19/12/2000 La nuova SpA europea. I dipendenti partecipano alla gestione

19/12/2000 La nuova SpA europea. I dipendenti partecipano alla gestione

La
nuova SpA europea

I dipendenti partecipano alla gestione

San Marino Oggi 19/12/2000
(Dipendenti e imprenditori)

Non credevo ai miei
occhi sabato  scorso (9 dicembre 2000) nel leggere su un quotidiano a proposito
dell’accordo raggiunto a Nizza sulla “Società SpA” europea. Accordo che dà modo
a una società, che nasce in uno Stato qualsiasi dell’Unione, di avere piena
operatività e pieno riconoscimento in tutti gli Stati dell’Unione. Tutto qui? La
sorpresa sta nel fatto che tutti gli Stati (con qualche residua resistenza della
Spagna), nel determinare le caratteristiche essenziali della “Società SpA”
europea, hanno accettato di introdurre il principio della partecipazione attiva
dei dipendenti alla gestione dell’azienda. Un evento eccezionale. Tanto che su
“Il Sole-24 ore” la notizia è stata pubblicata con un titolo a tutta pagina.
Malcelato disappunto degli industriali italiani, a giudicare dal tono degli
articoli. Romano Prodi, invece, raggiante.

Perché ne parlo? Anche
nel nostro paese era stata proposta, una volta, la questione. Una trentina di
anni fa. Quando si avviava la industrializzazione del paese. Si procedeva alla
garibaldina pur di creare posti di lavoro. Arrivavano in Repubblica anche certi
imprenditori d’assalto che non avevano scrupolo ad aprire e chiudere aziende
senza curarsi delle persone coinvolte. Di qui la proposta di alleviare il
disagio dei dipendenti assicurando comunque ad essi, con intervento pubblico,
una continuità nell’anzianità sotto l’aspetto retributivo e – ecco il punto –
prevedendo una loro rappresentanza nella gestione dell’azienda. Apriti cielo.
All’interno del mio partito, la Democrazia Cristiana, la proposta costituì
l’ennesimo motivo per additarmi come l’incorreggibile ‘sovversivo rosso’. Dai
partiti della sinistra arrivò il solito pesante scherno, anche a livello
personale, perché andavano demonizzando ogni tentativo, specie se esterno, di
proporre alla ‘classe operaia’ un qualsiasi obiettivo più basso della chimerica
statalizzazione delle imprese.

Oggi, dall’apprendere che certe idee che
una trentina di anni fa si dibattevano – utopisticamente? – nella sinistra della
galassia cattolica sono diventate patrimonio europeo, chi scrive trae un motivo
nuovo di fiducia e di speranza. Quanto accaduto a Nizza è uno stimolo. Induce a
ritenere che sussistano ormai le condizioni politiche e culturali per
riprendere, finalmente, a parlare, senza vergognarsi, di stato sociale.
Anzitutto per difenderlo, dato che rappresenta, sotto l’aspetto del progresso
umano, la più grande conquista di tutti i tempi. Difendere lo stato sociale,
ponendo un argine a questo liberalismo dilagante inquinato dalle consorterie
massoniche degli affari, non è una battaglia di retroguardia, come vorrebbero
farci credere i fanatici propugnatori – quelli antichi e quelli dell’ultim’ora –
dei modelli di oltreoceano. Ce lo insegna Prodi che è riuscito a dare la
possibilità ai dipendenti di partecipare attivamente alla gestione della loro
azienda come avviene in Germania, senza che siano costretti a comprarne le
azioni, come avviene oltreoceano.

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