A distanza di oltre un mese dal deposito delle motivazioni della sentenza Conto Mazzini, perdura, scandalosamente, il silenzio della politica e della società civile. Eppure di sollecitazioni ce ne sarebbero tante. Basta scorrere, per trovarne a iosa, i volumetti di Antonio Fabbri su detta sentenza (Carlo Filippini editore; oggi esce il 6°, terza parte; €5).
Al momento dell’arresto, a Fiorenzo Stolfi – oltre alla valigetta con i 934mila euro, argent de poche – gli è stato trovato un documento di Asset Banca, a firma del Presidente Stefano Ercolani. Il documento attesta la decisione di “rinunciare alla azione di responsabilità verso l’amministratore Giuseppe Roberti per l’opera da lui svolta quale amministratore di Banca Commerciale Sammarinese” (Bcs), acquisita appunto da Asset Banca, coi soldi dello Stato.
Tale ‘grazia’ a Roberti è stata concessa a seguito di una specifica deliberazione dell’Assemblea degli Azionisti di Asset Banca oppure era già prevista negli atti di passaggio – ancora segreti – di Bcs ad Asset Banca? Cosa c’entra Stolfi nella concessione della ‘grazia’?
Roberti – un italiano che qui non aveva “nessun ‘munus publicum’” – fungeva “da ‘collettore di tangenti’” nel sottobosco politico affaristico sammarinese, utilizzando, come un ‘dominus’, Bcs e relativa galassia. Conservava le somme e le distribuiva “alla bisogna”. Gestiva, insomma, “una sorta di ‘cassa’ dell’associazione” o “gruppo criminale”.
La politica non ha più motivo per rimandare la nomina di una commissione consiliare con funzioni d’inchiesta (come nel 2012 fu quella sulle infiltrazioni della criminalità organizzata), al fine di accertare i danni derivati allo Stato da tutta la vicenda Bcs e relativa galassia, compresi quelli conseguenti a un uso distorto del credito di imposta.
Marino Cecchetti