San Marino. Tribunale, mancata presa d’atto dei giudici di appello

San Marino. Tribunale, mancata presa d’atto dei giudici di appello

Enrico Carattoni: “Si produrranno effetti devastanti”

Il depennamento del comma ha visto certa politica mettere già le mani sul tribunale gettando in un sol colpo alle ortiche la separazione dei poteri

Antonio Fabbri

Che con l’ultimo mancato atto della legislatura si sia posto il primo mattone per coronare l’obiettivo dell’aspirante futura maggioranza di gestire il tribunale e nominare i giudici, come avveniva in passato, è lo sconcertante epilogo di una svendita dei principi fondamentali agli scopi personali e politici. Con il depennnamento della presa d’atto della nomina dei giudici di appello si dice addio alla separazione dei poteri, senza che su questa scelta vengano date spiegazioni precise se non le poche confuse parole del capogruppo di Ssd Giuseppe Morganti che ha spiegato la linea del proprio partito, così come Civico10, a quella delle ex opposizioni, nascondendosi entrambi poco onorevolmente sotto l’ombrello della decisione reggenziale.

Che nessuno sappia il perché di questo depennamento, fatto al di fuori del regolamento consiliare , lo testimonia l’apertura del dibattito. Il consigliere Enrico Carattoni della corrente Area Democratica di Ssd non ci sta a fare passare sotto silenzio un atto così grave e chiede l’inserimento del comma comunicazioni perché rimanga agli atti la sua posizione. Un intervento che chiarisce bene le immani forzature e lo scempio che è stato fatto della separazione dei poteri con la politica che dice in maniera neppure velata al tribunale: “comando io”. Specifici comunicati della ex opposizione lo hanno già detto neppure troppo velatamente, autoinvestendosi fin da ora della potestà di nomina dei giudici. “I merito alla presa d’atto dei giudici di appello ci tengo perché rimanga a futura memoria la mia posizione anche quando le conseguenze delle posizioni politiche che sono mutate in queste settimane produrranno i loro devastanti effetti”.

Enrico Carttoni punta quindi il dito sul suo capogruppo consiliare: “Quello che mi sconvolge non è tanto il non inserimento del punto all’ordine del giorno, ma leggere dalla stampa prima ancora che saperlo dalle persone che sarebbero state tenute a comunicarlo, qual era la posizione del mio gruppo politico. Posizione che è mutata nel senso che è stata avallata, senza neanche chiedere la votazione in Ufficio di presidenza, la scelta di non introdurre il comma della presa d’atto dei due giudici di appello. Ricordo che questa è la quinta sessione consiliare nella quale ci troviamo a calendarizzare questo tema e per la quinta volta consecutiva questo tema non viene affrontato. Ci tengo anche a comunicare a tutta l’aula quali sono state le rassicurazioni che tutti noi abbiamo ricevuto che tutti gli appartenenti al mio gruppo consiliare hanno ricevuto: sono solo questioni tecniche, non vi preoccupate, verranno introdotte quanto prima, sarà una priorità un’esigenza del nostro gruppo portarlo all’attenzione… ebbene a noi oggi nessuno ha comunicato, nessuno ha comunicato, per quale motivo questo comma non è stato inserito, nonostante fosse nel decreto di scioglimento del Consiglio grande e generale e il regolamento consigliare obblighi, obblighi, a partire dai commi in inevasi della seduta precedente. Sicuramente ci saranno state delle ragioni, non lo metto in dubbio per una decisione di questa natura, ma a me non sono state comunicate né preventivamente quando invece già appartenenti alla mia forza politica lo sapevano da giorni, né sono state comunicate successivamente, se non in maniera evanescente dopo mia sollecitazione. Ebbene, io a questo mi oppongo, perché la chiarezza credo debba essere fondamentale. Ho sempre sostenuto in maniera coerente che si dovesse procedere all’inserimento di questo comma e chiedevo che in tutte le sedi preposte i rappresentanti della mia forza politica, che fino a ieri anche sulla carta avevano detto che erano d’accordo, avessero tenuto questa posizione. Quello che non mi è chiaro è il motivo per il quale ci sia stato questo scivolamento, che per quanto mi riguarda è grave e la posizione della mia forza politica credo sia difficilmente comprensibile. Le persone là fuori che chiedono spiegazioni e chiedono giustificazioni. Credo che questa mancata presa d’atto debba spingere tutti quanti a interrogarci se in realtà non ci sia qualche cos’altro dietro questa presa di posizione, se non ci siano altri disegni che nulla hanno a che fare con la politica. Credo che la presa d’atto fosse un atto dovuto nell’interesse del paese e invece non è stato fatto, contro l’interesse del Paese. Chiedo che questa posizione venga messa a verbale a futura memoria”, ha concluso Enrico Carattoni.

Anche il Segretario alla Giustizia Nicola Renzi ripercorre le vicissitudini comma depennato e il numero di volte che è stato calendarizzato e mai trattato. “Quando qualcuno dice che un Consiglio sciolto non può esaminare la presa d’atto: beh, chi lo sostiene in primo luogo sconfesserebbe i precedenti Capitani Reggenti che lo hanno inserito nel decreto di scioglimento del Consiglio. Secondo dato: come si può dire che non si può fare una presa d’atto, ma si può fare una legge di bilancio? Capiamo che c’è una evidente sproporzione”, dice il Segretario alla Giustizia, che poi rileva: “Io come segretario alla giustizia non sono stato minimamente informato e coinvolto nelle decisioni sull’assunzione di questo comma, minimamente. Dico questo perché ho capito dal Consigliere Morganti che nei colloqui intercorsi, a questo punto non so come e con chi, sarebbero state date ampie rassicurazioni sui carichi di lavoro dei magistrati. Ebbene, c’è un Segretario alla giustizia, c’è un Dirigente del tribunale, mi sembra improprio il fatto che delle garanzie sul fatto che il tribunale funzioni bene e che ci sia il giusto equilibrio sui carichi di lavoro vengano date da non si sa chi, quando invece abbiamo visto più di un magistrato sostenere cose diverse. Rimango stupito”.

Ma il dato più eclatante sono le forzature delle regole, del buon senso, dei principi e del regolamento. “Faccio mie tutte le preoccupazioni che il consigliere Carattoni ha espresso prima di me. Il comma della presa d’atto è stato inserito in tre consigli diversi e nel Consiglio straordinario in virtù del decreto di scioglimento del Consiglio grande e generale dei Capitani Reggenti. Per questo andava assolutamente inserito. Anche perché di base c’è il concetto fondamentale della separazione dei poteri. Cioè l’atto dell’arruolamento dei nuovi giudici diappello o dei nuovi magistrati ha il suo avvio all’iter dal Consiglio Griudiziario Plenario, poi viene votato del Consiglio che avvia l’iter del concorso che si è svolto, da quel momento la pratica diventa amministrativa gestita dalla Commissione di concorso, contro la quale si possono certo fare ricorsi, ma non si può sovrapporre la sindacabilità di una commissione alla presa d’atto del Consiglio, che è l’atto che consente poi la sindacabilità della Commissione. Per questo doveva assolutamente esserci quel comma.

Ma c’è un altro motivo dirimente. Il regolamento consiliare, al quale noi siamo stati chiamati ad attenerci scrupolosamente ogni volta, all’articolo 23 cita: ‘I commi iscritti all’ordine del giorno sono iscritti con priorità all’ordine del giorno della sessione successiva’. Bene, io vorrei semplicemente sapere perché il regolamento consiliare è sempre valso erga omnes, ma non è valso questa volta”. Poi il Segretario all giustizia ha aggiunto: “Questa aula potrebbe ancora decidere, tutti insieme, di inserire questo comma e risolvere la situazione”. Un auspicio che non pare sia stato raccolto e difficilmente verrà soddisfatto, cosicché verrà dato corso ad una delle più gravi forzature istituzionali alle quali si sia mai assistito, mentre i processi continuano a prescriversi, altri ne salteranno e le persone si vedranno sempre più spesso negata la giustizia.

 

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