San Marino. Rete, tra i propri candidati tre rinviati a giudizio

San Marino. Rete, tra i propri candidati tre rinviati a giudizio

Rete vanta tre rinviati a giudizio tra i propri candidati

Antonio Fabbri

Non era mai accaduto che un partito o un movimento candidasse alle elezioni dei rinviati a giudizio. Accade in questa tornata elettorale nella quale le istituzioni sono piegate e asservite ai voleri dei nuovi aspiranti capi che non lesinano attacchi frontali alla giustizia.

In questa tornata elettorale si assiste infatti a questo desolante scenario. Rete, che assieme alla Dc ha guidato nel corso della legislatura e guida ora la crociata per mettere le mani sul Tribunale, candida infatti tre rinviati a giudizio.

Non si può quindi tralasciare una riflessione sulla correttezza di chi pontifica di giustizia e di volerla riformare o, meglio, rimodellare magari a sua immagine, essendo contemporaneamente in attesa di essere giudicato da questa.

Nello specifico, chi sono i tre rinviati a giudizio di Rete? Il leader Roberto Ciavatta, assieme a Emanuele Santi e, in altro procedimento e in seguito a impugnazione di decreto penale di condanna, Elena Tonnini.

Ciavatta, che in un comunicato aveva negato l’evidenza minimizzando insulti e minacce in una più pacata “discussione con i membri del Cda”, additando, come usualmente accade, il giudice che lo ha rinviato a giudizio, deve rispondere dell’episodio del 30 maggio 2018 assieme ad Emanuele Santi. Sono cinque i capi di imputazione per i quali, a vario titolo, attendono il giudizio per il cosiddetto “blitz” in Cassa di Risparmio durante la riunione del Cda del 30 maggio 2018. Ciavatta e Santi devono rispondere, assieme, delle accuse di diffamazione semplice e di violenza privata.

Al solo Ciavatta sono invece contestate anche le accuse di minaccia, diffamazione a mezzo facebook e istigazione a delinquere. I due erano entrati in Carisp e avevano chiesto di parlare con l’allora Cda. Nell’occasione avevano preso a maleparole sia il Presidente, sia il Cda pronunciando frasi dal tenore eloquente. Eccone alcune di quelle che vengono contestate: «Siete dei coglioni e avete rotto il cazzo», riferendosi ai membri del Cda; e al Presidente: «hai rotto il cazzo, tu sei il cancro di questa banca, tornatene a Bologna, perché tu sei qua solo perché nominato dalla politica, ma non sai fare un cazzo». Due frasi pronunciate alla presenza di Presidente e direttore di Carisp. Altre affermazioni offensive sono state pronunciate alla presenza dell’intero Cda. “Dichiaravano, riferendosi al Presidente Zanotti, «di sentire le tue supercazzole non abbiamo nessuna voglia, perché tanto non hai alcuna competenza, sei un nominato di AP e non fai altro che eseguire gli ordini politici, perché non sei neppure in grado di fare l’avvocato, sennò saresti rimasto a Bologna a fare l’avvocato»”.

Certo che leggere oggi, nei loro comunicati, che a pronunciare parole di odio siano gli altri, fa riflettere sulla distorsione della realtà che viene narrata. Contestata a Ciavatta anche la minaccia, dato che rivolgendosi all’allora presidente disse: «io non vado più per le vie legali, ma ti aspetto qua sotto». Quello che più inquieta, e che trovò pure la stupefacente giustificazione o l’omertà dell’opposizione dell’epoca, furono le frasi scritte a mente fredda su facebook: “in Cassa i fascisti danno il mandato al loro uomo di merda di denunciare ancora 

una volta la Tonnini? Il dialogo non lo si vuole, forse gli idioti non capiscono che dopo la mancanza di dialogo con noi c’è solo il confronto con il manganello. Andate a fanculo tutti, il buonismo è la premessa del lassismo che conduce al fascismo!”

Così quindi inneggiava al manganello il leader di Rete.

Contestata poi anche la violenza privata perché indussero con il “blitz” in Cassa il consigliere Andrea Rosa a rinunciare alla tutela legale della banca per l’episodio per cui è stata poi denunciata, dallo stesso Rosa, Elena Tonnini per diffamazione. Ed è appunto questa l’imputazione del terzo in attesa di processo in lista con Rete, Elena Tonnini appunto, che deve rispondere di diffamazione nei confronti di Andrea Rosa per averlo accusato in una serata pubblica di essere parte del gruppo ritenuto legato a Confuorti e di avere con esso “affossato Cassa di risparmio”.

Nei confronti di Tonnini era stato già emesso un decreto penale di condanna con multa da 800 euro, del quale il movimento ha annunciato pubblicamente l’impugnazione e, quindi, si andrà a processo. Tre rinviati a giudizio, dunque, nella lista di Rete che attendono la fissazione dell’udienza. Ognuno, dunque, può fare le proprie valutazioni sui propositi di riformare la giustizia, bloccare la nomina dei giudici, prendersi la maggioranza negli organismi di governo della magistratura, da parte di chi alla giustizia deve rispondere.

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy