San Marino. Carisp: fondi destinati dallo stato per ricapitalizzare, usati per coprire perdite.

San Marino. Carisp: fondi destinati dallo stato per ricapitalizzare, usati per coprire perdite.

L’informazione di San Marino

Dalla relazione sulla partecipazione dello Stato in Cassa emergono nuove gravi irregolarità

Carisp: fondi destinati dallo stato per ricapitalizzare, usati per coprire perdite

Antonio Fabbri

Non solo la diminuzione del valore delle azioni date a pegno a garanzia del finanziamento di 60milioni erogato dallo Stato a Cassa di Risparmio, con conseguente diminuzione della garanzia per l’Eccellentissima Camera all’insaputa della stessa, ma anche l’utilizzo in violazione di legge di una parte cospicua degli 85 milioni che sarebbero dovuti servire, tutti, per il rafforzamento patrimoniale di Carisp. Parte cospicua utilizzata per la copertura delle perdite anziché per l’aumento di capitale con una operazione contabile che ha visto stabilire un sovrapprezzo del quale, nell’approvazione delle norme ad hoc per il sostegno a Cassa da parte del Consiglio Grande e Generale, non era stata fatta menzione.

Questa è un’altra operazione preoccupante che risulta dalla relazione depositata lo scorso agosto 2016 e richiesta dal precedente governo, ma mai emersa fino ad oggi, nonostante l’urgenza con la quale era stata commissionata dall’Esecutivo dell’epoca. La relazione, stilata dai tre professionisti incaricati – gli avvocati Nazzareno Bugli, Orietta Berardi e Marco Giancarlo Rossini – aveva ed ha lo scopo di valutare se gli impieghi erogati dallo Stato a favore di Carisp corrispondano ad una effettiva partecipazione della Camera alla compagine sociale. Tuttavia fa anche emergere come delle decisioni determinati siano state prese in Carisp a svantaggio dello Stato. 

Lo stanziamento di 85milioni per l’aumento di capitale Dopo la prima operazione di finanziamento da 60 milioni, le cui garanzie di pegno sulle azioni di Cassa detenute dalla Fondazione sono – si scopre oggi –  diminuite  con una riduzione di capitale effettuata all’insaputa della Camera e senza alcuna motivazione “giuridico-autorizzativa”, lo Stato decise di sostenere ancora il capitale della Cassa. Questa volta con la sottoscrizione di partecipazioni azionarie per un importo complessivo di 85 milioni. Per farlo approvò nel 2013 apposite norme inserite nella legge numero 153 di quell’anno. Queste norme prevedevano la sottoscrizione di azioni di nuova emissione per un aumento di capitale da effettuarsi in due  tranche: la prima con l’acquisto di azioni per un milione di euro, e la seconda in una fase successiva, ma con il deposito dei restanti 84 milioni di euro in un apposito fondo in “conto aumento futuro di capitale di Cassa di risparmio”. Questo fondo doveva essere convertito in azioni sulla base di un piano pluiriennale concordato con Banca Centrale.

Violazione di legge e fondi per la ricapitalizzazione usati per coprire le perdite Un percorso lineare e “semplice”, viene definito quello tracciato dalla legge  nella relazione. Sennonché l’Assemblea di Cassa di Risparmio il 30 dicembre 2013, nella destinazione dei fondi erogati dallo Stato, disattese la legge. In quella data l’Assemblea, “prendendo atto dell’ennesima perdita di esercizio” e della necessità di copertura di questa, deliberò, per gli 85 milioni, una operazione diversa da quella prevista dalla legge approvata dal Consiglio Grande e Generale. L’operazione, varata dall’Assemblea della vigilia di San Silvestro, stabilì un sorvapprezzo, pure questo non previsto nei provvedimenti e nei deliberati, per l’acquisto delle azioni e istituì una ulteriore riserva di sovrapprezzo, anche questa non prevista dal dettato normativo, alla quale attinse per coprire i buchi di esercizio. Insomma si crearono “riserve di sovrappezzo” alle quali attingere per coprire le perdite.

Una operazione della quale la relazione dei tre professionisti ricostruisce nel dettaglio gli importi e che nella sostanza porta da un lato alla previsione di una “inspiegabile riserva di sovrapprezzo” e dall’altro all’utilizzo “di una parte consistente delle somme effettivamente erogate a Carisp (precisamente euro 38.636.335) in contrasto con l’articolo 13 della legge 31 ottobre 2013 n.153 che prevede espressamente che l’intervento di rafforzamento patrimoniale della casa, avesse ad oggetto la sottoscrizione di azioni di nuova emissione conseguenti all’aumento del capitale sociale”. La relazione rileva che se le somme fossero state utilizzate secondo con le modalità stabilite dalla legge, lo Stato avrebbe ottenuto una partecipazione effettivamente rispondente agli 85 milioni erogati.

Duplice effetto negativo per lo Stato Si evince che per lo Stato la deliberazione della vigilia di San Silvestro ha avuto un doppio effetto negativo: da un lato ha stabilito un sovrapprezzo e delle operazioni contabili non previste, destinando risorse erogate per la ricapitalizzazione alla copertura delle perdite di esercizio; dall’altro influendo sulla partecipazione dello Stato alla compagine sociale, penalizzandolo nella sua percentuale di quote e sulla possibilità di incidere sulle scelte societarie.

“La deliberazione assembleare del 30 dicembre 2013, tradisce e viola, perlomeno nelle modalità attuative, la ratio” della legge, scrivono i professionisti incaricati.

Così “il risultato ottenuto con le citate deliberazioni – si legge nella relazione – insinua dubbi sulla legittimità degli atti e delle deliberazioni compiute, attesa la loro evidente contrarietà alla legge ed anche alle deliberazioni del Congresso di Stato”. Decisioni dell’Assemblea di Cassa che hanno finito per incidere negativamente anche sulla quota di partecipazione dello Stato in Carisp, che ad oggi non rispecchia il capitale (283milioni) effettivamente impiegato dall’Eccellentissima Camera.

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