San Marino. Trascinano San Marino a Strasburgo… ma la corte dà ragione al Titano. Antonio Fabbri

San Marino. Trascinano San Marino a Strasburgo… ma la corte dà ragione al Titano. Antonio Fabbri

L’informazione di San Marino

Trascinano San Marino a Strasburgo… ma la corte dà ragione al Titano

Antonio Fabbri

Strasburgo dà ancora ragione allo Stato di San Marino. Questa volta verso Marco Severini e il suo avvocato Achille Campagna. Il legale è ritenuto anche dallo stesso suo assistito un esperto di ricorsi presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. E’ tuttavia la terza volta nel giro di pochi mesi che si vede un ricorso bocciato da Strasburgo. E’ accaduto nei casi Podeschi, Vannucci e, appunto, Severini contro San MarinoQuesta volta la Corte dichiara il ricorso addirittura inammissibile e, in più, non risparmia qualche tirata d’orecchi al ricorrente e al suo legale.

Il caso
Severini, direttore del sito giornalesm, aveva trascinato la Repubblica di San Marino davanti alla Corte di Strasburgo dopo avere subito una condanna definitiva a suo carico per diffamazione, emessa nell’ottobre del 2013 dal Tribunale sammarinese. Condanna per la quale non ha ancora risarcito i danni. 

Davanti alla Corte, tramite l’avvocato Achille Campagna, il ricorrente ha sollevato la violazione del diritto di difesa. Nel procedimento sammarinese, apertosi nel 2010, dopo essere stato inizialmente ascoltato dal giudice inquirente come testimone, in seguito all’audizione di un altro teste, al Severini era stata consegnata la comunicazione giudiziaria. Era diventato, quindi, indagato ed era stato poco dopo rinviato a giudizio. Il ricorrente ha quindi lamentato di non avere avuto il tempo di difendersi davanti all’inquirente, ritenendo dunque la fase istruttoria viziata. La Corte di Strasburgo, dal canto suo, non è stata dello stesso avviso, evidenziando, tra l’altro, come sia nell’ultima tranche della fase istruttoria, ma anche nel dibattimento di primo grado e poi in appello, ci sia stata la possibilità, da parte dell’imputato, di fare valere la propria difesa.

La tirata d’orecchi sul ricorso Non c’è dubbio che anche la confusa presentazione del ricorso abbia avuto, oltre all’inconsistenza del merito, un suo peso nel rigetto da parte della Cedu. La stessa Corte lo dice chiaramente e afferma che “il ricorrente sembra lamentarsi, anche se in termini poco chiari”, della violazione dell’articolo 6 della Cedu, violazione, appunto, del diritto di difesa.

Ma non fisce qui. “La Corte può solamente constatare, come pure le autorità nazionali, che le denunce del ricorrente – si legge nella decisione Cedu – sono presentate in modo confuso e che nessuna spiegazione è minimamente compatibile con le specifiche parti della disposizione richiamata. La Corte osserva che le domande possono essere ad essa presentate nelle lingue degli Stati membri del Consiglio d’Europa e che, nelle fasi iniziali della procedura davanti alla Corte, non esiste alcun obbligo di utilizzare le lingue ufficiali della Corte stessa, inglese o francese. Per garantire una prospettiva di successo di un ricorso – aggiunge – spetta al richiedente conformarsi ai requisiti di cui all’articolo 47 e presentare una denuncia nel modo migliore possibile, sostenendola con argomenti pertinenti e chiari”. Come dire: la prossima volta presentate almeno ricorso in italiano, così da spiegare alla Corte magari in maniera meno confusa, dove si intende andare a parare.

L’inammissibilità Al di là della presentazione confusa del ricorso da parte del Severini e dell’avvocato Campagna – che risulta tra l’altro iscritto all’albo dei traduttori presso il Tribunale sammarinese e che anche in una delle ultime udienze Mazzini ha fatto notare di avere in piedi un ricorso addirittura contro l’Italia per conto di un suo assistito d’oltre confine – la Corte ha rigettato la domanda anche nel merito. Infatti la Corte evidenzia che, seppure inizialmente il Severini sia stato ascoltato come testimone dall’inquirente, la contestazione di reato nei suoi confronti è poi maturata e intervenuta successivamente all’interrogatorio di un altro testimone. E’ stato in seguito alle risultanze di quell’interrogatorio – spiega la Corte – che è stata notificata la comunicazione giudiziaria e l’indagato è stato poi interrogato con l’assistenza del suo legale. Non vi è dunque per la Corte alcuna violazione dei diritti tutelati dalla Convenzione.

Quindi la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, esaminato il caso nella seduta del 30 maggio 2017, ha all’unanimità respinto la domanda dichiarandola manifestamente infondata e dichiarando inammissibile il ricorso. La sentenza è stata pubblicata lo scorso 22 giugno 2017.

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy