Rete parla di umido

Rete parla di umido

A San Marino negli scorsi anni è stata implementata da AASS una filiera di trattamento della frazione umida dei rifiuti solidi urbani. L’umido, differenziato dalla frazione secca dagli utenti che lo conferiscono separatamente, entra in biocella presso il centro di multiraccolta di San Giovanni, apparentemente senza ulteriori cernite che puliscano il materiale da frazioni non compostabili. Diciamo apparentemente perché, al termine della lavorazione in biocella per circa 30 giorni, la frazione umida risultante, che ancora non può definirsi compost, viene trasferita a Gaviano, in zona Acquaviva: qui i cumuli di materiale, contenenti impurità facilmente visibili (plastiche, vetro, metalli e non possiamo escludere sostanze pericolose), rimangono esposti agli agenti atmosferici senza alcuna protezione. Ed essendo una sostanza che non ha ancora raggiunto la maturazione, è soggetta a fermentazione, la quale genera percolato, cattivi odori e calore. Calore che, aggiunto alle temperature elevate di questa estate, può essere elemento scatenante di incendi, come quello di ieri sera, con fumo biancastro e maleodorante.

Fortunatamente non stiamo parlando di un rogo di grandi proporzioni, anche grazie al tempestivo intervento della sezione antincendio della Polizia Civile. Non tranquillizza affatto il fatto che AASS dica di aver potenziato da oggi la vigilanza del sito e il rafforzamento dei presidi antincendio: questa è la classica risposta che si dà quando i topi hanno già abbandonato la nave che affonda. Da anni è preoccupante l’inazione dei diretti responsabili: AASS e le Segreterie di Stato competenti, nello specifico quelle dei Segretari Michelotti e Podeschi. Facciamo un passo indietro per capire come il deposito di Gaviano sia, dal Settembre 2014, una situazione mal gestita e una problematica mai risolta, nonostante i proclami di revisione previsti per l’anno prossimo col trasferimento del deposito presso San Giovanni.

Nell’Agosto 2014 la zona servizi di Gaviano, adiacente ad un magazzino statale e poco distante da alcune abitazioni, viene parzialmente adibita a deposito temporaneo del materiale. Un piazzale in cemento privo di drenaggi e copertura diventa l’area in cui la frazione umida uscita dalle biocelle viene accumulata e lasciata a maturare asciugandosi (per quanto sia possibile l’asciugatura di cumuli di svariati quintali, alti anche tre metri e su cui può piovere o nevicare), per poi venire vagliata meccanicamente e ceduta agli utenti del centro di multiraccolta come compost di qualità (almeno secondo le analisi della ditta che ha fornito le biocelle usate per produrlo…). In questi 5 anni l’area non ha subito modifiche o migliorie, con il percolato che continua a non essere raccolto o convogliato in fognatura, potendo penetrare nel terreno ed inquinare il vicino fosso del Rio Re che alimenta il Marecchia. L’odore nauseante, mosche ed insetti vari, gli animali più o meno selvatici attratti dai residui organici sono solo il corollario a questa situazione indecente, a cui ieri si è aggiunta anche la presunta autocombustione di parte del compost.

Gli attuali vertici di AASS e Segreterie competenti hanno sì mutuato la situazione dai precedenti responsabili, ma come i precedenti sono risultati inadempienti nel correggere le problematiche. I danni economici ed ambientali per il Paese derivanti da decisioni sbagliate e reiterato lassismo cesseranno in tempi brevi o i cittadini dovranno continuare a turarsi il naso perché qualcuno, pur informato fino alla nausea, continua ad avere le mani occupate a coprirsi le orecchie per non sentire?

Movimento RETE 

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