San Marino. Mazzini, “sistema” per lucrare gestendo la cosa pubblica, dalla sentenza

San Marino. Mazzini, “sistema” per lucrare gestendo la cosa pubblica, dalla sentenza

L’informazione di San Marino

Mazzini “sistema” per lucrare gestendo la cosa pubblica

Antonio Fabbri

Le motivazioni della sentenza conto Mazzini danno conto “dell’esistenza di un “sistema” piuttosto diffuso” di gestione “della cosa pubblica, che passava attraverso il ruolo necessario dei politici più in vista, finalizzato a lucrare somme in via personale ed a mantenere in piedi la stessa struttura politicaeconomica di supporto”. Nella parte in cui viene motivata la sussistenza dell’associazione a delinquere il giudice sgombra subito il campo da ogni dubbio: “Nessun dubbio può porsi sul fatto che Giuseppe Roberti, Claudio Podeschi e Fiorenzo Stolfi abbiano scientemente e volontariamente (probabilmente) costituito e (senza dubbio) aderito al sodalizio”.

Il giudice Gilberto Felici ricostruisce quindi, anche attraverso i contatti  di messaggistica telefonica, i rapporti tra gli imputati, in particolare nel periodo caldo delle indagini, quando cioè era noto che l’inchiesta era aperta. “I tentativi delle difese di misconoscere la collaborazione con il faccendiere non possono essere condivisi. Mentre non è nemmeno contestata la stretta frequentazione in essere tra Stolfi e Podeschi, nonostante la diversa collocazione politica: ancora a pochi giorni dall’arresto di Podeschi (13 e 14 giugno 2014) Podeschi cerca Fiorenzo Stolfi, per trattare all’evidenza affari comuni: “Fiore, sei riuscito a concordare appuntamento con il nostro amico? Fammi sapere, così mi so regolare. .. claudio” (13 giugno 2014, h. 13:10), “ciao Fiore, ho provato a tel. ci sentiamo? . claudio” (14 giugno 2014, h. 10:48). Fiorenzo Stolfi dice chiaramente di conoscere Giuseppe Roberti, laddove rappresenta di averlo avuto come “interlocutore” politico tutte le volte in cui si rapportava con la Democrazia Cristiana: legittimandone, quindi, il ruolo”. Poi viene fatto il quadro degli incontri, quelli già emersi, che videro protagonisti Roberti, Gatti e Podeschi, nei quali si intavolò una strategia per deleggittimare i giudici, riesumando il caso dell’evasione La Pietra, con ricosrtuzioni che, sottolinea il giudice, furono subito gli stessi interlocutori che si ascoltano nelle registrazioni di Roberti, a valutare non credibili. Ricostruzioni che il giudice dunque valuta come sicuramente non veritiere, ma funzionali ad un disegno di delegittimazione degli inquirenti. Deve fare riflettere, quindi che, ancora recentemente, queste ricostruzioni siano state richiamate da taluno anche in Consiglio Grande e Generale.

Altri messaggi Poi, per spiegare i fitti collegamenti tra gli imputati nei periodi in cui l’indagine andava avanti, il giudice Felici riporta una serie di messaggi tra i sodali: “Così Giovanni Lonfernini riferisce della “telefonata mattiniera di Claudio Podeschi”; stimola Fiorenzo Stolfi a chiamare Giuseppe Roberti (a conferma dei rapporti tra i due); informa Stolfi del fatto che faranno una conferenza stampa, chiedendogli di intercedere con il giornalista David Oddone (“se domani viene e ci fa domanda sulla questione Mazzini?”), richiesta immediatamente accolta (“si, così mi dici anche cosa deve chiedere di preciso, David…”) desumendosi quindi che egli disponesse anche della benevolenza del giornalista, il cui contributo benevolo viene nuovamente richiesto mesi dopo (“lavora, se puoi, anche su David, domani la sinfonia dei giornali è tutta orientata contro di noi”); chiede se ha provveduto a denunciare un altro giornale; nuovamente si preoccupa delle sorti di quel giornalista (“adesso rinviano a giudizio anche David Oddone? mah … “); organizza appuntamenti congiunti – altro “trasversalismo” politico, altra determinazione individuale senza delibera del partito, altro spunto del fatto che il legame con gli associati prevaricava l’appartenenza politica – con altri esponenti politici (“quando possiamo vederci con Augusto e Simone?”). Fiorenzo Stolfi, dal canto suo e sempre rivolgendosi a Lonfernini, è quello che detta la strategia, non però ai suoi colleghi di partito (“dobbiamo seguire la linea intelligentemente tracciata dalla Dirigente. Lei è molto più avanti… e la Cupo [giornalista locale, ndr] ha fatto il suo gioco rimarcandola. Sosteniamo il Magistrato Dirigente e la sua linea tracciata con la relazione”); ed è quello che immediatamente si compiace (“la classe non è acqua”), all’atto dell’arresto di Claudio Podeschi, rispetto ad uscite mediatiche di critica verso gli inquirenti (Enrico Lazzari)”, scrive il giudice nelle motivazioni della sentenza, riportando passaggi significativi dal punto di vista non solo penale, ma anche socio-politico.

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy