Antonio Fabbri – L’informazione: ‘Reverenza verso la politica’ della vecchia Banca Centrale

Antonio Fabbri – L’informazione: ‘Reverenza verso la politica’ della vecchia Banca Centrale

L’informarzione di San Marino

Depositate le motivazioni della sentenza sul caso dei sei miliardi di dollari che dovevano essere trasferiti dal Giappone ad Asset Banca usando Bcsm come paravento

‘Reverenza verso la politica’ della vecchia Banca Centrale

Antonio Fabbri

Sarà per il fatto che i nuovi vertici di Banca Centrale non hanno più la stessa reverenza nei confronti della politica che aveva la precedente dirigenza, che in questi giorni si sono mossi attacchi all’indirizzo di Via del Voltone perché ha preso una serie di decisioni sulla base di norme finora inapplicate. Una fra tutte quella che prevede la sospensione degli esponenti di governance delle banche che abbiano a loro carico procedimenti giudiziari oltre alla decadenza di quelli che abbiano subito condanne definitive per ragioni legate ai doveri del proprio ufficio. E che Via del Voltone abbia subito in passato influenze politiche e avesse una certa reverenza, ben lungi dalle dichiarazioni di autonomia dell’istituto che si sono succedute nel tempo, emerge chiaramente dalla sentenza sul caso dei sei miliardi di dollari che dovevano arrivare dal Giappone ed erano destinati ad Asset Banca.

Circa un mese fa sono state depositate le motivazioni della sentenza che ha visto in primo grado condannati l’ex direttore di Bcsm Mario Giannini e l’ex membro della vigilanza Andrea Vivoli, a tre mesi di prigionia, a un anno di interdizione e a dieci giorni di multa per complessivi 500 euro, con la concessione i benefici di legge. Condanna anche al risarcimento del danno da liquidare in sede civile a favore delle parti costituite che, nel caso specifico, sono l’Eccellentissima Camera, quindi lo Stato, e la Banca centrale stessa. Una condanna per la mancata segnalazione di operazione sospetta del trasferimento di 6 miliardi di dollari, di un ungherese che aveva guai con la giustizia, dal Sol Levante al Titano.

Il fatto Il fatto è quello noto, anche se c’è chi tende a voler fare dimenticare, della proposta di transazione da sei miliardi di dollari che un bel giorno del 2013, un paperone ungherese in quattro e quattr’otto riuscì, con la mediazione di Fiorenzo Stolfi, riuscì a portare all’attenzione di Banca Centrale di San Marino. E non solo all’attenzione, dato che l’istituto centrale, secondo le carte, le decisioni della magistratura e del giudice di primo grado, si adoperò fattivamente per rendere possibile quell’affarone tra privati. Così lo sconosciuto ungherese in poco tempo, tramite Stolfi, riuscì ad interfacciarsi con la Segreteria alle Finanze, poi con Banca Centrale e addirittura a intavolare una operazione nella quale era la stessa Bcsm a dover fare l’operazione per conto terzi, fungendo da paravento, quindi, al trasferimento della enorme somma dal Giappone alla Asset Banca di San Marino

La reverenza verso la politica. La sentenza sulla vicenda è esplicita nel descrivere che cosa ci sia stato alla base del comportamento dei due esponenti apicali della Banca Centrale e di una vicenda in cui una operazione commerciale tra privati ha incontrato l’assistenza, la consulenza, la mancata segnalazione e, addirittura, la prospettazione di sostituzione delle parti private che trattano l’affare in modo da portarlo avanti per loro conto. “Quanto alle ragioni del comportamento in questione – scrive il giudice Battaglino nelle motivazioni della sentenza – si ritiene che tale mancanza debba ricollegarsi alla consapevolezza che Matrai era stato “presentato” alla Banca Centrale dal Segretario di Stato alle Finanze Felici, al quale Matrai era giunto attraverso l’ex Segretario di Stato Stolfi. In sostanza fu dunque la reverenza verso l’autorità politica ad indurre gli imputati a non segnalare l’operazione. Sempre per reverenza, si erano astentuti dal richiedere a Fiorenzo Stolfi quelle informazioni che qualunque soggetto designato è tenuto ad acquisire quando si accinge a compiere una qualsiasi operazione. Rispetto poi a quanto osservato dalla difesa di Vivoli deve essere evidenziato che Vivoli, sin dal primo incontro, venne messo al corrente delle finalità e modalità dell’operazione e seguì direttamente gli sviluppi della trattativa. Dopo l’incontro del 20 marzo 2013 a Palazzo Begni, il Direttore di Banca Centralesi avvalse di Vivoli per lo studio dell’operazione. A tal fine gli trasmise in modo sistematico tutte le comunicazioni ricevute
tramite email aventi ad oggetto l’«iniziativa Gyorgy Matrai» (Giannini-Vivoli email 8.4.2013). In esecuzione dell’incarico ricevuto da Giannini, Vivoli raccolse le informazioni sul conto di Matrai tramite Interpol e AIF. In risposta alle sue richieste ricevette informative da cui emergevano
evidenti elementi pregiudizievoli. Inoltre contrariamente a quanto rappresentato, il ruolo di Vivoli non fu nemmeno marginale. Egli anzi fu il reale motore dell’iniziativa, dosò e selezionò con dovizia le informazioni ricevute, trasmettendo, ad AIF e a Interpol, solo una parte (neppure decisiva) dei dati in suo possesso, omettendo di fornire dettagli sulla reale consistenza dell’operazione, sulle modalità attuative, sul ruolo assegnato  a Banca Centrale in una operazione di natura prettamente “privata”, ma con una facciata istituzionale. Fu proprio Vivoli, inoltre, a predisporre le comunicazioni poi trasmesse a firma del Direttore Mario Giannini all’Ambasciatore Manlio Cadelo e ad intrattenere i rapporti con quest’ultimo, unitamente a Giannini. Vivoli venne informato anche degli elementi di anomalia che l’Ambasciatore Cadelo non tardò ad evidenziare. Non rileva poi che Vivoli non fosse a conoscenza di precedenti contatti di Matrai con Fiorenzo Stolfi, perché tale circostanza non gli è stata affatto addebitata. (…) In ogni caso che dietro questa operazione ci fosse Fiorenzo Stolfi, Vivoli lo sapeva sin dall’incontro avvenuto nel marzo 2013. Nonostante gli imputati si siano professati molto attivi nell’accertare la reale consistenza dell’operazione, non risulta che abbiano mai posto domande sulle ragioni per le quali l’investitore fosse accompagnato da Fiorenzo Stolfi e sui rapporti esistenti tra Matrai e lo stesso Stolfi”.

La reale finalità dell’operazione Lo scopo dell’operazione era trasferire sei miliardi ad Asset Banca e in Bcsm, secondo il giudice, lo sapevano bene. Per il giudice lo sapevano pure i vertici di Asset, direttore e presidente, che hanno dichiarato che l’operazione sarebbe stata impossibile da gestire per qualsiasi banca sammarinese. Affermazione alla quale il giudice, però, non crede, né la condivide. “Vivoli e Giannini pur ignorando il contenuto della corrispondenza intrattenuta da Matrai (e dai suoi consulenti) e da Stolfi (e dai suoi collaboratori), isponevano di informazioni dettagliate anche sulla reale finalità dell’operazione – scrive nelle motivazioni della sentenza il giudice di primo
grado – Il trasferimento a una banca privata e il ruolo di mera copertura assegnato a Banca Centrale, infatti, erano stati chiaramente rappresentati, oltre che nelle suddette e-mail, anche nell’incontro presso la Segreteria alle Finanze (marzo 2013). Tanto Gianni quanto Vivoli, sapevano che “lo scopo finale [era] quello di far transitare gli asset già liquidi attraverso la Banca Centrale fino alla Banca Privata in San Marino” e che l’intervento di Banca Centrale serviva per ottenere l’apertura di un conto presso la Banca del Giappone, la quale tuttavia avrebbe dovuto rimanere all’oscuro della reale finalità commerciale sottesa all’operazione “As for opening an account at BoJ (Bank of Japan)
[ … ] there is only a possibility to do so. That is to request by a diplomatic official of SM or by the Central Bank of SM directly. And the account should be for policy-based finance only. It is very important to know that BOJ or The Central Bank of SM do not get involved in commercial
fmance andj or related accounts by statue”; (Matrai-Felici e da questi a Giannini e Vivoli, email 11.5.2013)”. Il messaggio, traducendo, diceva quindi: “Per quanto riguarda l’apertura di un conto presso Banca del Giappone c’è solo una possibilità di farlo. Che è quello di una richiesta da un funzionario diplomatico di San Marino o dalla Banca centrale di San Marino direttamente. E il conto dovrebbe essere solo istituzionale. E’ molto importante sapere che Banca del Giappone o La Banca centrale di SM non vengono coinvolti nella finanza commerciale e/o conti correlati”
Così il giudice ritiene che gli imputati abbiano “utilizzato le prerogative proprie della funzione ricoperta in seno al Coordinamento di vigilanza per svolgere attività che esulavano dalle funzioni proprie di tale organo e avvalendosi di poteri che non avrebbero potuto essere utilizzati
per una attività di natura commerciale”.

I soldi dovevano finire ad Asset Banca Il giudice ancora afferma: “Non era un mistero per nessuno degli imputati, dunque, che i soldi sarebbero finiti in Asset Banca.
Solo Vivoli ha negato di conoscere tale circostanza, ma in ciò è stato contraddetto dalle altre persone presenti all’incontro. Per verità anche il Direttore di Asset Banca ha negato che i fondi fossero destinati al suo istituto, usando un argomento che, tuttavia, non appare convincente.
Invero secondo il Rag. Stefano Ercolani, né Asset Banca (né qualunque altro istituto di credito) avrebbe potuto ‘sostenere’ il deposito di una somma così elevata. La fattibilità dell’operazione – secondo Ercolani – era esclusa dall’eccessiva onerosità degli interessi che avrebbero dovuto essere corrisposti al depositante. Anche una retribuzione minima (1%) sarebbe stata troppo gravosa per qualunque istituto se commisurata a 6 miliardi di dollari. Ma in realtà questo ragionamento oltre a non essere convincente non è nemmeno in linea con le finalità perseguite da ogni istituto bancario. Non è infatti pensabile che un istituto remuneri un deposito senza “investire” la relativa provvista. Perciò se, a fronte di un deposito, l’istituto riconosce un interesse dell’l %, senza dubbio il guadagno conseguito su quel deposito, per quanto minimo, è superiore a quell’l %. In altri termini se è ingente la somma da corrispondere al cliente, ancor maggiore è il profitto che ne trae la banca.

In ogni caso sono inequivoche le indicazioni che si leggono nelle email, da cui emerge anzi come Fiorenzo Stolfi gestisse in proprio le “operazioni” che coinvolgevano Asset Banca, senza necessità di confrontarsi preventivamente con la relativa direzione (“We have got the final green light and the cash backing the operation. I have to visit you in San Marino and finalize our account opening procedure at Asset Banca”- Matrai – Stolfi 13.5.2014)” La cui traduzione traduzione è: “Abbiamo ottenuto il via libera finale e il denaro sostegno dell’operazione. Devo farvi visita a San Marino e finalizzare la procedura di apertura del conto presso Asset Banca”. Prosegue la sentenza: “Il Presidente di Asset Banca avrebbe dovuto limitarsi a “sottoscrivere l’impegno”. Il trasferimento in Asset Banca era un punto concordato già all’inizio delle trattative (“cerchiamo di ottenere i moduli per l’apertura dei conti in Asset Banca e farglieli firmare, lui porterà tutti i documenti per la compliance” e-mail Vitali-Stolfi 14.3.2013), con tanto di riconoscimento di “una remunerazione pari all’l% del valore del deposito” a favore di colui che aveva procacciato il deposito”, scrive il giudice.

La sentenza è stata impugnata ed è atteso l’appello. Certo è che, al di là di qualsiasi esito sul piano penale, il quadro della reverenza della Banca Centrale di allora alla autorità politica rimane un dato emblematico del quale, nonostante i guasti che ha prodotto, in tanti oggi paiono avere nostalgia.

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