San Marino. Riciclaggio da 2,4 milioni frutto di bancarotta, tre condanne

San Marino. Riciclaggio da 2,4 milioni frutto di bancarotta, tre condanne

L’informazione di San Marino

Riciclaggio da 2,4 milioni frutto di bancarotta, tre condanne

Antonio Fabbri

In sette erano finiti sotto pro­cesso per riciclaggio di circa 2,5 milioni ritenuti frutto di banca­rotta fraudolenta. Di questi uno è stato assolto, due sono stati prosciolti, uno è nel frattempo è deceduto e sono stati condannati in tre.

La vicenda trattava del rici­claggio di denaro proveniente dalla bancarotta della Rolsat srl, una società di Pescara operante nell’ambito del traffico telefonico attraverso i servizi a pagamento 899. Bancarotta commessa da Rolando Antonuc­ci che sul Titano, tra l’altro, era socio della finanziaria Uno s.a, posta in liquidazione coatta nel novembre 2011.  Nell’udienza di ieri, terminata l’audizione degli imputati, si è passati alle conclusioni. 

Le conclusioni del Procuratore del Fisco Il Pf Roberto Cesarini ha ricostruito le modalità con le quali le somme contestate sono state, secondo l’accusa, riciclate. “Sono state versate sulla base di fatture false a San Marino emesse da società di comodo per poi trasferirle alla Uno
s.a. di cui era socio, per poi poter tornare in possesso della liquidità”.

Di qui la richiesta di condanna per gli imputati, a parte Poloni per il quale ha chiesto l’assoluzione. Così per Maurizio Passerini, romano di 43 anni; Paolo Lo Bruto, 47enne pure lui di Roma; Massimo Castellani, cinquantenne e Francesca Calvaresi, 40 anni di Aprilia, il procuratore del fisco ha chiesto la condanna a 2 anni e 6 mesi, applicando la pena più lieve tra quella per il riciclaggio e quella per il reato presupposto, essendo i fatti contestati commessi a cavallo tra la vecchia e la nuova normativa. Per Mauro Fontana, amministratore della Uno sa, ha invece
chiesto 4 anni e 3 mesi. Chiesta anche la condanna alla confisca per equivalente fino alla concorrenza di 2.433.851,64 euro, non essendoci somme sequestrate.

Le difese L’avvocato Belli, difensore di Fontana, ha sottolineato dal canto suo, come non vi siano prove sul reato presupposto. Anzi, il procedimento italiano passato da Civitavecchia a Pescara, “ancora è alla fase delle indagini preliminari. Non ci sono elementi nel fascicolo
che consentano di stabilire la provenienza da bancarotta. Al più, come ha detto il Pf, abbiamo segnali di allarme che però al massimo possono evocare il sospetto, non la prova”, ha detto l’avvocato. Di qui la richiesta, cui si è associato il collega Paolo Reffi, di assoluzione.

Sulla stessa linea anche le altre difese sostenute dagli avvocati Federico Fabbri Ercolani con il collega italiano, Alessandro Scarano e Nicola Maria Tonelli. L’avvocato Antonio Belloni, ha sostenuto, poi, come la condotta del proprio assistito, Poloni, non fosse assolutamente riconducibile alla contestazione mossa, essendosi trattato di un unico episodio ed evidenziando come il suo assistito non fosse conosciuto da nessuno dei soggetti che hanno ruotato attorno alla vicenda. Considerazioni evidentemente condivise dal Pf, prima, e dal Giudice, poi.

La sentenza Dopo la Camera di consiglio il giudice Roberto Battaglino ha pronunciato la sentenza con la quale ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di Enzo Santarelli, deceduto. Poi ha prosciolto Castellani e Calvaresi, ritenendoli compartecipi nel reato presupposto ed essendo i fatti contestati loro precedenti all’entrata in vigore della legge sull’autoriciclaggio.

Assolto per insufficienza di prove, invece, Alberto Poloni. Sostanzialmente accolte, seppure leggermente ritoccate, le richieste del Pf per Lo Bruto e Passerini, con la condanna per ciascuno a 2 anni e 2 mesi di prigionia e 2 anni e mezzo di interdizione, riconoscendo l’applicazione della pena più favorevole al reo tra quella prevista per il riciclaggio e quella per il reato presupposto, in considerazione del periodo a cui risalgono i fatti contestati.

La pena più salata è stata invece comminata all’ex amministratore della finanziaria Uno, Mauro Fondata, che il giudice ha condannato a 4 anni e 2 mesi, 100 euro di multa e un anno e mezzo di interdizione. Disposta anche la confisca per equivalente per oltre 2,4milioni come richiesto dal Pf.

Già preannunciato l’appello.

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