Banca Cis, incontri serrati in Bcsm e Commissione Finanze d’urgenza

Banca Cis, incontri serrati in Bcsm e Commissione Finanze d’urgenza

 

L’informazione di San Marino

Banca Cis, incontri serrati in Bcsm e Commissione Finanze d’urgenza

Antonio Fabbri

E così ci si accorge che il 21 luglio è dietro l’angolo. Ci si accorge che senza la vendita del Cis la legge “salvabanche” avrebbe comunque una ricaduta pesante sulle casse pubbliche. Ci si accorge, insomma, che la legge tampona, ma non risolve e ci si accorge che ci si è attardati troppo in dietrologie e troppo poco alla ricerca di soluzioni logiche e concrete.

Così non pare essere più il tempo delle teorie del complotto che hanno accompagnato la lotta politica per oltre due anni. Adesso si è giunti al dunque e il dunque dice tre cose: o la banca si vende all’acquirente che ha avanzato la proposta; o si applica la legge recentemente approvata prevedendo un aggravio della situazione dell’istituto già in crisi e un impegno pesante per le casse dello Stato; o si procede alla liquidazione coatta che sulle casse dello Stato ricadrebbe ancora di più, con un bagno di sangue per tutti.

La prima ipotesi Nel primo caso, quello della possibile vendita all’investitore che si è proposto, la copertura del dissesto spetterebbe all’acquirente che, stando a quanto già trapelato, avrebbe messo sul piatto il versamento cash di 30 milioni all’atto della cessione, più la restante parte della copertura del buco da spalmare in più anni. Da definire, al di là della richiesta di 20 anni, in quanto tempo sarà possibile detta “spalmatura”. In tale caso l’intervento dello Stato sarebbe quello normativo, con la previsione della “spalmatura” del rientro del debito e un provvedimento per l’apertura graduale dei conti, onde evitare lo shock di liquidità immediato una volta revocato il blocco. In tale caso Bcsm sta valutando i requisiti, il piano industriale e le caratteristiche di cui i compratori della Lunalogic-Stratos sono portatori. Ieri un incontro che avrebbe chiarito diversi aspetti. Se Via del Voltone non dovesse dare parere favorevole alla cessione metterà nero su bianco le motivazioni ostative. Nel caso di acquisto, inoltre sul piatto ci sarebbe, oltre alla garanzia dei risparmiatori e nessun impegno economico per lo Stato, la salvaguardia dei posti di lavoro. In tale ipotesi si andrebbero a soddisfare le richieste congiunte di sindacato e forze politiche  che hanno spinto per la tutela dei risparmiatori, dello Stato e dei lavoratori, oltre che dei fondi pensione.

La seconda ipotesi La seconda ipotesi sarebbe quella prevista dalla legge cosiddetta “salvabanche”, con lo “spacchettamento” del Cis, la creazione di un ente ponte, una good bank e una bad bank, e con i fondi pensione congelati per dieci anni e la sottostante garanzia dello Stato. Opzione che ha destato le perplessità di Csu e partiti. In tale caso le garanzie non coperte dagli attivi della banca, le dovrebbe fornire lo Stato ai risparmiatori, fondi pensione che resteranno “congelati” con una moratoria decennale e, possibilmente, si dovrnno trovare soluzioni in termini di occupazione che però inevitabilmente comporteranno degli esuberi. Anche in tale caso la riapertura dei conti sarebbe con tutta probabilità graduale. Inoltre, non potendo contare sull’immediato esito delle eventuali azioni di responsabilità, e ammesso che siano sufficienti a garantire coperture, la ricaduta sulle casse pubbliche, da quantificare, sarebbe pesante. Ci sarebbe inoltre la necessità di intervenire in termini normativi da parte dello Stato, ad esempio, per la riapertura graduale dei conti.

La terza ipotesi La terza ipotesi, per tutti assolutamente da scongiurare e che a sentire le indiscrezioni parrebbe la meno probabile,  è quella della liquidazione coatta amministrativa. Se, dunque, non saranno praticabili le due ipotesi precedenti, il Commissario straordinario dovrà procedere alla liquidazione coatta. La banca, cioè, sarà chiusa e liquidata. A quel punto l’intero costo della copertura del risparmio ricadrà sullo Stato. Stessa cosa per le garanzie dei fondi pensione. Il costo della liquidazione graverà interamente  dunque sulla collettività. Senza contare che con tutta probabilità tutti i dipendenti perderanno il posto. Questa, si diceva, è la soluzione che nessuno vuole e pertanto è data come la meno probabile

 

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