San Marino. ‘Le mani sulla giustizia’, presentato Pdl. Antonio Fabbri

San Marino. ‘Le mani sulla giustizia’, presentato Pdl. Antonio Fabbri

L’Informazione di San Marino. Depositato il pdl per mettere le mani sulla giustizia

Antonio Fabbri

Passa attraverso la proposta, c’è da aspettarsi con procedura d’urgenza, e quindi la successiva approvazione in tempi record di una legge qualificata di tre articoli la strategia politica della maggioranza sulla giustizia. Due articoli che interpretano norme già esistenti e uno che modifica un comma con il preciso scopo di togliere il diritto di voto al dirigente del Tribunale in seno agli organi del potere giudiziario, e quello di escludere dall’ingresso in quei consessi di altri giudici di nomina recente che non abbiano ottenuto il gradimento, ancorché siano magistrati di grado superiore. 

Ecco che cosa dicono i tre articoli di legge proposti.

L’articolo 1 della legge qualificata avviata all’iter consiliare dà una interpretazione autentica – così si dice quanto il legislatore, cioè il Consiglio, delibera su come devono essere intese delle norme – sulla proroga in servizio dei magistrati. La questione fu motivo di guazzabuglio nelle famigerate riunioni della commissione affari di giustizia e consiglio giudiziario, quando si trattò di discutere sulla proroga in servizio del professor Guido Guidi. Ne nacque la nota querelle da cui scaturirono anche vicende oggi oggetto di procedimenti giudiziari su cui questa interpretazione potrebbe quindi andare ad influire.

Sta di fatto che questo articolo di legge specifica che la norma attuale “nella parte relativa alla proroga dell’incarico dei Magistrati che hanno raggiunto il sessantottesimo anno di età” deve interpretarsi “nel senso che il Consiglio Giudiziario, a seguito della presentazione della domanda da parte dell’interessato, previa convocazione con all’ordine del giorno la discussione sulla proroga, adotta la delibera sulla base della relazione sull’esistenza delle comprovate esigenze di servizio che il Magistrato Dirigente esporrà in apertura del comma”.

Se questo primo articolo fornisce una interpretazione di una norma che ha interessato anche vicende pregresse, gli altri due rispecchiano la volontà politica – tra l’altro dichiarata più volte – di mettere mano al Consiglio Giudiziario e capace quindi di incidere sugli attuali equilibri dell’organo di autogoverno della magistratura.

Il secondo articolo denota degli evidenti aspetti che fanno trasparire la volontà di intervento della politica nella attività del Consiglio giudiziario e, soprattutto, nel diritto di voto all’interno di esso, con inevitabili riflessi legati alla situazione contingente, tanto da apparire quasi una norma “contra personam”. La modifica più evidente che la nuova norma applica al sistema vigente è quella di togliere al Dirigente non Magistrato il diritto di voto in seno al Consiglio Giudiziario, sia esso plenario o ordinario.

Infine il terzo articolo mette mano, pure questo, alla composizione attuale del Consiglio Giudiziario sempre attraverso una interpretazione autentica. Non ne sono del tutto chiari gli effetti, ma ad una prima disamina si comprende come miri ad escludere dal Consiglio Giudiziario Plenario i magistrati che non siano assunti a tempo indeterminato e che non abbiano, cioè, superato il cosiddetto periodo di prova. La norma parrebbe quindi escludere, in sostanza, di giudici neonominati dalla partecipazione al Consiglio Giudiziario plenario, oltre a un altro giudice di appello che non ha ancora terminato il periodo di prova, il professor Caprioli. Questo a favore dell’ingresso di altri magistrati che il periodo di prova lo hanno terminato. Non è però al momento del tutto chiaro come saranno rispettate le proporzioni tra togati e non togati.

Se gli effetti sembrano essere questi, ma probabilmente verranno meglio spiegati nel dibattito in Consiglio, l’obiettivo che risulta invece evidente è quello di rimodellare, da parte del Governo e della maggioranza, la composizione degli organi di autogoverno della magistratura, il Consiglio Giudiziario  ordinario e il Consiglio giudiziario plenario. Tanto che risulta difficile non legare alla volontà più volte espressa di gestire il tribunale, le norme e interpretazioni di norme avviate con questo Pdl all’iter consiliare.

A ciò si aggiunge il fatto che la proposta di legge arriva quando ancora i Giudici di appello che devono giurare, non sono stati messi nelle condizioni di farlo, dato che l’ingresso nel pieno delle loro funzioni non è stato ancora predisposto da Governo e Reggenza, come tempestivamente sarebbe già dovuto avvenire in base a quanto sentenziato dal Collegio Garante di costituzionalità delle norme. 

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