Otto marzo, don Mangiarotti: “Una festa, oltre la retorica e i falsi miti”

Otto marzo, don Mangiarotti: “Una festa, oltre la retorica e i falsi miti”

Otto marzo, don Mangiarotti: “Una festa, oltre la retorica e i falsi miti”

Ci sono racconti e celebrazioni che sembrano resistere all’attacco del tempo e alle smentite della storia, perché sembrano più commoventi della nuda realtà.

Così sembra essere, oltre al destino del mito di “Che” Guevara, inossidabile nonostante il racconto della cruda realtà e alle tante “fake news” della Storia che nessuna evidenza pare ridimensionare, anche l’origine della “Festa della donna”.

Accenno alle considerazioni di Vittorio Messori: “Piuttosto imbarazzante scoprire di recente (e da parte di insospettabili quanto deluse femministe) che il mitico 8 marzo si basa su un falso che, a quanto pare, fu elaborato dalla stampa comunista ai tempi della guerra fredda, inventando persino il numero preciso di donne morte: 129. Ma è anche straordinario constatare quanto sia plagiabile proprio quella cultura che più si dice ‘critica’, che guarda con compatimento (per esempio) chi prenda ancora sul serio quelle “antiche leggende orientali” che sarebbero il Natale, la Pasqua, le altre ricorrenze cristiane…” (Pensare la Storia).

Al di là però della retorica, vale la pena, proprio in occasione della celebrazione di quest’anno, ricordare le straordinarie parole di Giovanni Paolo II nella indimenticabile “Lettera alle donne”, perché spalanca un orizzonte realistico di rispetto che potrà, in questo tempo difficile, riaprire alla speranza. (Chi ha letto il libro di M. A. Macciocchi a proposito delle riflessioni di questo grande Papa sulla donna non potrà che avere conferme di quanto luminoso e attuale sia il contenuto di questi pensieri pontifici. E queste parole stanno scolpite nella mente di chi preferisce la realtà ai pregiudizi: “Lui [Giovanni Paolo II] mi attendeva seduto al lungo tavolo del salone. Aveva tra le mani il volume e mi attendevo un piccolo ringraziamento formale. Invece il Papa, alzando gli occhi dal volume, che teneva davanti a sé, mi indirizzò queste parole stupefacenti: ‘Credo nel genio delle donne’. Mi sembrava di non aver capito bene, lo guardai interrogativa e lui ripeté con fermezza, quasi fosse una frase di sfida, martellando le parole con la sua voce profonda: ‘Credo nel genio delle donne’”.

Davanti alla mia meraviglia, continuò: “Anche nei periodi più oscuri della storia si trova questo genio che è la leva del progresso umano e della storia”. Voleva farmi una confidenza? Affidarmi una nuova intuizione? Ma queste parole dette a una donna, ritornata da tutto e anche da se stessa, furono così sorprendenti per il mio spirito che non si cancellarono più. Le ritrovai, il 30 settembre dello stesso anno, nella lettera apostolica “Mulieris Dignitatem”. Ero stata la prima tra tanti vaticanisti, e giornalisti gelosi come scimmie, ad avere ottenuto il documento dagli uffici vaticani del Papa e quindi la prima che ne scrisse sul “Corriere della Sera” il 30 settembre 1988. Il giornale, per una volta, pubblicò il mio articolo in apertura di prima pagina, sotto il titolo, più stupito che allarmato: “Papa Wojtyla crede nel genio delle donne”).

Dice così Giovanni Paolo II: “La Chiesa desidera ringraziare la santissima Trinità per il ‘mistero della donna’, e, per ogni donna, per ciò che costituisce l’eterna misura della sua dignità femminile, per le ‘grandi opere di Dio’ che nella storia delle generazioni umane si sono compiute in lei e per mezzo di lei.

– Grazie a te, donna-madre, che ti fai grembo dell’essere umano nella gioia e nel travaglio di un’esperienza unica, che ti rende sorriso di Dio per il bimbo che viene alla luce, ti fa guida dei suoi primi passi, sostegno della sua crescita, punto di riferimento nel successivo cammino della vita.

– Grazie a te, donna-sposa, che unisci irrevocabilmente il tuo destino a quello di un uomo, in un rapporto di reciproco dono, a servizio della comunione e della vita.

– Grazie a te, donna-figlia e donna-sorella, che porti nel nucleo familiare e poi nel complesso della vita sociale le ricchezze della tua sensibilità, della tua intuizione, della tua generosità e della tua costanza.

– Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l’indispensabile contributo che dai all’elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del ‘mistero’, alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità.

– Grazie a te, donna-consacrata, che sull’esempio della più grande delle donne, la Madre di Cristo, Verbo incarnato, ti apri con docilità e fedeltà all’amore di Dio, aiutando la Chiesa e l’intera umanità a vivere nei confronti di Dio una risposta «sponsale», che esprime meravigliosamente la comunione che Egli vuole stabilire con la sua creatura.

– Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna! Con la percezione che è propria della tua femminilità tu arricchisci la comprensione del mondo e contribuisci alla piena verità dei rapporti umani”.

Credo nel genio delle donne, con quella ampiezza di vedute che la Chiesa, con la voce di papa Giovanni Paolo II ci ha testimoniato.

 

Don Gabriele Mangiarotti

 

 

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