San Marino. I Fatti di Rovereta, Gloria Giardi lunedì 22 maggio 2017

San Marino. I Fatti di Rovereta, Gloria Giardi lunedì 22 maggio 2017

L’informazione 

Il Socialista di Rovereta

Gloria Giardi

Sono orgogliosamente nipote di Alvaro Casali, (1896/1978), protagonista indiscusso dapprima dell’antifascismo a San Marino, e successivamente dei fatti di Rovereta. Perseguitato a San Marino dal fascio per le sue idee socialiste, fu costretto a stabilirsi a Forlí; in seguito si rifugiò in Francia con la moglie ed i quattro figli, l’ultimo dei quali di appena 40 giorni. Ritornato in patria, nel 1944 fu vittima a Borgo Maggiore di un agguato delle squadracce fasciste e miracolosamente sopravvisse ad un proiettile che lo colpì, ma per fortuna si fermò ad un centimetro dal cuore. Alla fine della seconda guerra mondiale fu uno dei protagonisti del ritorno del Paese alla vita democratica. Da segretario del PSS con i suoi ideali di socialismo e di libertà, sostenne con passione la maggioranza socialcomunista. I contrasti con la sinistra massimalista iniziarono quando, insieme ai socialisti di tutta Europa, iniziò a condannare apertamente i crimini staliniani, finalmente svelati, e l’imperialismo sovietico, che nel 1956 in Polonia ed Ungheria aveva soffocato nel sangue ogni sussulto di democrazia.

Gli eventi sulla scena internazionale, da un lato, e la drammatica situazione politica ed economica del nostro Paese, dall’altro, indussero Alvaro Casali a staccarsi dolorosamente dal proprio partito e dalla maggioranza socialcomunista, che non accettava le sue posizioni critiche nei confronti dei regimi comunisti.

Fondò quindi il Partito Socialista Indipendente, aprendo la strada a nuove alleanze e consentendo la formazione di una nuova maggioranza consigliare. In quegli anni di guerra fredda la nuova maggioranza democratica ricevette il plauso e l’appoggio del mondo occidentale, Stati Uniti d’America ed Italia in primis, mentre i socialcomunisti furono strenuamente sostenuti dall’URSS e dal PCI. Il Paese visse mesi drammatici: l’ex maggioranza socialcomunista non intendeva in alcun modo cedere il potere: dapprima tentò di utilizzare le dimissioni in bianco carpite a mio nonno ed ai suoi compagni. Poi si giunse addirittura alla chiusura delle porte del Palazzo per impedire la costituzione della nuova maggioranza, la quale infatti costituì in un capannone di Rovereta il governo ‘provvisorio’. Unico caso nella storia fu impedito anche l’insediamento della nuova Reggenza il 1° ottobre, tanto che l’investitura dei Reggenti Franciosi e Micheloni poté avvenire solo nel novembre 1957. L’epilogo di questi eventi è noto a tutti: la nuova maggioranza costituita da Democrazia Cristiana, Partito Socialista Indipendente, Partito Socialdemocratico ed altri indipendenti fuoriusciti dal PCS, poté finalmente entrare a Palazzo il 14 ottobre 1957 in mezzo ad una folla in festa, e seppe garantire al Paese sviluppo sociale e benessere negli anni successivi.

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Durante i fatti del ‘57 a casa nostra c’era paura: gli uomini della nostra famiglia erano quasi sempre a Rovereta, le donne rimanevano sole a casa con i bambini: mia madre al culmine della tensione ritirò mia sorella maggiore dall’asilo e, procuratasi un fucile senza cartucce, si barricò in casa con noi due figlie. Antonia Casali, la mia coraggiosa nonna che durante la guerra aveva affrontato anche le S.S., in quel frangente sosteneva come poteva i Roveretiani: la sua tavola era sempre imbandita con generosità nonostante i pochi mezzi di allora e dispensava tagliatelle, insieme ad abbracci, conforto ed incoraggiamento a tutti coloro che intervenivano alle riunioni politiche in casa sua.

Nel 1957 avevo a malapena due anni; eppure ancora oggi i ricordi tramandati mi fanno amare quegli anni difficili quanto meravigliosi, in cui ideali, passione e amore per la repubblica – e nient’altro – accendevano gli animi e guidavano l’operato della politica e dei cittadini. Ho trascorso gli anni del liceo litigando con i miei amici di estrema sinistra e discutendo di Rovereta, ma anche della repressione sovietica contro Sacharov e Solgenitsin; contestavo rispettosamente, ma apertamente, il Preside professor Federico Bigi che ciononostante mi invitò ad aprire le danze con lui in un veglione al Kursaal; apprezzavo e temevo la professoressa Clara Boscaglia; chiacchieravo di storia, filosofia e grandi sistemi con il professor Fernando Bindi; mi appassionavo all’arte con Carla; scelsi la professione forense grazie alle lezioni di diritto del Commissario Emiliani.

Gli anni dell’Università invece sono serviti (anche) ad affrontare il travaglio interno del Partito Socialista nostrano: l’amico Daniel Giacomini era il nostro ‘avversario’ nelle discussioni roveretiane che tenevamo nello striminzito appartamento universitario. Non abbiamo mai tratto conclusioni e non ci siamo mai insultati, anche se Daniel da una parte e noi dall’altra siamo tenacemente rimasti attaccati alla storia roveretiana narrataci dalle rispettive famiglie e parti politiche. Anche di recente ci siamo incontrati per scambiarci  documenti e corrispondenza intrattenuta fra i nostri nonni; ho così conosciuto ed apprezzato il lato famigliare ed intimo di suo nonno Gino Giacomini, e Daniel può appagare le sue curiosità storiche interrogando mia madre su mio nonno Alvaro e gli avvenimenti di cui è stato protagonista.

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Un’Istanza d’Arengo che sarà discussa nelle prossime settimane chiede che venga apposta una lapide nel Palazzo con la seguente iscrizione “Il XIV ottobre MCMLVII, sovvertita la volontà popolare, venduta allo straniero la millenaria libertà della Repubblica, rovesciato con l’armi forestiere il governo legittimamente eletto dal popolo, i traditori ed usurpatori della democrazia entrarono padroni in questo palazzo. A perpetua ignominia i sammarinesi posero XIV ottobre MMXVII.”

Lascio al Consiglio Grande e Generale di giudicare se Alvaro Casali meriti PERPETUA IGNOMINIA o piuttosto gratitudine, se sia stato un eversivo TRADITORE della patria, USURPATORE DELLA DEMOCRAZIA o piuttosto uno strenuo difensore della libertà. La storia ha dato ragione ad Alvaro Casali ed agli amici e compagni che lo sostennero: l’affermazione delle libertà di opinione è patrimonio di ogni democrazia; l’anatema politico e le purghe di stampo sovietico verso i dissidenti sono aborriti dalle democrazie; il mondo intero e tutta la sinistra hanno via via condannato la dittatura sovietica ed il comunismo. Dal canto suo San Marino ha per fortuna saputo gestire democraticamente le successive crisi politiche, senza lanciare anatemi contro nessuno, nel rispetto degli ideali e delle scelte politiche di ciascuno.

La storia maestra di vita saprà certamente leggere gli avvenimenti con il dovuto distacco, diversamente da coloro che oggi, calpestando le libertà per le quali mio nonno ed altri si sono battuti, vorrebbero additare a ‘perpetua ignominia’ gli uomini di Rovereta.

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