San Marino. Riciclaggio, appello in videoconferenza

San Marino. Riciclaggio, appello in videoconferenza

Caso di riciclaggio, processo di appello in videoconferenza

Antonio Fabbri

Processo di appello in videoconferenza, ieri, davanti al giudice delle appellazioni Francesco Caprioli.

Il caso discusso è quello che ha visto in primo grado condannati per riciclaggio di una somma di 65mila euro, l’ex vice direttore dell’EuroCommercialBank, Loris Zavoli, e un correntista, Filippo Bellinghieri, messinese, accusati di avere riciclato i soldi dello zio di quest’ultimo, Giuseppe Bellinghieri, “definito dalla Guardia di Finanza italiana – ha ribadito ieri il procuratore del Fisco Roberto Cesarini – un pregiudicato di lungo corso, dedito a ogni tipo di traffico illecito in cui si prospetti un guadagno, traffico internazionale stupefacenti e usura”.

Questo secondo l’accusa che aveva portato in primo grado a una condanna per Zavoli a 2 anni, pena sospesa, e 2 anni e 4 mesi per Bellinghieri. Le difese contestano queste accuse.

Così se da un lato il Pf ha chiesto la conferma della condanna di primo grado, ritenendo anche che non sia intervenuta la prescrizione, le difese invece hanno chiesto l’assoluzione, e, ritenendo per contro che la consumazione del reato sia avvenuta e si sia esaurita nel 2010, quando vennero depositati i soldi ritenuti illeciti, ritengono anche che il reato sia prescritto.

Il processo di ieri si è aperto con delle dichiarazioni spontanee di Zavoli che ha chiarito alcuni aspetti negando, tra l’altro, di avere mai chiamato Bellinghieri “don Pippo”, come risulta dalle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche dell’autorità italiana. “Non avevo una confidenza tale con il cliente”, ha affermato. Per questo la difesa ha chiesto che vengano acquisite le registrazioni audio, per poterle confrontare con la trascrizione che invece è stata acquisita agli atti. Si inserisce tra le richieste di appello, dunque, anche una istanza istruttoria, sulla quale il giudice deciderà in sentenza.

L’avvocato di Bellingieri, Giuseppe Ragini, ha sottolineato che non è provata nel processo la provenienza illecita del denaro. “Se si ritiene che si tratti di denaro del Bellinghieri Filippo, allora non sarebbe di provenienza illecita, ma frutto del suo lavoro. Se si ritiene che sia dello zio, l’attività del mio assistito si esaurisce all’atto del deposito, perché le altre operazioni successive erano tutte disposte su mandato dello zio. Esaurendosi l’attività del mio assistito nel 2010, il reato è prescritto”, ha detto l’avvocato Ragini. Così anche il collega italiano avvocato Raffa, che ha sostenuto inoltre che nel processo italiano molti reati indicati come presupposti nel processo sammarinese per riciclaggio, sono decaduti.

L’avvocato Pierluigi Bacciocchi, difensore di Zavoli, ha focalizzato l’attenzione sulla mancanza di prove. “Nessuno ha detto perché Zavoli dovesse essere a conoscenza che quei soldi erano di Giuseppe e non di Filippo. Non c’è prova che chi in quel momento ha operato conoscesse la provenienza del denaro, ne si dice perché lo dovesse presumere. Tra l’altro si tratta 65mila euro che non sono stati occultati, perché, contestualmente al deposito, sono stati investiti in azioni e obbligazioni, e solo per una questione formale questa operazione è stata perfezionata dopo un mese. Per cui da un lato se si fossero voluti occultare si sarebbero usati altri strumenti presenti all’epoca, come i libretti al portatore, dall’altro si potrebbe semmai parlare di trasferimento o sostituzione, essendo stati investiti in titoli, ma la consumazione del reato allora si esaurirebbe nel 2010, pertanto sarebbe prescritto”. Di qui la richiesta, da parte dell’avvocato Bacciocchi, di assoluzione con ampia formula o, in subordine, con formula dubitativa o, in ulteriore subordine, la prescrizione. Chiesto inoltre di revocare la confisca per equivalente nei confronti di Zavoli.

Il giudice Caprioli si è riservato di decidere entro i trenta giorni previsti per legge. 

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