La bozza della legge salvabanche, l’indirizzo politico e i tecnici. Antonio Fabbri

La bozza della legge salvabanche, l’indirizzo politico e i tecnici. Antonio Fabbri

L’informazione di San Marino

La bozza della legge salvabanche, l’indirizzo politico e i tecnici

Interrogativi su un corto circuito consumato in amplissimi tavoli dei quali si invoca una impossibile riservatezza

Antonio Fabbri

Il problema non è chi abbia fatto uscire la bozza, avuta in via informale anche dalle associazioni dei consumatori, che si può pure intuire da dove possano averla attinta. Il problema non è la fuga di notizie su un documento presentato su tavoli, più che allargati, sbragati come non mai. Il problema è se in quella bozza, o documento di lavoro che dir si voglia, ci siano oppure no profili che richiamano il bailin, come hanno sottolineato le associazioni dei consumatori. Il problema è che quei profili, a meno che non si voglia dire che le associazioni dei consumatori si inventino le cose, ci sarebbero. Che la politica non li voglia, è un altro paio di maniche, che non si possono però non infilare per fare un ragionamento completo. Infatti, se così è, c’è da chiedersi perché gli organismi tecnici non abbiano tenuto in minimo conto gli indirizzi politici, che sono noti non dall’altro ieri, ma praticamente da sempre. 

Ora, se sulla taumaturgica presidenza di Banca Centrale non si può dire nulla perché pare equivalga a bestemmiare la Beata Vergine, si potrà però constatare, senza essere accusati di blasfemia, che è almeno dall’estate scorsa che il pallino del bail-in frulla nelle stanze alte di Via del Voltone. Il problema è che chi le leggi le deve promuovere, elaborare e approvare, è il Consiglio, la maggioranza o l’opposizione, o il Governo. E allora perché se la politica ha dato un indirizzo diverso, i tecnici di supporto non lo hanno recepito? Incomprensione? Ci si è spiegati male? Non ci si è spiegati affatto? Oppure, ma ci si sente di escluderlo, altri apparati dello Stato mirano a sostituirsi alla politica nel fare le leggi? Si potrebbe pure spiegare che i tecnici seguono i parametri internazionalmente riconosciuti. Certo, ma nella propria attività tecnica. Quando però l’indirizzo politico è chiaro e univoco: “non vogliamo il bail-in o meccanismi similari”, perché nella bozza che elaborano su incarico della politica, i tecnici ce lo devono infilare lo stesso e a tutti i costi?

Tra l’altro, quando nell’Aqr, attività prettamente ad appannaggio dell’organo di controllo, venivano usati criteri internazionali, cosiddetti di Basilea3, si era scatenata la tregenda. L’opposizione in particolare aveva alimentato un putiferio, per contrastare una attività, in quel caso, non di pertinenza della politica: e l’Aqr non andava fatto così… e i parametri erano troppo rigorosi… e per San Marino occorrevano soluzioni diverse e più calibrate…

Oggi, che nella attività legislativa propria, invece, della politica i tecnici incaricati non hanno evidentemente seguito le indicazioni di tutti i partiti, si rimane zitti zitti; non si emette un fiato di biasimo verso quell’elaborazione tecnica. Però, adesso che tutti hanno detto chiaramente che il bail-in non ci sarà, il sistema è più tranquillo.

E allora appare un esercizio molto sterile quello di piagnucolare come i bambini dell’asilo su chi può aver fatto la spia su un documento talmente riservato da essere in mano a consiglieri, membri di governo, Banca Centrale, sindacati, associazioni datoriali e, lo hanno detto pubblicamente, associazioni dei consumatori.

Ci sarebbe piuttosto da interrogarsi sul perché gli incaricati tecnici non abbiano seguito le richieste esplicite dei committenti politici. Però quando, magari per opportunità, non si vogliono trattare determinati argomenti, è inevitabile che si sposti il reale merito della questione su altri meno burrascosi lidi.

 

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