San Marino. Giudici e loro autonomia, lasciarli in pace. Lettera firmata

San Marino. Giudici e loro autonomia, lasciarli in pace. Lettera firmata

“Lasciare in pace i giudici e la loro autonomia”

Riceviamo e pubblichiamo:

La Repubblica di San Marino vive tempi difficili, a causa della questione Giustizia, o meglio, a causa della questione Giudici. In passato i magistrati sammarinesi erano scelti elettivamente, con l’assenso del locale Parlamento. Provenivano dal mondo universitario italiano. Non potevano essere sammarinesi di cittadinanza, date le ristrette dimensioni della repubblica. Giuristi del calibro di Guido Astuti, giudice delle appellazioni civili, Giannini, Scialoja, Ramoino, hanno messo la loro scienza al servizio del piccolo Stato. Anche Arturo Carlo Jemolo ha contribuito a ispirare il diritto locale fino al 1973. Nonostante fossero tutti italiani, nessuno ha mai pensato di criticarne la cittadinanza italiana, e loro mai hanno pensato di esportare il diritto italiano nella Repubblica, ben consapevoli che il segreto della libertà e della democrazia di un piccolo Stato si deve proprio alla tipicità delle sue istituzioni.

Alla fine del secolo scorso, la smania partitocratica di alcuni partiti, ha ben pensato che tutti i partiti, non solo la maggioranza, dominata allora dalla Democrazia cristiana, avrebbero dovuto concorrere all’“autogoverno” della magistratura. Per questo, sul motto della difesa della divisione dei poteri, hanno partorito la spartizione della magistratura tra i partiti, dando il potere a una specie di Consiglio superiore della magistratura che, di “superiore” ha soltanto la supremazia dei partiti che lo compongono, proporzionalmente, dominando la metà dei suoi componenti. Correvano gli ultimi anni del secolo scorso. Come ha fatto la Democrazia cristiana sammarinese a non accorgersi che la Dc italiana è caduta proprio sotto i colpi della magistratura politicizzata, secondo cui: “non potevi non sapere”, e poi, “anche se hai ragione ti si deve dare torto” (Palamara). A quei tempi a San Marino c’era un principe repubblicano, un Segretario agli affari esteri che aveva studiato alla scuola di Giulio Andreotti. Dov’era il giorno in cui Andreotti illustrava i difetti del CSM italiano?

Così è andata e quel principe repubblicano sta pagando di persona, oggi, la sua imperdonabile svista. Principato di Andorra, Principato di Monaco, Liechtenstein non hanno commesso questo madornale errore e veleggiano, attraverso i secoli, in acque tranquille, departitizzate, anche perché i loro giudici non fanno e non hanno mai fatto politica. Dal 2002, con l’accesso alla magistratura sammarinese da parte dei giovani laureati in giurisprudenza sammarinesi ha vinto, giustamente, l’orgoglio nazionale. Ha perduto però la neutralità del ruolo della magistratura, che si è ulteriormente frantumata nella logica della divisione, per fini di controllo politico.

Fino ad arrivare all’oggi. Con un occhio all’Italia, si è capito che i governi non cadono tanto per il mal governo, quanto per i colpi inferti dalla magistratura. E allora tanto vale trarne le conseguenze. La crisi generale delle banche ha colpito in maniera massiccia il sistema finanziario sammarinese. L’ultimo governo del 2019, in piena crisi economico- finanziaria, è caduto, proprio sotto i colpi della magistratura, inferti a una Banca (il CIS). A partire dal 2019, la Democrazia cristiana è tornata al governo della Repubblica, in una alleanza spuria, che assembla, assieme gli eredi del partito comunista italiano (Bonaccini Governatore è di casa e visite di cortesia in via del Nazareno proliferano), anche un partito populista di matrice pentastellata. Nel bel mezzo di una crisi finanziaria, che vede le autorità locali alla ricerca di sponsor internazionali, idonei a garantire un prestito di 500 milioni di euro, il tema centrale all’odg del piccolo Stato è diventato improvvisamente la giustizia.

Del resto Italia docet. I successi conseguiti nella campagna elettorale non possono essere compromessi da una magistratura variegata e non tutta dominabile. Da qui, il rinnovo repentino ed egemone della locale Corte costituzionale, in violazione della prassi di tutela delle minoranze. Soprattutto, nel mese di febbraio, c’è stata l’approvazione della nota legge qualificata, votata in fretta e furia (con procedura d’urgenza) che, retroattivamente, pretende d’interferire in alcuni processi in corso contro il vecchio dirigente del tribunale. Soprattutto intenderebbe ottenere la cacciata di quattro giudici, tra cui: il giudice dell’appello civile e il giudice dell’appello amministrativo (ruoli essenziali, ricoperti da professori ordinari in materie giuridiche delle migliori università italiane, privi di ogni appartenenza politica). La manovra è troppo sfacciata per non scatenare reazioni. Alcuni giorni fa, dieci giudici, più dei due terzi dell’organico dei magistrati locali, hanno inoltrato un formale atto di denuncia al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejcinovic Buric, al Comitato di sorveglianza dell’Assemblea Parlamentare, al Consiglio consultivo dei giudici europei, al GRECO, per denunciare la manovra, unitamente all’avvenuta negazione del diritto di espressione, nell’ambito del Consiglio della magistratura, non dominato dal Governo. Le cronache riferiscono di tutto. Un membro laico è stato obbligato a dimettersi dal parlamentino dei giudici, perché in dissenso con i disegni della maggioranza. Un altro, d’ispirazione socialista e libertaria, decisivo nello sventare una prima deliberazione, è stato anch’esso indotto alle dimissioni. La maggioranza non demorde. Con un colpo di mano, senza mettere all’ordine del giorno l’annullamento della revoca della dott.ssa Pierfelici, l’ha rimessa in sella con un voto di dubbia legittimità, che ha tagliato fuori il Prof. Giovanni Guzzetta.

Il 24 luglio 2020 resterà una data storica nella storia costituzionale della Repubblica. Il vecchio magistrato dirigente la dott.ssa Piefelici, revocata dall’incarico per aver diffamato e calunniato alcuni giudici, è stata reintegrata nelle funzioni di dirigente, per poi dimettersi subito dopo. Nei pochi minuti, in cui ha potuto esercitare le sue funzioni, ha redistribuito gran parte delle competenze del tribunale, emarginando coloro che avevano gestito delicati processi contro politici e membri dei vecchi governi. Ha anche disposto, con un provvedimento nebuloso ed ambiguo, che la competenza sul fascicolo per calunnia che la riguarda direttamente sia trasferito ad altri giudici.

Come possono essere indotti i risparmiatori internazionali, che dovrebbero sottoscrivere il prestito di 500 milioni, per pagare gli stipendi e le locali pensioni, a prestare fiducia ai governanti di San Marino?

Stupisce l’assenza di comportamenti collettivi diretti a salvaguardare la credibilità delle istituzioni sammarinesi. Per quattro giudici in più o in meno San Marino perde la faccia nell’ambito internazionale. Com’è mai possibile? Non esistono istituzioni di garanzia capaci di dirimere le dispute partitocratiche? I garanti della democrazia e della libertà quando riassumono le proprie funzioni?

Verrebbe da consigliare la designazione di un garante esterno, come ha fatto un consigliere di maggioranza, nello scandalo generale. Alcuni parlano di un commissariamento della giustizia da parte di organismi internazionali.

No. Non ci sono scorciatoie. I panni sporchi si lavano in casa. Lasciando in pace i giudici e la loro autonomia. Se c’è qualcuno che ha sbagliato è bene che paghi, anche se si tratta della dott. ssa Pierfelici. Nella furia dissolutoria della sera del 24 maggio la dott.ssa Pierfelici non si è limitata ad azzerare il ruolo del Prof. Guzzetta, ma ha infierito, non si sa perché, anche contro il suo vice il dott. Battaglino, cosicché oggi il Tribunale non ha nessun punto di riferimento e l’applicazione delle nuove competenze resta in mano alla stessa Pierfelici nei cui confronti pendono delicati procedimenti penali.

Lettera firmata

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