San Marino. Giudici cacciati: dietro bugie e trame

San Marino. Giudici cacciati: dietro bugie e trame

Bugie e trame dietro alla cacciata dei giudici

Avevo chiesto ad un amico italiano, esperto di diritto costituzionale e che nulla sapeva delle vicende nostrane, cosa ne pen- sava del fatto che il ministro, presentatore della legge, non sapesse rispondere sugli effetti che la stessa avrebbe avuto. Non ho ottenuto risposta, talmente assurda e surreale era la domanda: “cioè il ministro presenta una legge e non sa che effetti ha?”. Tutti ricordano il ministro alla giustizia Massimo Andrea Ugolini – durante la discussione di approvazione della legge costituzionale n. 1 dell’anno 2020 – dire “non so se avrà effetti retroattivi”. Sic et simpliciter; con la sponsorizzazione e la eco del consigliere – burattinaio sul fronte politico/avvocati del disegno di lottizzazione del tribunale – Gian Nicola Berti, che diceva “in ogni caso decideranno dei giudici”.

Ecco, ora è chiaro: mentivano tutti e due. Avevano già previsto che la legge avesse effetti retroattivi. E che non sarebbe stata applicata dai giudici, ma dai politici, per cacciarne alcuni, intimidirne altri. Gli uni e gli altri, ovviamente, non appartenenti alla sparuta minoranza di giudici in tribunale raccolti come pulcini attorno alla sottana dell’ex magistrato dirigente Valeria Pierfelici – burattinaia sul fronte magistratura del disegno predetto.

La legge di interpretazione autentica infatti non è stata applicata da un giudice, nell’ambito di una causa. Ma inserita all’ordine del giorno del consiglio giudiziario plenario, quello dove comandano i politici. E l’inserimento è stato fatto dallo stesso Ugolini. Si proprio lui, non sappiamo se motu proprio o quale avatar dei burattinai precitati (un po’ come non si sa se la trasferta a Perugia, per blandire il giudice David Brunelli, fosse stata fatta per conto terzi). Lui che diceva che non sapeva se avrebbe avuto effetto retroattivo, e che sarebbe stata applicata da un giudice, la inserisce all’ordine del giorno per cacciare giudici non graditi già eletti e quindi attribuendo efficacia retroattiva. Ma c’è di più. La proposta era di “prendere atto”: altro che applicazione da parte di un giudice, come promesso. Nemmeno una votazione nel consesso misto politico/giudiziario. Così, una presa d’atto, e giudici e dirigente a casa: a casa il prof. Ferdinando Treggiari che ha vinto un concorso un anno fa, a casa il prof. Andrea Morrone che ha vinto un concorso un anno fa, a casa il prof. Giovanni Guzzetta (en passant, ci sembra abbia prestigio e qualche entratura in più in Italia del precedente magistrato dirigente Valeria Pierfelici, sessantenne assegnista di ricerca confermato all’università di Urbino, che a tutti sembra un po’ smarrita oltre il corridoio del proprio ufficio in tribunale, quel corridoio solcato a più riprese da molti politici), a casa il sammarinese Massimiliano Simoncini, che è stato eletto Commissario della Legge un anno fa dopo ben dieci anni di uditorato (lavorando sodo, e mai facendo pubblicamente un piccolo cenno di polemica).

Massimo Andrea Ugolini, il ministro della giustizia, ha clamorosamente mentito in Consiglio Grande e Generale. Questo va detto, e va detto chiaramente, e bisognerà trarne le conseguenze sul piano politico. Perché la vicenda lascia intravedere una evidente premeditazione, una progettazione a tavolino (o ai Tavolucci?), volta a lottizzare completamente il tribunale. Con la cacciata dei giudici di appello e del dirigente non solo ci si sarebbe liberati di magistrati non allineati al governo, ma si sarebbe allo stesso tempo provocato la dimissione di altri (che, avendo altre professioni e un certo prestigio, non sarebbero più disposti ad essere associati ad un Paese che fa strame dei più elementari principi democratici), ed intimiditi i restanti che avrebbero così dovuto genuflettersi all’antico potere tornato in auge. Soprattutto si sarebbero promossi i propri favoriti, riempendo le caselle lasciate vuote. Valeria Pierfelici giudice d’appello civile. Isabella Pasini giudice amministrativo d’appello, ruolo che le consentirebbe – come pare preferire –di lavorare da Riccione o da Cortina con maggior agio. Davide Giovagnoli magistrato dirigente, proprio lui, il figlio del democristiano Gino Giovagnoli, quello che si affretta dopo ogni intervento del consigliere Gian Nicola Berti a portargli i rallegramenti del figlio. E poi i fedelissimi e devoti uditori Francesco Santoni ed Elisa Beccari, che hanno addirittura fatto causa al povero Simoncini colpevole di avere anni e anni di anzianità in più, cicisbei dell’ex magistrato dirigente, promossi a Commissari della Legge. D’altronde, l’ordine del giorno dell’ultimo consiglio giudiziario plenario, era il perfetto programma del bandito che vuole assaltare la diligenza: presa d’atto della nullità, esame del “ricorso” Barchiesi (qualora andasse male la prima; staremo a vedere), rivedere tutti gli organici con concorsi interni, sfiducia a Guzzetta (qualora andasse male la prima, e comunque dovendolo fare, visto che lui stesso lo ha chiesto).

La maggioranza dovrebbe però aver imparato dalla storia che durante gli anni del fascismo gli eroi veri si chiamano disertori. La metafora pare piuttosto azzeccata, anche come appartenenza politica (seppur, singolarmente, nella stessa lista). La coerente prepotenza del burattinaio politico, si è trovata di fronte il coraggio del socialismo che difende democrazia e stato di diritto.

Per il prode Severini il coraggioso sarebbe però amico del Commissario Laura Di Bona. Bene, se vogliamo mantenerci su questo piano cosa vogliamo dire degli avvocati della Pierfelici in parlamento, del padre di Giovagnoli consigliere della democrazia cristiana, dei rapporti tra Pasini e De Vergottini?

Non vogliamo dire niente, è un piano che non ci piace. Forse conviene solo chiosare con le parole dello stesso Giovagnoli – ed è il nostro “incipit finale”, Zeppa docet – in consiglio giudiziario: distanti da ogni “perspicace volontà”, bisogna “calmierare la situazione” e “riportare la discussione nell’alveolo”.

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