San Marino. Referendum, i Garanti dichiarano inammissibile il quesito confermativo

San Marino. Referendum, i Garanti dichiarano inammissibile il quesito confermativo

“Non esiste un organo collegiale di autogoverno della magistratura”

I Garanti dichiarano inammissibile il quesito confermativo proposto sulla legge qualificata 

“La richiesta di referendum non può essere dichiarata ammissibile poiché verte sulla composizione di un organo che non rientra fra quelli previsti dalla disposizione dell’articolo 25 della legge qualificata 1/2013. Secondo il primo comma di tale articolo ‘il referendum confermativo di iniziativa popolare è ammesso unicamente per le leggi che riguardano gli organi, gli organismi e poteri fondamentali dello Stato dì cui alla Dichiarazione dei diritti”.

Tra questi, secondo i Garanti – che hanno accolto quindi la tesi del Comitato contrario costituito da esponenti dei partiti di maggioranza e rappresentato da Gian Nicola Berti – non c’è il Consiglio giudiziario, che quindi secondo il Collegio non è un organo costituzionalmente previsto del potere giudiziario.

Il Collegio Garante poi aggiunge che “proprio con riguardo all’impostazione maggiormente valorizzata negli atti del Comitato  Promotore, va anche rilevato che il medesimo Consiglio Giudiziario non è organo del potere giudiziario, né è titolare di attribuzioni giurisdizionali”. Così il Collegio Garante lega il “potere giudiziario” alla “attività giurisdizionale”. Quindi secondo il Collegio Garante, i singoli giudici sono organi del  potere giudiziario, mentre l’organo di autogoverno della magistratura che i giudici li riunisce ed ha, tra l’altro, nei confronti di questi specifiche funzioni, non lo è.

“Tale affermazione – dicono i Garanti nelle motivazioni della sentenza – è fondata su un ulteriore dato di diritto positivo per individuare gli organi del potere giudiziario il riferimento obbligatorio è l’art 2 della legga costituzionale n. 144/2003. Tale articolo al primo comma recita: “Sono organi della giurisdizione ordinaria li Giudice per la terza istanza, il Giudice d’Appello, il Commissario della Legge, il Giudice Conciliatore, l’Uditore Commissariale”.

Viene pure fornita l’indicazione di quali sono gli organi della giurisdizione amministrativa”.

Dicono quindi i Garanti che “tutta la citata legge che definisce gli organi del potere giudiziario si occupa esclusivamente della funzione giurisdizionale e tratta del ruolo dei magistrati. Il Consiglio Giudiziario invece ha compiti diversi dall’esercizio della giurisdizione ed è quindi comprensibilmente escluso, data la sua natura, dalle previsioni della legge”.

Secondo i Garanti “fa quindi parte dell’ordinamento giudiziario ma non del potere giudiziario e per questo, non è qualificabile come organo dello Stato afferente al potere giudiziario. Del resto, in proposito anche la recente sentenza n. 9/2019 di questo Collegio distinguendo fra potere giudiziario (connesso alla funzione giurisdizionale) e ordinamento giudiziario (inglobante la disciplina delle strutture) ha ricondotto il Consiglio Giudiziario proprio all’ordinamento giudiziario”.

Poi aggiungono i Garanti che “un ipotetico inserimento del Consiglio Giudiziario fra gli organi del potere giudiziario avrebbe richiesto il ricorso alla previsione di una legge costituzionale (come prescritto dall’art 3 della Dichiarazione dei Diritti, cosi come modificato dall’ art. 3 della L. 36/2002.). La disposizione del comma 16 dell’articolo 3 della Dichiarazione dei Diritti non ammette dubbi: “Gli organi del potere giudiziario sono istituiti per legge costituzionale”, mentre il Consiglio Giudiziario “è fondato su una Legge Qualificata”, dicono i garanti. 

Così, il Collegio Garante conclude: “Una interpretazione estensiva di portata creatrice che riconduca impropriamente il Consiglio Giudiziario tra gli organi del potere giudiziario non può quindi superare tutte le considerazioni di diritto positivo sin qui sinteticamente ricordate”.

Quindi dice lapidriamente il Collegio Garante: “In ultima analisi, alla luce dei riferimenti di diritto positivo sopra richiamati, si può affermare che il Consiglio Giudiziario non è uno degli “organi, gli organismi e poteri fondamentali dello stato di cui alla dichiarazione dei diritti”, né è organo del potere giudiziario”.

Dunque “conclusivamente la richiesta di referendum confermativo in esame non può essere considerata ammissibile, poiché, in riferimento a quanto prescritto dall’alt. 25 Legge Qualificata 1/2013, la materia oggetto del quesito in esame non è riconducibile a organi, organismi e poteri fondamentali dello Stato di cui alla Dichiarazione dei diritti”.

Il referendum confermativo sulla Legge Qualificata, che con tutta evidenza stravolge la composizione del Consiglio giudiziario, quindi, non si farà. Il Collegio Garante, in sintesi, motiva questa inammissibilità del referendum sostanzialmente con due motivazioni.

La prima è che il Consiglio giudiziario non è organo del potere giudiziario, poiché non è previsto esplicitamente come tale dalla legge costituzionale. Legge costituzionale – nello specifico la Carta dei diritti – che elenca quali sono i poteri costituzionali.

In secondo luogo, essendo quindi possibile presentare referendum confermativi solo su Leggi Qualificate afferenti ai poteri dello Stato previsti come tali dalle Leggi costituzionali, il referendum sulla Legge qualificata che modifica la composizione del potere giudiziario non è ammissibile.

Non è dato sapere se la decisione da parte dei Garanti sia stata presa a maggioranza – possibile per legge – oppure all’unanimità, perché questo non viene mai specificato.

Si può però notare una circostanza che non pare di aver mai visto nelle firme in calce alle sentenze dei Garanti, ovvero la specificazione dei ruoli che ciascuno di questi ha avuto nel Collegio che ha presieduto l’udienza. La sentenza è infatti firmata dal Presidente, Giovanni Nicolini, in qualità di “Relatore d’udienza”. Dall’avvocato Giuseppe de Vergottini, membro effettivo, in qualità di “Redattore” e da Kristina Pardalos, membro effettivo. C’è da rilevare come si tratti anche della prima – e forse unica visto che tutti i termini restano ad oggi sospesi – udienza in tempi di coronavirus. Circostanza che ha visto anche una udienza in video conferenza, svoltasi tra molte difficoltà tecniche.

L’inammissibilità del referendum, fa decadere anche il problema della raccolta firme, che si sarebbe posto, in tempi di restrizioni per via dell’emergenza, qualora il quesito fosse stato dichiarato ammissibile. Così non è.

A questo punto ai promotori potrebbe rimanere la strada del referendum propositivo, più complessa però da percorrere. L’ingerenza sulla magistratura, nelle intenzioni neppure troppo velate della maggioranza, può quindi per ora proseguire.

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