San Marino. Riciclaggio, ricorso per riavere soldi già confiscati

San Marino. Riciclaggio, ricorso per riavere soldi già confiscati

Fa ricorso per riaver indietro i soldi frutto di reato già confiscati

Il caso davanti al Giudice di terza istanza. torna in tribunale il primo storico caso di riciclaggio sentenziato sul Titano

Antonio Fabbri

Due ricorsi in terza istanza pe- nale, davanti al giudice Michele Sesta, nella mattinata di ieri.

Il primo caso di riciclaggio Il primo ricorso riguarda un caso passato in giudicato, con la confisca di quasi 2 milioni di euro già incamerati all’erario, relativo al primo procedimento per riciclaggio giunto a sentenza definitiva sul Titano. La vicenda processuale risale al 2005 e all’epoca si parlò di sentenza storica, perché fu, appunto, la prima in assoluto per riciclaggio di denaro a San Marino. A finire davanti al giu- dice, all’epoca, furono il padre e la ex compagna del ricorrente odierno, entrambi residenti a Forlì, e un falegname, residente a San Marino.

A ricorrere, oggi, è Gianluca Zaghini, figlio ed ex compagno dei due imputati dell’epoca. Zaghini, verso la fine del 2003, venne accusato in Italia di truffa ai danni dello Stato per illecito traffico d’auto. Tramite rogatoria, la Procura di Forlì aveva poi scoperto l’esistenza di una cassetta di sicurezza in una banca sammarinese nella quale furono trovati circa 1 milione e 900mila euro. Secondo le accuse, poi cristallizzate nella sentenza definitiva di appello, si trattava del denaro ritenuto di provenienza illecita nascosto da Zaghini.

La sentenza fu di condanna in primo grado da parte dell’allora giudice Vittorio Ceccarini. Le condanne andarono, sulla base della legge dell’epoca, dai tre mesi a un anno e mezzo di prigionia. Venne concessa la sospensione condizionale della pena, ma fu disposta anch e la confisca del denaro ritenuto di provenienza illecita. La condanna fu confermata in appello, così come la confisca.

Si procedette, quindi, all’esecuzione, e lo stato incamerò il denaro ritenuto di provenienza illecita e, pertanto, confiscato. Ma perché, allora, il caso torna oggi in tribunale? Perché, Gianluca Zaghini, che venne ritenuto l’autore del reato presupposto e che quindi all’epoca non era imputato in quanto non era ancora stato introdotto il reato di “autoriciclaggio”, ha deciso, tramite l’avvocato Alberto Francini, di ricorrere oggi contro la confisca del denaro di sua proprietà. Nella sostanza i motivi di ricorso davanti al Giudice di terza istanza insistono sul fatto che Gianluca Zaghini non fu parte del processo e non fu messo al corrente, tramite notifica, dell’esito del procedimento, né dell’esecuzione, seguita alle condanne definitive, sulle somme che rivendica come di sua proprietà. Quindi, per il ricorrente, non sarebbero state rispettate le garanzie dovute verso il titolare delle somme.

Diversa la posizione della Procura fiscale, ieri in aula rappresentata dalla dottoressa Giorgia Ugolini, che ha chiesto il rigetto della domanda del ricorrente.

Gianluca Zaghini ieri in aula, non era presente all’epoca al processo, infatti, perché non imputato. Allo stesso tempo, stando anche alle pronunce della Corte dei Diritti dell’Uomo, non può vantare la restituzione di denaro che è stato accertato essere frutto di reato. Denaro che, pertanto, non può essere rimesso in circolazione. Si chiede indietro, cioè, il profitto del reato, ha rilevato di fatto il Pf. Restituendolo si andrebbe quindi a vanificare la stessa ratio della normativa antiriciclaggio, che è proprio quella di evitare che il denaro di provenienza illecita venga rimesso in circolazione, tornando nella disponibilità di chi è ritenuto l’autore del reato presupposto. Il giudice di terza istanza Michele Sesta si è riservato di decidere.

Il secondo ricorso Il secondo ricorso riguarda, invece, un caso che è ancora in fase istruttoria ed è relativo a un presunto riciclaggio legato all’inchiesta italiana denominata “Dirty leather2”. In ballo c’è il sequestro probatorio e cautelativo di 1.453.000 euro, denari che, secondo quelle che per ora sono le ipotesi investigative, sarebbe di provenienza illecita legato ad evasione dell’Iva.

A ricorrere contro il provvedimento di sequestro, Walter Sacchetto, attraverso gli avvocati Alessandro Cardelli e Francesco Mussoni del foro di San Marino assieme al collega italiano Emanuele Amati.

Il Procuratore del Fisco Giorgia Ugolini ha sottolineato che “l’unico motivo posto a fondamento del ricorso è l’insussistenza del fumus commissi delicti non- ché l’assenza di attendibilità accusatoria, ma – ha rilevato il Pf – consolidata giurisprudenza di questa Repubblica precisa come ai fini del sequestro preventivo e provvisorio, possano valere valutazioni presuntive come motivazione valida per il provvedimento di sequestro nella fase preliminare delle indagini. Altro argomento da cui si dissente è quello secondo cui dovrebbe esserci necessariamente una indagine di una autorità giudiziaria estera per poter procedere al sequestro a San Marino. Non è così perché ogni autorità giudiziaria agisce secondo la propria autonomia”.

Il Pf Ugolini ha quindi chiesto di confermare il sequestro.

Di diverso avviso, ovviamente, gli avvocati del ricorrente. L’avvocato Alessandro Cardelli ha ricostruito la cronologia dei versamenti, i primi, per la parte più consistente, fatti tra il 2005 e il 2006 in contanti. “Il solo deposito di denaro in contante –ha detto l’avvocato Cardelli citando anche giurisprudenza italiana – non può essere indice presuntivo per sostenere il fumus per il sequestro”.

Il collega Emanuele Amati ha aggiunto: “Sono passati 13 anni dal deposito più consistente, non emerge nessun carico pendente legato a quelle somme nei confronti del nostro assistito. È stata fatta una rogatoria, ormai cos’altro può arrivare dall’Italia? Nulla che giustifichi la misura del sequestro. Il nostro assistito è già stato sotto i raggi x della Guardia di Finanza e della Autorità giudiziaria italiana. Se loro non hanno trovato niente, come si può pensare di bloccare queste somme?”. Ed hanno quindi chiesto il dissequestro.

Anche in questo caso il giudice Sesta si è riservato di decidere.

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