Per San Marino il rischio di essere deferita alla Corte di Giustizia dell’Ue

Per San Marino il rischio di essere deferita alla Corte di Giustizia dell’Ue

San Marino rischia di essere deferita alla Corte di Giustizia dell’Ue

Davide Pezzi

Preoccupazioni circa la volontà di applicare in modo retroattivo leggi approvate di recente”, aveva detto la senatrice Stefania Craxi durante la Commissione Affari Esteri congiunta del 2 luglio scorso. “Scelte legislative che rischiano di alterare fortemente i fondamentali principi dello Stato di diritto nella Repubblica di San Marino”, hanno scritto i 5 giuristi ex-membri del Collegio garante nella lettera inviata giovedì alla Reggenza, al Congresso di Stato e ai membri del Consiglio, e di cui noi abbiamo dato ampio risalto nell’edizione di ieri. Oggetto di tante legittime preoccupazioni è la legge qualificata n. 1/2020, approvata al termine della faticosa e aspra seduta consiliare del 18 febbraio scorso. In detta legge veniva presentata una modifica dell’art. 6 della legge qualificata 30 ottobre 2003, togliendo il diritto di voto al dirigente, creando così il paradosso di un dirigente che presenta la relazione sullo stato della giustizia senza però poterla votare.

Nicola Renzi (Rf) in Consiglio aveva sottolineato che “togliendo il diritto di voto al dirigente si crea uno squilibrio nella composizione paritetica del Consiglio giudiziario plenario. Ce lo dice in maniera chiara la sentenza dei Garanti, che definisce la presenza del dirigente indispensabile per assicurare che esigenze e problemi dell’ufficio che dirige siano puntualmente portati all’esame dell’organo collegiale”.

Ma è soprattutto l’interpretazione autentica del quinto comma dell’art. 7 della legge qualificata 30 ottobre 2003 che ha spinto gli ex-membri del Collegio garante a esprimere “costernazione e vivissima preoccupazione” nella loro lettera. Quella norma di interpretazione autentica, scrivono, “interferisce gravemente con l’indipendenza della Magistratura, intervenendo su procedimenti pendenti e modificando la composizione dell’organo di garanzia e autogoverno dell’ordinamento giudiziario: il Consiglio giudiziario”.

Ma cosa si intende per “interpretazione autentica”? In pratica è una norma, approvata dal legislatore, per scegliere quale, fra le possibili interpretazioni di una o più disposizioni, sia da considerare espressione della volontà del legislatore. Nello specifico l’art. 3 dice che “il Consiglio Giudiziario riunito in seduta plenaria è composto in via prioritaria dai Magistrati nominati a tempo indeterminato, vale a dire che abbiano superato laddove previsto il periodo di prova. Solo qualora il numero dei Magistrati a tempo indeterminato sia inferiore a quello degli altri componenti, il Consiglio Giudiziario riunito in seduta plenaria è integrato sulla base degli altri criteri previsti dalla legge”.

Come già sottolineato in Consiglio dalle Opposizioni, sembrerebbe qui configurarsi più una modifica della legge che una interpretazione. Inoltre, per sua natura, l’interpretazione autentica è retroattiva, in quanto tale legge generalmente dispiega i suoi effetti dal momento in cui la legge oggetto dell’interpretazione è entrata in vigore. In definitiva, se il Consiglio Giudiziario nella scorsa legislatura non era legittimamente costituito – secondo l’interpretazione voluta dalla Maggioranza – se ne potrebbero impugnare le decisioni.

Gli ex-membri del Collegio garante firmatari della lettera hanno colto appieno la pericolosità di questa legge, i cui effetti “saranno di rendere a posteriori ed ex lege irregolare – in violazione dei principi fondamentali di certezza del diritto e tempus regit actum – la composizione di un organo che, all’epoca dell’adozione dei propri atti, era perfettamente legittimo. Tutto ciò – sottolineano – vulnera gravemente i principi basilari dell’organizzazione dei poteri e dell’indipendenza della Magistratura sammarinese, garantiti sia dalla Dichiarazione dei diritti, sia dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo”. Tra l’altro, come ricordato da Ssd, San Marino rischia di diventare il secondo caso dopo la Polonia, deferito alla Corte di Giustizia per le ingerenze sulla Magistratura. 

Lunedì nel Consiglio Giudiziario Plenario probabilmente si farà un passo ulteriore verso quel tribunale “terra da ceci” profeticamente annunciato da Gabriele Gatti qualche mese fa, parole che molti avevano accolto con un sorriso, e che stanno diventando sinistramente reali. Ed è difficile oggi non vedere il progetto dietro a tutto il lavoro del Governo sui temi della giustizia, che sta dando già dei frutti, dalle ricusazioni a raffica, alla remissione della querela contro Roberto Ciavatta ed Emanuele Santi, alla probabile cacciata lunedì del prof. Giovanni Guzzetta, fino alla possibilità, grazie alla modifica (chiamiamola così e non interpretazione autentica, per onestà) della Legge che darà al Governo la possibilità di ribaltare tutte le decisioni ritenute scomode assunte dal Consiglio Giudiziario negli ultimi anni. Proprio quando si stanno svolgendo importanti processi, forse i più importanti nella storia moderna della Repubblica, non è difficile capire l’appello dei 5 ex componenti del Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme, “affinché venga evitata la grave interferenza contro l’indipendenza della Magistratura”.

——–

Il caso della Polonia, non così diverso dal nostro: il Parlamento polacco ha adottato una legge, firmata dal Presidente Duda, che ha riformato un precedente provvedimento normativo oggetto di significativa censura da parte della Commissione europea: quello che, attraverso l’abbassamento dell’età di pensionamento dei magistrati, avrebbe permesso alla formazione politica dominante una vera e propria ricostruzione della Corte suprema

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy