25/01/2003 Lettera aperta a Romeo Morri che lascia la Democrazia Cristiana

25/01/2003 Lettera aperta a Romeo Morri che lascia la Democrazia Cristiana

Lettera aperta a Romeo Morri che lascia la
Democrazia Cristiana

 

 

San Marino Oggi 25/01/2003 (Caro Romeo, non sono
d’accordo)

Romeo, non sono
d’accordo. Te lo dico così in forma pubblica, perché l’ho saputo in forma
pubblica. Altrimenti te lo avrei detto in privato, se lo avessi saputo prima.

Premetto che non ho
alcun titolo per esprimere questo giudizio. Non sono nemmeno iscritto alla
Democrazia Cristiana. Dal 1974. Cioè da quando all’interno del Partito sono
cominciate le divisioni finalizzate al solo scopo della conquista di posizioni
di potere, per cui si cominciava a non essere più ascoltati per quel che si
diceva su questo o quell’argomento, ma solo in quanto aderente a questa o quella
cordata. Ebbene, nonostante che non sia iscritto, ho sempre avuto modo di
intervenire, quando l’ho chiesto, nei vari convegni o giornate di studio. E, a
cominciare proprio da te, nessuno mi ha discriminato. Ricordo, ad esempio, e con
piacere, l’invito, quand’eri Segretario di Stato al Lavoro, al Convegno
sull’economia nell’ottobre 1999. Come Segretario della DC mi hai concesso di
parlare addirittura al Congresso del Partito, nell’aprile 2002, ed in pienissima
libertà e in un’ora di grande ascolto. Proprio per questo, Romeo, mi sento in
dovere di dirti in tutta amicizia quel che penso: sbagli. Te lo dico come ti ho
detto, a suo tempo, in tutta franchezza ad esempio dell’errore di attaccare
Sergio Zanotti, Presidente della Banca di San Marino, a cui si deve, con
l’acquisizione di Villa Manzoni a quella Banca, la neutralizzazione del rischio
di un Admiral Point gemello sull’altro lato della superstrada. E non è da
credere che lì i soliti ignoti avrebbero avuto qualche remora, visto che non ne
hanno avuto dall’altra parte nemmeno per l’agiamento della Chiesa, la Chiesa
stessa, una via pubblica, eccetera.

Mi dispiace che tu
lasci la DC proprio nel momento in cui il paese ha bisogno di partiti forti, ben
strutturati al loro interno, capaci
di
riprendere il ruolo che il sistema democratico loro assegna. Lo so che da più di
un decennio i partiti sono degenerati e con essi i poteri dello Stato. L’ho
scritto nel libretto Riforme secondo la storia, denunciato su questo
stesso giornale e ribadito dalla tribuna congressuale. Ma i partiti occorrono.
Ed occorrono partiti forti che sappiano cogliere i bisogni veri della gente e
del paese, elaborare sintesi, progettare soluzioni. Anche la prospettata
unificazione del Partito Socialista e del Partito dei Democratici, non può che
essere vista in termini positivi per il nostro Stato. Allora perché – mi
potresti chiedere – perché insistere con la DC, il partito corresponsabile
primo, dato i numeri, della situazione attuale? Perché il rinnovamento dei
partiti il paese lo chiede in primo luogo proprio alla DC, in quanto – come
dissi al Congresso – questo è un partito popolare ed anche il partito che, a mio
personalissimo parere, meglio interpreta la sammarinesità, cioè questo nostro
essere al contempo Stato e comunità. Un partito, la DC, che dispone ancora di
una piattaforma di valori reale (non evaporatasi con la fine delle ideologie) a
cui poter riferirsi per costruire il rinnovamento. Il che non è poco in un
momento in cui pare non essere più possibile trovare motivi di aggregazione non
dettati da interessi materiali.

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