Intervista pubblicata su San Marino
Oggi
1° settembre 2001
Anzitutto, quando compare la data 3 settembre
301?
La data di fondazione è stata fissata solo
recentemente: nel corso del Novecento. Precisamente fra il 1926 e il 1941,
quando l’Italia andava mitizzando l’antica Roma. In particolare dopo il 1936
quando nel rifondare l’impero – l’impero fascista – si sprecavano i riferimenti
all’impero romano.
La Repubblica di San Marino, nella necessità di far
sapere che non poteva essere considerata una tessera del nuovo impero, attirò
l’attenzione sulla sua antica origine risalente addirittura ai tempi
dell’impero romano. E precisò l’anno: 301.
Anche
l’attribuzione della fondazione al Santo è così recente?
No. Questa nasce nella notte dei tempi, come si usa
dire. È proclamata a chiare lettere, anzi a lettere cubitali, sul frontale
della Basilica. Il Santo Marino è invocato come l’autore e il protettore
della ‘Libertas’. Il vocabolo ‘Libertas’ qui è inteso nelle due accezioni:
‘Libertas’ verso l’esterno, cioè ‘‘indipendenza’, e ‘Libertas’ all’interno,
cioè ‘democrazia’. Il Santo fonda e protegge l’una e
l’altra.
Dunque questa scritta è più di un atto devozionale
magari estemporaneo.
Figurava già sopra la porta dell’antichissima Pieve
che, fino al 1825, stava al posto della chiesa attuale. Quanto alla sostanza,
cioè all’attribuzione del merito della ‘Libertas’ al Santo, questa è una
costante della storia sammarinese. Fra l’altro ben documentata.
Qualche
esempio?
Nel 1296 i sammarinesi sono citati in giudizio a
Valle Sant’Anastasio per una questione di tributi. Il giudice chiede se, alla
base del loro rifiuto di pagare, ci sia un privilegio del papa o
dell’imperatore o di qualche altra autorità. No dicono. Nessun privilegio di
chicchessia. Noi abbiamo diritto di non pagare perché siamo liberi: ci ha
lasciati liberi da vincoli esterni il nostro Santo quando venne dalla
Dalmazia. E non è una furbizia escogitata al momento. Ne sono realmente
convinti. La stessa tesi vanno a sostenerla a Roma, nel 1541. Davanti ai
papi. Il primo papa a riconoscere loro il diritto di non avere superiore –
come dire l’indipendenza – è Paolo III nel 1549. Poi ne verranno altri. Con
maggiore o minore convinzione tutti i papi, in sostanza, finirono per
dimostrare una certa benevolenza verso il Titano (in pratica anche durante
l’episodio alberoniano). Cito per tutti Clemente VIII il quale nel 1603
accorda la sua protezione alla Repubblica, anche a nome dei suoi successori,
per dimostrare che la Santa Sede non è come gli altri Principati che ’piuttosto
sanno di tirannia’.
La tesi del Santo, fondatore della indipendenza, ha
successo coi papi. Dopo, quando finisce il potere temporale dei papi?
Nel 1861 la Repubblica da enclave dello Stato
Pontificio diventa enclave del Regno d’Italia. Uno Stato, per tanti aspetti,
all’opposto di quello Pontificio. A Roma non si erigono più monumenti ai
santi come al tempo dei papi, ma a personaggi come Giordano Bruno, messi al
rogo come eretici dai papi. Ebbene i sammarinesi continuano a rivendicare la
piena indipendenza verso i re d’Italia esattamente come prima avevano fatto
verso i papi. Con la stessa motivazione di prima: il testamento del Santo:
vi lascio liberi.
Una
prova di questa continuità?
1894: una effigie gigantesca del Santo Marino con
in mano il testamento – vi lascio liberi – è posta al centro di un quadro
che occupa tutta la parete principale della Sala del Consiglio nel nuovo Palazzo
Pubblico. Ed a inaugurare il Palazzo, quella Sala e a diffondere per ogni dove
quella rivendicazione di indipendenza basata sul Santo, è chiamato nientemeno
che Giosuè Carducci, il quale fa del testamento del Santo il perno di un
discorso che avrà una eco vastissima e guadagnerà uno spazio nelle antologie
della letteratura italiana.
Il Santo rimane dunque in primo piano anche dopo
l’Unità d’Italia.
Nel 1926 Pio XI eleva la chiesa principale del paese
da Pieve a Basilica. Nel documento, un ’breve’, si parla anche delle reliquie
del Santo conservate nella chiesa stessa. Per i sammarinesi è la prova che
queste reliquie, le loro, sono quelle autentiche. Per i sammarinesi il papa,
con quell’accenno, ha posto la parola fine alla controversia sulla
autenticità delle reliquie del Santo apertasi a fine Cinquecento con Pavia e
Milano. Il giorno in cui il ‘breve’ arriva, tutte le campane della
Repubblica si mettono a suonare a festa e continuano a suonare a festa per
ore ed ore quasi volessero farsi sentire fino Roma.
I sammarinesi hanno fatto sempre quadrato attorno alle
reliquie del loro Santo esattamente come attorno alla indipendenza:
indipendenza e Santo sono un tutt’uno per i sammarinesi.
Ma c’era anche una ragione politica per far sentire
lo scampanio fino a Roma: proprio lo stesso Pio XI e proprio quello stesso anno,
il 1926, aveva accettato di aprire una legazione diplomatica presso il
Vaticano, riconoscendo di fatto la sovranità sammarinese: il primo
riconoscimento ottenuto dalla Repubblica di San Marino dopo l’Unità
d’Italia.
Oltre che di indipendenza, lei all’inizio ha parlato
di democrazia, attribuendo anche di questa il merito al Santo.
Ce lo spiega Matteo Valli, il primo storico
sammarinese: il Santo quand’era ancora in vita tenne i suoi compagni come
fratelli e non come sudditi. Si fece uguale fra uguali, per insegnare
l’eguaglianza. Inoltre, in punto di morte, il Santo lasciò sì in eredità la
indipendenza agli abitanti del Titano ma con un vincolo ben preciso: che ne
godessero i frutti comunemente, cioè tutti alla pari. Accettando l’eredità,
gli abitanti del Titano si sono pure assunti l’obbligo di dare esecuzione a
quella disposizione testamentaria. E l’hanno fatto organizzandosi, all’interno,
come Repubblica: Res publica, Cosa di tutti, Bene comune.
Le repubbliche hanno sempre avuto vita difficile,
ovunque, per i continui tentativi di chi, dall’interno, voleva per sé tutto
il potere.
Qui no. Qui tentativi di prendersi tutto il potere
dall’interno non ci sono proprio stati. Perché c’è il Santo a vigilare, a
controllare tutti attraverso le coscienze: il modo più efficace che si conosca
per far osservare una norma. Nessuno sgarra. Nessun sammarinese in tutta la
storia, concepisce – nemmeno concepisce – un progetto di potere a scapito dei
suoi concittadini.
Mai?
Noi abbiamo al vertice due Capi di Stato, i Capitani
Reggenti. Gli attuali sono entrati in carica il primo aprile 2001, ricevendo
i pieni poteri dai due loro predecessori. Questi a loro volta avevano ricevuto
i pieni poteri da due loro predecessori il primo ottobre del 2000 e questi a
loro volta il primo aprile del 2000 e così a ritroso di sei mesi in sei mesi
fin dal 1243 quando abbiamo i primi consules di cui sappiamo il nome.
Oltre 2500 persone diverse si sono succedute sul trono
dei Reggenti. Ebbene mai una volta – mai una volta – è capitato che uno tirasse
fuori il coltello e lo infilzasse nella pancia dell’altro per prendersi tutto
il potere.
Lo scambio dei poteri fra i vecchi e i nuovi reggenti
continua ad avvenire – è avvenuto già per oltre 1500 volte – sotto lo sguardo
del Santo.
Sì, l’insediamento dei nuovi Reggenti è suggestivo.
E significativo. Romano Prodi, il Presidente della
Commissione Europea, ha suggerito ai suoi funzionari di visitare San Marino
proprio in occasione dell’ingresso dei nuovi Capitani Reggenti. Perché non è una
rievocazione storica. È una lezione di democrazia, che ci viene direttamente
dal profondo della nostra stessa civiltà, la civiltà dell’Europa occidentale
cristiana, base della stessa Unione Europea.
E’ un appuntamento di grande richiamo.
Anche i sammarinesi vi partecipano. Sergio Zavoli, il
grande giornalista, si è chiesto perché accorrano anche tanti sammarinesi pur
trattandosi di un evento che si ripete uguale ogni sei mesi.
Il fatto è che l’insediamento dei nuovi Capitani
Reggenti col passaggio dei poteri dai vecchi ai nuovi sotto lo sguardo del
Santo, è una cerimonia. Alle cerimonie si va per partecipare. Si è parte
attiva. Ci si va anche se se ne conosce a memoria lo svolgimento. E questa è
una cerimonia in cui il posto d’onore è occupato dal Santo, di cui i Capitani
Reggenti paiono essere i ministri. Tanto che, con buona pace di Machiavelli, il
quale sosteneva che gli Stati o sono Repubbliche o sono Principati, questa è una
Repubblica che ha un Principe, il Santo Marino invocato appunto spesso come
Principe: Principe della Repubblica.
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