San Marino. Tribunale: col riassetto Pierfelici indagini passano di mano

San Marino. Tribunale: col riassetto Pierfelici indagini passano di mano

Tribunale, col riassetto indagini passano di mano

Antonio Fabbri

Il provvedimento che riorganizza nottetempo i carichi di lavoro, firmato dal magistrato dirigente reintegrato dalla politica, Valeria Pierfelici, attraverso una la cui legittimità è ancora tutta da verificare, considerati i presenti in Consiglio giudiziario plenario, numeri su cui l’opposizione ha chiesto conto, potrebbe causare grossi rischi alle indagini che passano di mano e rischiano di subire turbolenze e battute di arresto. Senza parlare del riverbero generale che la situazione avrà sul piano nazionale italiano e, c’è da aspettarselo, internazionale. Senza parlare, inoltre, delle possibili contestazioni degli avvocati, che sui passaggi di mano discrezionali non mancheranno di certo di formulare eccezioni. Diverse di queste inchieste riguardano casi di riciclaggio già noti alle cronache per la grossa risonanza che hanno avuto. Anche a livello nazionale italiano.

Chi si ricorda, ad esempio, il caso Siri? Il sottosegretario della Lega accusato di riciclaggio per finanziamenti concessi da una banca sammarinese. Ebbene, l’indagine è stata aperta e portata avanti fin dall’inizio dalla professoressa Laura di Bona. Questa indagine le è stata sottratta dalle nuove disposizioni impartite, quanto legittimamente si vedrà, dalla dottoressa Pierfelici reintegrata in una notte con voto della maggioranza politica.

Quale senso abbia questa decisione dovrebbe spiegarlo chi l’ha adottata, anche perché oltre a esporre il procedimento alle contestazioni degli avvocati che potrebbero sollevare la violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge, essendo discrezionalmente passato di mano senza, apparentemente, alcuna motivazione plausibile, dovrebbe finire a uno dei due inquirenti rimasti, tra l’altro senza la possibilità di trattazione in pool. C’è da dire che uno dei due inquirenti, Simon Luca Morsiani, ha già avuto difficoltà con l’arretrato dei fascicoli, centinaia dei quali sono finiti in prescrizione processuale, come rilevato dalla relazione sullo stato della giustizia del professor Lanfranco Ferroni, ma anche dalla relazione precedente della stessa dottoressa Pierfelici che aveva rilevato, nero su bianco, il problema dell’arretrato di quel Commissario della legge. La stessa, anche in una recente audizione, avrebbe tra l’altro evidenziato e ribadito il problema.

In alternativa questo fascicolo potrebbe andare a Roberto Battaglino, che con le nuove disposizioni risulta oberato quanto a reati di competenza, oltre a numerosi procedimenti in fase decidente che dovrà comunque portare avanti. Più le esecuzioni penali. Questo senza considerare che è praticamente da un decennio che non fa più istruttoria, essendo stato finora destinato alla sola decisione penale. Perché, allora, non si sono lasciati in carico a chi li aveva già istruiti, procedimenti complessi e aperti come, appunto, il caso Siri? Viste le difficoltà evidenti cui andranno incontro i nuovi inquirenti, è difficile che si possa sostenere che si è voluta dare maggiore celerità e incisività alle inchieste su questi procedimenti. Tra l’altro la vicenda di Armando Siri, ex viceministro leghista delle infrastrutture e vicino a Matteo Salvini, è guardata con molta attenzione da oltre confine.

Scoppiò giusto nel luglio di un anno fa. Riguarda due ‘prestiti di favore a elevato rischio’ concessi dalla Banca Agricola Commerciale di San Marino e caratterizzati da una doppia serie di ‘violazioni sistematiche’ delle regole creditizie: 750 mila euro sarebbero stati incassati dal senatore tra ottobre e gennaio del 2019, quando era ancora viceministro delle Infrastutture, e altri 600 mila sarebbero stato ottenuti appena tre mesi fa da un imprenditore a lui collegato.

Le presunte anomalie più gravi della pratica di Siri riguarderebbero documenti decisivi che risultano ‘alterati’, ‘cancellati’, ‘omessi’ o ‘tenuti nascosti’. L’indagine della procura di Milano sugli affari di Siri a San Marino era nata all’inizio del 2019 dalla segnalazione antiriciclaggio di un notaio milanese, rivelata dalla trasmissione Report, che riguardava i 585mila euro utilizzati dall’esponente leghista per acquistare una palazzina alla periferia di Milano, intestata però a sua figlia.

In realtà l’Agenzia di informazione finanziaria rese noto che le segnalazioni partirono proprio dall’autorità di vigilanza sammarinese che rilevarono come i finanziamenti risultassero “in contrasto con i principi di sana e prudente gestione” che ogni banca dovrebbe rispettare, tanto da esporla a “un elevato rischio reputazionale oltre che di mancato recupero del credito”. A seguito dell’apertura di questa inchiesta Bac cessò il rapporto con l’allora Direttore generale, che venne sostituito. Bac si difese pubblicamente sostenendo la regolarità delle operazioni.

Anche a San Marino, oltre che a Roma e a Milano, venne aperto un fascicolo dal Commissario della legge Laura di Bona. Fascicolo che adesso, d’imperio e apparentemente senza motivazioni plausibili, le viene sottratto determinando possibili eccezioni dei difensori, possibili battute d’arresto e incertezze sul proseguo dell’istruttoria di questo importante caso.  

 

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