San Marino. Festino in via Giacomini, Marco Podeschi: “Dimissioni gestite in puro stile sovietico”

San Marino. Festino in via Giacomini, Marco Podeschi: “Dimissioni gestite in puro stile sovietico”

“Silenziato il clamore del flash mob di via Gino Giacomini, il Paese continua la placida quotidianità senza particolari scossoni”.

Così Marco Podeschi sulla situazione attuale nella Repubblica di San Marino.

“Varie le posizioni dei politici, il governo richiama tutti all’ordine, i vertici dell’Iss non commentano, il Cons silente. Manifestazioni spontanee a parte, si torna allo stato di ibernazione democratica. Chi non loda il governo, è un disfattista”, dichiara in un comunicato l’ex segretario di Stato per la Cultura.

San Marino, dice successivamente Podeschi, “torna al centro dell’attenzione dei media italiani per il caso mascherine e per i bar e ristoranti aperti

E ancora: “Se ci restano i vaccini, rigorosamente Pfizer in ossequio all’atlantismo italico, vaccinazioni per i frontalieri. Rigori invernali a parte, siamo ai nastri di partenza pronti a un’estate ‘rinascimentale’ come definita da un esponente politico italiano. Ma del dopo governo e maggioranza non parlano. Non si capisce se ci sono dei piani per gestire la normalizzazione e tenere in sicurezza la popolazione a San Marino e all’esteronon è dato capire se, al netto delle dichiarazioni a uso stampa dei membri di governo, c’è un progetto per il rilancio dell’economia. Silenzio, a cui si uniscono le categorie economiche e le forze sociali, rotto solo da sporadici interventi svolti più per maniera che per convinzione”.

Il flash mob di via Gino Giacomini ha marcato la legislatura, messo in evidenza la concezione della democrazia e della libertà di espressione di alcuni ambienti politici. Alla fine, come era prevedibile, l’unico a rimetterci sarà il macellaio, esposto alla gogna mediatica, e fra politici e convenuti eccellenti non accadrà nulla – sottolinea sempre Podeschi -. In un comunicato di qualche giorno fa, si esaltano le doti dei consiglieri, fra i pochi a avere avuto il coraggio di dimettersi. Dimissioni gestite in puro stile sovietico, per restare in tema. Presentate e ritirate davanti all’assemblea di partito. Nell’autoesaltazione si sono dimenticati di chi nelle legislature precedenti si è dimesso davvero: Fiorini, Celli, Felici, Macina, Lonfernini, Mularoni, Marcucci e Scarano. Persone che, per motivi diversi, hanno lasciato il Consiglio Grande e Generale e, in un caso, è stato a distanza di anni rieletto in Consiglio”.

I campioni del cambiamento stanno dimostrando un disarmante conformismo rispetto al quale il Pdcs è un partito d’avanguardia. Nella serenità di inizio primavera, resta la curiosità su cosa accadrà nei prossimi mesi. Lasciamo da parte per un attimo crisi di governo e liti in maggioranza. Il matrimonio d’amore scandito a strofe di ‘Bandiera rossa’ cantata a squarciagola, già si capiva la propensione geopolitica filo-russa e il magnetismo dei flash mob stile via Gino Giacomini, è diventato una convivenza forzata. Nessuno lascia nessuno, meglio ingoiare un grosso rospo o subire o fare dispetti“, manda a dire Podeschi.

“Schiacciare il pulsante dell’Armageddon politico, vedi ultima legislatura, non porta bene a chi lo spinge e si può restare fulminati. Ci sarebbe poi anche da governare, fare qualche riforma, affrontare le sfide dell’Agenda 2030 e risolvere alcuni temi endemici del Paese. Opinioni politiche a parte, questa è la sfida che in tanti vorremmo fosse vinta per lasciare alle spalle le macerie dell’emergenza sanitaria“, chiosa l’ex segretario di Stato per la Cultura.

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