Marino Cecchetti spiega in una intervista perché si è candidato e perché si è candidato nella Democrazia Cristiana

Marino Cecchetti spiega in una intervista perché si è candidato e perché si è candidato nella Democrazia Cristiana

Marino Cecchetti spiega in una
intervista perché si è candidato e perché si è candidato nella Democrazia
Cristiana

 

La candidatura è una sorpresa.

No. Anche nelle passate elezioni mi era stata proposta dalla
Democrazia Cristiana. Allora avevo ringraziato e risposto no.

Questa volta sì. Perché.

Ho toccato con mano che non basta parlare, scrivere articoli,
avanzare Istanze d’Arengo, proporre referendum. Queste iniziative si sono
rivelate armi spuntate nel sistema politico sammarinese. Occorre passare al
fare.

Cosa intende per fare.

Entrare nel sistema e dare il proprio contributo perché si
ritorni a far politica con lo stato d’animo, la tensione morale e le convinzioni
di quelli che hanno guidato la comunità in passato. Penso a quelli che col loro
impegno, la loro determinazione, la loro cultura,la loro intelligenza hanno
fatto di questo monte uno Stato.

Non c’era altra soluzione che candidarsi in un partito?

Nel Congresso della DC del 2002 auspicai una riforma
elettorale che permettesse di rompere il monopolio dei partiti nelle scelte
delle candidature a consigliere. Proposi di ritornare a dare una qualche
possibilità alla gente di esprimere le candidature direttamente, come, in
sostanza, avveniva prima del 1920. La proposta è caduta nel vuoto.

Perché proprio la DC.

La DC è stato sempre il mio partito di riferimento. Lo
dimostra ad esempio la mia partecipazione – benché non delegato e nemmeno
iscritto – al Congresso del 2002. Allora dissi che occorreva un cambiamento
nella qualità della politica. E dissi che detto cambiamento il paese lo
aspettava proprio dalla Democrazia Cristiana. Sì,  perché la Democrazia
Cristiana è un partito popolare. È un partito aggregatosi attorno a valori
autentici e validi: quelli della dottrina sociale cristiana. Valori ancora in
grado di interpretare le aspirazioni della nostra gente. Si tratta di ritirarli
fuori, quei valori, farne oggetto di proposta politica con sincerità e lealtà, e
lungi da ogni sanfedismo come è sempre stato nell’autentica tradizione

sammarinese.

Fuori dai denti, c’è un qualcosa che più di altro l’ha
indotta a scendere in politica?

Sì, l’art.1 dell’Accordo con l’Italia che Fini stava per
venire a firmare già a novembre. Un qualcosa di inaccettabile per tutti i
sammarinesi. Vivi e morti. Di fronte a quell’articolo non si può rimanere
passivi. Bisogna uscire dal privato.

Si è candidato, ovviamente, per andare in Consiglio.

Non ho velleità elettoralistiche. La candidatura – questo sì
– mi offre l’occasione non solo di fare il mio dovere di cittadino di fronte a
quell’articolo dell’Accordo con l’Italia, ma anche di riproporre temi già
trattati pubblicamente sui giornali. Specie quelli fatti oggetto, su mia
iniziativa, di Istanze d’Arengo e di Referendum.

Qualche esempio.

La compilazione dei verbali del Consiglio. Un tema
all’apparenza banale, ma che la dice lunga sul livello della nostra democrazia.

E poi…

Le rendite da immobili. Chi intesta un immobile a una società
è superfavorito rispetto a chi figura a catasto con nome e cognome. Articoli,
istanze d’Arengo, referendum, non hanno smosso la situazione. Anzi la situazione
è peggiorata: 60 società immobiliari concesse nel 2005 in una sola seduta del
Congresso!

Questo non si può certo dire un tema banale. Farà sobbalzare
sulla sedia parecchi. È sicuro di volerlo e poterlo portare avanti?

Sicurissimo

Allora ne riparleremo.

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