Libertà

Libertà

Libertà

Immaginate per un attimo di trovarvi su una bella nave. Lasciate perdere i galeoni a cinque alberi, i lussuosi yacht, le ciclopiche navi da crociera o le superbe navi da guerra; niente di tutto questo. Pensate solo di essere su una barchetta umile e solida, capace di affrontare i mari più difficili ma comunque dotata di una certa grazia. Non importa se assomiglia ad una caravella o un peschereccio, se va a vela o a motore, se è di legno o di ferro, in questo siete liberi di immaginarla come più vi piace.

La vedete?

Bene, questa è la nostra nave e noi siamo il suo equipaggio. Per navigare c’è tutto, le manca solo un nome e io direi di chiamarla “Libertà”; suona bene per un’imbarcazione agile e scattante come la nostra, e poi un nome così mette di buon umore già dalla partenza.

Ecco, ora la nostra Libertà solca i mari da un bel pezzo e in tutto questo navigare ne ha viste di cotte e di crude: è sopravvissuta ad abbordaggi, tempeste, mari pericolosi e battaglie. A volte ne è uscita un po’ danneggiata, a volte per poco non è colata a picco ma in qualche modo se l’è sempre cavata. E in questo è una vera e propria eccellenza: molte navi ben più grandi della nostra, a cui Libertà poteva appena fare da scialuppa di salvataggio, giacciono ora sul fondo del mare, naufragate o abbattute dagli ostacoli posti in essere dal tempo. Tuttavia alla nostra barchetta (e a chi la governava) poco importava delle faccende degli altri marinai e con lungimiranza, quando ha potuto, si è tenuta alla larga dai tanti guai che si possono trovare un po’ ovunque. Negli ultimi anni poi, la fortuna ha voluto che si navigasse su mari tranquilli godendo di una spensierata e inaspettata abbondanza. Che acque generose, quanti tesori, quanta ricchezza! Ma si sa, quando si sta bene è difficile domandarsi il perché, e forse l’ebrezza del benessere o la distrazione dei piaceri hanno fatto sì che la rotta cambiasse. All’improvviso Libertà si è trovata in grossa difficoltà: forti tempeste e scogli nascosti hanno aperto una grossa falla nella chiglia e Libertà ha cominciato ad affondare.

Purtroppo gli anni di agiatezza hanno reso i marinai indolenti e nella stiva non ci sono materiali per le emergenze, l’equipaggio è impreparato al problema. In una situazione normale il capitano della nave guiderebbe i suoi uomini impartendo ordini rapidi e concisi: “Nostromo, organizzi una catena di uomini con secchi per svuotate la stiva! Voi procuratevi del legno distruggendo cose superflue e chiudete la falla! Timoniere cambi rotta e voi informatemi sui futuri cambi di tempo, dobbiamo evitare altre tempeste!”.

Con qualche ora di sonno sacrificata e un po’ di fatica, in condizioni fortunate, una nave piccola ed agile come la nostra potrebbe superare le difficoltà e mettersi in salvo. Tuttavia su Libertà si sta verificando un fenomeno quanto mai bizzarro: l’equipaggio si lamenta e chi è al comando non sa prendere decisioni, anzi, rimanda la soluzione del problema. “Ho lavorato tutta la vita per comprarmi questo comodino! Non mi sta bene che venga usato per tappare il buco!”, “Il mio turno è durato otto ore oggi, non ho intenzione di fare degli straordinari!”, “È stato il timoniere a portarci in questa situazione che vada lui a riparare la falla!”, “Vogliamo un nuovo capitano che migliori le condizioni a bordo e sistemi tutto!” grida la ciurma. Allo stesso tempo nuovi aspiranti capitani propongono vaghi programmi di comando: “In una situazione di tale criticità occorre riparare la falla e fare una riforma dei turni di riposo, inoltre è necessario cambiare rotta per tornare a navigare come un tempo”, “I capitani precedenti erano degli incompetenti, ascoltate me che sono nuovo! Io propongo di trovare del legno che serva per chiudere lo squarcio e penso anche che sia doveroso girare il timone, un po’ di qua e un po’ di là, finché non si trova un posto più tranquillo”, “Io invece sostengo che navigare con un buco nella chiglia sia sbagliato, per cui propongo di trovare un sistema per ripararlo, e poi è imperativo migliorare la condizione dei comodini”. Insomma, tutta la nave è presa da questi discorsi inconcludenti e tra litigi, accuse, rivendicazioni di diritti, paure e giochini di potere la situazione non fa che peggiorare. Riuscirà Libertà a salvarsi?

Sapete, cari lettori, penso che voi abbiate già capito che questa storiella non è altro che una banale allegoria del nostro Paese, ma vedete, questa mattina avevo tempo per riflettere un po’ e mi sono chiesto: non è che il problema di San Marino siamo noi sammarinesi?

Forse gli anni di benessere ci hanno viziati, resi egoisti, ricchi ma freddi. Non fraintendetemi, non voglio certo dire che non ci siano persone oneste, ma mi chiedo se siamo ancora capaci di sacrificare il nostro interesse personale per un bene che abbracci tutta la comunità. Quanti di noi sarebbero disposti a rinunciare a parte della pensione, ad accogliere un aumento delle tasse, a pagare un ticket per le visite in ospedale?

Quanti sacrificherebbero parte del proprio benessere per aiutare il proprio stato in difficoltà? Abbiamo bisogno di cambiare, di maturare. Dobbiamo pretendere dai governanti il coraggio di fare scelte impopolari ma necessarie, e ci serve un’opposizione umile, che non combatta al solo fine di prendere il posto di comando.

Penso che questo periodo di crisi sia una grossa opportunità per migliorarci, per liberarci dal peso di tutto ciò che abbiamo preso e che è superfluo. Smettiamo di evadere le tasse, smettiamo di accettare come cosa normale il voto di scambio, l’aiuto dell’amico potente. Rinunciamo al desiderio di tornare alla Repubblica di qualche decennio fa, quando le briciole che cadevano dalla tavola dei ricchi erano così sostanziose da sembrare pepite. Impariamo ad essere “poveri in spirito” per rimettere al centro il Senso su cui si basa la nostra indipendenza. Torniamo ad essere liberi; così liberi da non aver timore di rinunciare a qualcosa pur di perseguire un bene superiore. Un bene che è divenuto comunità, stato, storia. Educhiamoci ad agire e pensare non per l’io ma per noi, sarà più facile che maturi una politica coerente che non ha paura di perdere voti pur di fare la scelta giusta, che non tema di dire alla popolazione che la situazione è disperata e servono interventi perentori. Avremo una società più serena e meno arrogante, capace di generare figli che non ragionano seguendo solo le gelide meccaniche del materialismo. Ciò che ci ha resi unici ha origine da una grande bellezza che nulla ha da spartire con gli interessi economici e con l’avidità. Diventiamo migliori prima che la nave affondi, siamo in grado di farlo, ma muoviamoci in fretta, temo non ci siano abbastanza scialuppe di salvataggio per tutti.

 

Matteo Pagliarani

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