San Marino. Giro di denaro per oltre 20 milioni tra Rimini e San Marino, 9 denunciati

San Marino. Giro di denaro per oltre 20 milioni tra Rimini e San Marino, 9 denunciati

Giro di denaro per oltre 20 milioni tra Rimini e San Marino, 9 denunciati

Le somme legate al crac da 275milioni di un gruppo edile della provincia di Rimini. Contestati reati di bancarotta, tributari e riciclaggio. Indagato anche un sammarinese

Giro di denaro ritenuto di provenienza illecita per milioni di euro tra Romagna e San Marino. Bancarotta fraudolenta, reati tributari e riciclaggio. Indagate a vario titolo 9 persone nell’operazione denominata Brick Broken della Guardia di finanza d Rimini nell’indagine coordinata dal Pm Paolo Gengarelli. Un giro di denaro milionario tra Rimini e San Marino per un flusso accertato di oltre 20 milioni di euro. Lo schema quello più “tradizionale”: il denaro, frutto degli illeciti finanziari, prelevato in una banca riminese veniva, tramite spalloni, trasportato a San Marino in una fiduciaria. Da questa depositato in una banca del Titano che poi tramite bonifici versava il denaro nella banca riminese che veniva investito in obbligazioni della stessa banca. Ieri mattina la Gdf del comando provinciale di Rimini ha dato esecuzione ad una serie di sequestri per oltre 7,6 milioni di euro, ritenuti profitto degli illeciti contestati. Rogatorie anche a San Marino, sia per le indagini che per l’esecuzione dei sequestri.

Delle nove persone indagate cinque devono rispondere della bancarotta e reati tributari, uno di favoreggiamento e tre di riciclaggio. Tra questi c’è anche un sammarinese.

I provvedimenti di sequestro eseguiti ieri mattina dalle Fiamme Gialle, seguono l’ordinanza del Gip, Vinicio Cantarini. Il provvedimento ha visto esecuzione anche nella Repubblica di San Marino in funzine di una rogatoria rogatoria internazionale.

Tutto è partito dal fallimento (sentenza del 15 settembre 2017) di un noto gruppo societario in provincia di Rimini, costituto da una galassia di 12 società operanti nel settore dell’edilizia residenziale, le cui costruzioni si trovano principalmente in provincia di: Rimini, Bologna, Ferrara, Forlì, Pesaro ed Ancona. Si trattò di un crac colossale da 275 milioni di euro.

Le investigazioni, attraverso complesse ispezioni contabili indagini tecniche e rogatoria internazionale nella Repubblica di San Marino, hanno consentito di rilevare che le società avevano sistematicamente sottofatturato la vendita degli immobili ricevendo dai clienti milioni di euro in nero (2006- 2010). Per impedirne l’individuazione i soldi venivano versati ad una banca di Rimini, di cui alcuni funzionari, come gli spalloni del secolo scorso, attraversando poi il confine hanno a più riprese portato presso una fiduciaria del Titano il danaro, riconducibile per mandato fiduciario a due degli indagati.

La fiduciaria depositava poi le somme in un suo conto presso una banca sammarinese, da dove partivano poi bonifici verso un conto corrente detenuto nella banca riminese e intestato sempre alla fiduciaria estera. Da questo conto i soldi venivano investiti in obbligazioni della stessa banca riminese. Le operazioni erano documentate da ricevute fatte ad hoc per fare schermo e impedire la riconducibilità dei soldi agli illeciti fiscali posti in essere dagli indagati, a capo del fallito gruppo edile.

“Il meccanismo consentiva di celare il flusso monetario illecito – rilevano le Fiamme gialle – che appariva del tutto estraneo agli artefici della ingegnosa frode, quale mero trasferimento di fondi della fiduciaria da un conto estero ad un conto italiano. Il coinvolgimento della banca locale ha giocato un ruolo di particolare rilievo laddove il Presidente pro-tempore del Cda della banca ha ricoperto, nel contempo, anche la carica di Presidente del Collegio Sindacale della principale società fallita che quella di consulente fiscale di fatto dell’intero Gruppo di imprese, consentendo di fatto all’Istituto di credito di beneficiare, tra l’altro, anche dei fondi occulti, investiti prevalentemente in obbligazioni emesse dalla stessa banca e, dunque, direttamente destinati a finanziare l’attività bancaria del medesimo istituto. In buona sostanza, i soldi così camuffati – si è accertato un flusso di oltre 20 milioni di euro – sono stati sottratti illecitamente a fallimento del gruppo riminese, intervenuto nel 2017, andando a determinare grave pregiudizio ai creditori e all’Erario”.

In seguito alle indagini la richiesta di sequestro, accolta dal Gip, anche per equivalente”, nei confronti dei principali indagati, sulle disponibilità finanziarie, detenute anche attraverso intestazione fiduciaria, sui beni mobili ed immobili fino alla concorrenza delle distrazioni fallimentari e delle imposte evase, per 7,6 milioni di euro. Nello specifico gli indagati devono rispondere: per la bancarotta fraudolenta il patron del gruppo edile (indagato anche per l’omesso versamento delle imposte), il tesoriere, due membri del collegio sindacale, di cui uno è stato Presidente pro-tempore del Cda della banca coinvolta, nonché il genero del patron. Per riciclaggio sono indagati invece due funzionari di banca e il fratello del patron; mentre per favoreggiamento, per aver ostacolato le indagini, risulta indagato il responsabile dell’area controlli dello stesso istituto.

Non è escluso che, viste anche le rogatorie, l’indagine possa dare origine ad un filone sammarinese o a degli strascichi sul Titano, considerato, tra l’altro, che la fiduciaria interessata dalla vicenda e la banca sono attualmente attive, uno dei soggetti indagati è sammarinese e una parte dei fatti contestati ha interessato il San Marino.

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