…/06/1999 Sovranità limitata?

…/06/1999 Sovranità limitata?

Sovranità
limitata?

 

San Marino Oggi .../06/1999

A partire dagli anni Ottanta, l’Italia ha
cominciato ad avvitarsi nella spirale del debito pubblico fatto crescere oltre
ogni ragionevole limite. E non per procurare risorse da investire in riforme. In
massima parte per alimentare il consenso a breve attorno al sistema dei partiti,
i cui vertici non avevano altra preoccupazione che quella di sfruttare il più a
lungo possibile la loro posizione di potere per fini, talvolta, addirittura
personali. Si era determinata una situazione prossima, in certi casi, alla
delinquenza.

E ciò mentre altri paesi ponevano le basi per
riforme strutturali di grandi respiro e  liberavano l’economia dalle pastoie
statalistiche per irrobustire le proprie aziende e renderle pronte ad affrontare
il mercato globale. L’Italia, per quel ritardo, rischia oggi, in economia, di
divenire colonia di altri stati.

A pagare le spese di tanta degenerazione
politica, in Italia, saranno i giovani, chiamati ad uno sforzo enorme: liberarsi
dalla mentalità dei padri (quella del lavoro fisso, della ricerca del privilegio
o del guadagno facile come, ad esempio, l’impiego del risparmio in titoli di
Stato) e al contempo sottrarre risorse agli investimenti e quindi allo sviluppo
del loro stesso tenore di vita, per ripianare il debito pubblico accumulato dai
padri.

San Marino? Non ha creato debito pubblico.
Tuttavia pure i politici sammarinesi, nello stesso periodo, hanno potuto
usufruire di enormi risorse: arrivate, non dall’indebitamento pubblico, ma dagli
accordi italo-sammarinesi degli anni Settanta, cioè, in sostanza, da quella
sovranità che distingue e caratterizza propriamente questo fazzoletto di terra.

Diversa dunque è stata l’origine delle risorse
in mano ai politici. E’ stato pure diverso il modo di utilizzarle?

Anche a San Marino i partiti politici, che nel
periodo si sono alternati e al governo e alla opposizione, si sono buttati a
capofitto nella ricerca del consenso a breve. Quindi a spendere anche
improduttivamente. Ne è una riprova la dilatazione del pubblico impiego. Essa è
stata spinta così avanti da impoverire numericamente e qualitativamente la
‘forza lavoro’ nei settori privati. Questi settori hanno dovuto reclutare via
via più massicciamente dipendenti forensi, innescando il fenomeno del
frontalierato, cresciuto poi fino al punto da divenire, secondo alcuni,  un
pericolo per la sovranità.

In effetti a minacciare la sovranità, forse
ancor più del frontalierato, è la mentalità ingeneratasi nel paese, fra la
gente, a seguito dello spreco di risorse pubbliche cominciata negli anni
Ottanta. La mentalità del guadagno facile, del guadagno comunque da raggiungere
presto, subito, sfruttando, anche nel privato, appena se ne avverta la
possibilità,  la stessa sovranità. Una sovranità, per così dire, sbriciolata, 
da vendere a pezzetti pur di realizzare un immediato profitto. Il fenomeno è
stato denunciato molto chiaramente, fra l’altro, in un dibattito a Serravalle
durante la Festa dell’Amicizia di qualche anno fa: la sovranità dei sammarinesi,
nell’occasione,  è stata paragonata al petrolio per gli abitanti degli Emirati
Arabi.

La riprova di tale mentalità l’abbiamo in tante
forme di speculazione lasciate correre a briglia sciolta. La più evidente di
esse e la più gravida di conseguenze, la speculazione edilizia che ha licenza di
costruire e vendere i suoi immobili lucrando il sovrapprezzo che deriva dalla
sovranità.

In conclusione, abituati al guadagno facile, non
abbiamo più remore ad intaccare, con evidente leggerezza, anche la sovranità. La
sovranità non è un frutto del caso, come il petrolio per gli Arabi. E’ il
risultato del sacrificio e della intelligenza delle generazioni che da oltre
mille anni ci hanno preceduto su questo scoglio. Nessuna di quelle generazioni
ha dilapidato la eredità ricevuta dalla precedente per vivere egoisticamente il
suo momento, senza preoccuparsi del futuro. La nostra?

Anche noi sammarinesi, come i padri italiani,
abbiamo finito per mettere assieme non pochi fardelli da lasciare in eredità ai
figli. Il più gravoso: salvare il paese-stato, trovando un rimedio alle
scelleratezze di noi padri.

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