o non aderire all’UE? Le scelte sciagurate del mondo politico

Aderire o non aderire all’UE? Le scelte
sciagurate del mondo politico

 

San Marino Oggi 06/04/2005
(Adesione o non adesione)

Il Partito dei Socialisti e dei
Democratici già nel primo incontro con la Democrazia Cristiana dopo il Congresso
dell’unificazione ha posto sul tappeto il problema dei rapporti con l’Unione
Europea: adesione o non adesione.

Sul tema dell’eventuale adesione
alla UE ha avuto luogo nei giorni scorsi a Domagnano un momento pubblico di
riflessione promosso dalla sezione sammarinese dell’Istituto Internazionale
delle Scienze Amministrative (I.I.S.A.). Ci sono stati molti interventi. La
questione è sentita. San Marino da enclave dell’Italia sta passando a enclave
dell’UE. Come nel 1631 da dentro il ducato d’Urbino finì nello Stato della
Chiesa e nel 1861 da enclave dello Stato della Chiesa divenne enclave del Regno
d’Italia. Nel 1631 e nel 1861 San Marino si salvò grazie all’altissimo livello
della sua classe dirigente. Il passaggio del 1631 si cominciò a prepararlo, con
un abile lavorio presso la corte papale, già alla fine del Cinquecento. Non meno
tempo e impegno e intelligenza politica ci vollero per salvare la Repubblica,
attraverso la Francia, durante il processo di unificazione politica della
penisola italiana.

Oggi abbiamo ai vertici uomini della levatura sfoderata in
quelle due emergenze?

Fino agli anni Settanta la continuità dell’eccellenza nella
guida della cosa pubblica è stata assicurata, anche nel Novecento, da uomini
della levatura di Pietro Franciosi, Giuliano Gozi, Gino Giacomini, Federico
Bigi. Poi la pioggia di danaro derivata dagli accordi italo-sammarinesi degli
anni Settanta ha stravolto tutto. Le punte di eccellenza sono state emarginate.
Hanno prevalso gli affari sulla politica, con la predominanza di cordate tanto
spregiudicate da finire per scommettere – adesione o non adesione alla Unione
Europea – sulla fine del paese. Come si spiegano altrimenti  certe scelte – a
dir poco, sciagurate – di questi ultimi decenni?

Di fronte alla nuova emergenza creata dal formarsi dell’Unione
Europea, non solo non siamo stati capaci di elaborare alcun progetto di
salvezza, come nel 1631 e nel 1861, ma abbiamo messo in atto azioni e
comportamenti da pregiudicarci anche un eventuale aiuto esterno. Ci siamo messi
a vendere a pezzi la sovranità offrendo immobili su immobili a chiunque fosse
disposto a comprarne pur di mettere piede qui, suscitando l’allarme degli
organismi internazionali preposti alla vigilanza sui movimenti dei capitali.
Abbiamo creato il frontalierato: cioè ci siamo messi con le nostre stesse mani
una bomba sotto la nostra stessa  sovranità, sapendo che l’innesco è a Roma,
cioè nelle mani dei governanti del paese di cui San Marino è enclave. Abbiamo
depenalizzato il reato del falso in bilancio con l’intendimento – dichiarato! –
di favorire l’evasione fiscale in altri paesi (leggi Italia), sapendo che
avremmo avuto bisogno proprio dell’Italia per trattare con l’Unione Europea.

Ha senso discutere se entrare o non entrare nella Unione Europea
se l’unica linea politica che siamo capaci di praticare è quella
dell’autodistruzione, perché il nostro mondo politico deve  continuare ad
assecondare gli erogatori di tangenti? Una inversione di tendenza nelle scelte
politiche, sarebbe il miglior modo, per questo governo straordinario, per
iniziare ad affrontare la questione dell’adesione o della non adesione
all’Unione Europea.

 

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