San Marino. Mani sulla giustizia, si devono astenere gli avvocati-consiglieri, Antonio Fabbri

San Marino. Mani sulla giustizia, si devono astenere gli avvocati-consiglieri, Antonio Fabbri

Mani sulla giustizia, si devono astenere gli avvocati-consiglieri

Il dovere di astensione dei professionisti che siedono a palazzo, sancito in un parere fornito ai Reggenti già nel 2015 dal Magistrato Dirigente

Antonio Fabbri

Le leggi ad personam e legate all’interesse personale o professionale di taluno, che possono influire su casi specifici e su procedimenti aperti, pongono un problema di conflitto di interessi per molti in Consiglio Grande e Generale. Tanto che i numerosi avvocati presenti a Palazzo che abbiano interessi professionali e personali, non solo dovrebbero astenersi dal voto su leggi e provvedimenti che incidono direttamente su casi da loro trattati per con- to dei loro assistiti, ma non potrebbero neppure intervenire nel dibattito su tali argomenti. Lo dice un autorevole parere rilasciato ai Capi di Stato dal Magistrato Dirigente del tribunale nel 2015, in veste di Uditore della Reggenza.

Parere relativo al “dovere di astensione del Consigliere rispetto alla discussione e votazione degli argomenti all’ordine del giorno del Consiglio Grande e Generale” Invece in Consiglio, lo si è già visto nelle recenti sedute, c’è chi dei conflitti di interesse propri non se ne cura troppo, essendo più propenso a sollevare quelli presunti – non sempre provati, ma spesso basati su illazioni – degli altri. Eppure la maggioranza dovrebbe guardarsi bene in casa, soprattutto quando si accinge ad approvare norme con procedura d’urgenza che interferiscono sugli organi di autogoverno della magistratura, sul diritto di voto in questi consessi e sulla loro composizione, servendosi di “interpretazioni autentiche” di emanazione politica che entrano a piedi pari persino nello svolgimento di specifici procedimenti.

D’altra parte si sono sentiti già avvocati-consiglieri parlare di processi e di organi giudicanti con i quali avevano avuto cause magari terminate in modo diverso da quanto sperato, o addirittura intervenire contro magistrati per cause in corso e pendenti. D’altra parte con una decina di avvocati nelle fila della maggioranza, tra consiglieri e membri del Congresso di Stato, difficilmente si potrà evitare di incappare in qualche caso da qualcuno patrocinato. Tant’è che di casi di conflitti di interessi ce ne sono parecchi ed evidenti, anche se si fa finta di niente, persino tra gli addetti ai lavori, che troppo spesso tacciono anche di fronte alle castronerie giuridiche che si sentono in aula, pronunciate per perorare interessi di parte. Sta di fatto che il consigliereprofessionista avrebbe l’obbligo di astenersi dal voto e dall’intervenire nel dibattito quando si trattino questioni, come quelle del Consiglio scorso e del prossimo, che si riverberano in maniera evidente e diretta sul loro ruolo professionale, sull’interesse proprio e dei propri assistiti.

Non è solo una questione di buon senso, ma anche di diritto. Infatti è stato messo nero su bianco un parere che l’Uditore della Reggenza, segnatamente il Magistrato Dirigente, rilasciato su richiesta dei Capi di Stato già nel 2015. Il parere è talmente chiaro che gli avvocati che siedono in Consiglio Grande e Generale e in Congresso di Stato, dovrebbero porsi delle domande ogni volta che intervengono su temi che li riguardano.

Tra l’altro giova sottolineare che il parere in questione è stato distribuito a tutti i Consiglieri in vista della prossima seduta dei Sessanta, nella quale saranno trattate, e con procedura d’urgenza, questioni capaci di sollevare pesanti dubbi di conflitti di interessi.

C’è da sottolineare che il parere in questione non è stato rilasciato adesso dal tanto osteggiato – anche in maniera maleducata e non consona per chi voglia fregiarsi della qualifica di onorevole – attuale Dirigente del Tribunale, ma il parere, datato 26 novembre 2015, è firmato dall’allora Magistrato Dirigente, Valeria Pierfelici, che scriveva come si ponga il problema quando vi sia “l’esistenza di un rapporto fiduciario e/o lavorativo di un Consigliere nei confronti di una persona fisica o giuridica in merito ai quali il Consiglio Grande e Generale sia chiamato a deliberare (come ad esempio liberi professionisti che patrocinano o assistano persone fisiche o enti)”. In questo caso “riguardando la deliberazione direttamente un soggetto cliente o legato al Consigliere da un rapporto avente in senso lato natura fiduciaria, si pone un conflitto d’interessi potenziale o apparente potendo (almeno in via ipotetica) l’interesse del professionista prevalere su quello generale, al fine di conseguire indebiti vantaggi (la fidelizzazione di un cliente “importante”, compensi o vantaggi a titolo di riconoscenza ulteriori rispetto a quelli contrattuali, ecc.). Il conflitto potenziale si palesa al massimo grado quando il Consiglio Grande e Generale è chiamato ad effettuare una votazione che riguarda solo il cliente (nomina, revoca di un incarico, approvazione di un atto amministrativo, quale, per esempio, l’autorizzazione alla alienazione di un bene pubblico al cliente, o la votazione di un ordine del giorno dal quale specificamente al cliente possono derivare danni o vantaggi diretti o indiretti); può porsi tuttavia anche per la votazione di provvedimenti che hanno carattere generale ed astratto, ma che in concreto riguardano una categoria ristretta e determinata di persone che in un certo momento si trovano tutte in una medesima situazione notoria, cui appartiene il cliente (ad esempio: leggi ad personam, che si hanno non solo quando è individuato espressamente il destinatario del provvedimento, ma anche quando, pur presentandosi il provvedimento come dotato dei caratteri della generalità e dell’astrattezza, in concreto risolve un problema specifico di soggetti noti): in tale ipotesi, tuttavia, perché sussista in concreto il conflitto (nella forma potenziale o anche apparente) è necessario che il vantaggio conseguito dal cliente sia così rilevante da creare quanto meno la percezione oggettiva del sacrificio dell’interesse generale”.

Un parere che sembra scritto proprio per le situazioni che si stanno verificando in questi primi Consigli della legislatura, dove si ascoltano più arringhe di avvocati pro domo sua, che interventi volti a tutelare dei principi fondamentali dell’ordinamento e l’interesse generale, con norme che danno l’impressione di essere non solo ad personam, ma anche contra personam.

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