Una qualche riflessione su Alitalia

Una qualche riflessione su Alitalia

Di seguito l’intervento del prof. Antonio Guizzetti, economista italiano, conosciuto anche a San Marino per le sue proposte su economia e sviluppo.

 

Sono uno dei tanti italiani che seguono con interesse la vicenda Alitalia. La seguo nella mia duplice veste di contribuente, prima, e di economista e consulente di Synergy Group, poi. Come contribuente, sono preoccupato per i costi enormi per la collettività e per la grande quantità di denaro pubblico riversato, senza nessun effetto concreto di risanamento, nella società. Come economista e consulente, mi sorprende il caso di un’azienda che perde soldi da molti anni e riesce comunque a sopravvivere a ogni sua ultima crisi ed anche a suscitare l’interesse di investitori ed operatori internazionali come Synergy Group. È un caso molto interessante dal punto di vista professionale e anche abbastanza singolare, per la verità. Alitalia non è il primo vettore aereo al mondo a entrare in crisi. E neanche la prima compagnia di bandiera. Ma è probabilmente la sola in crisi da un quarto di secolo. 

Confesso che mi ero leggermente rinfrancato quando, a marzo del 2020, l’Amministrazione Straordinaria di Alitalia aveva pubblicato il bando per “Invitare a manifestare l’interesse per le acquisizioni delle attività aziendali facenti capo ad Alitalia – SAI S.p.A. e Alitalia CityLiner S.p.A.”. Non avevo esultato semplicemente perché pensavo che nessuno si sarebbe fatto avanti per l’impresa. Mi ero sbagliato, come spesso mi capita, perché si presentarono, in sette o otto pretendenti, tre dei quali (Almaviva, Synergy Group e US Aerospace Partners) manifestarono il loro interesse per acquisire in blocco tutte le attività aziendali messe a gara. Magari, non rappresentavano il gotha della finanza mondiale, ma, com’ebbe a riconoscere pubblicamente il Commissario Straordinario, almeno uno di questi pretendenti possedeva tutti i prerequisiti economici (fatturato) e finanziari (patrimonio netto) richiesti per essere ammesso a presentare un’offerta. Fra l’altro, poi, due di costoro (Synergy Group e US Aerospace Partners) furono successivamente a fine giugno ascoltati dalla competente Commissione Trasporti della Camera, dove ribadirono la loro disponibilità a investire nel rilancio di Alitalia, senza nessun break-up di sorta. 

A un certo punto, pensai che anche soltanto per pura curiosità qualcuno dell’Amministrazione Straordinaria e/o del Governo andasse almeno a vedere le carte, per verificare se gli offerenti avessero raccontato una barzelletta, tentato un bluff o fossero semplicemente degli impostori. Invece, no. Gara sospesa con poche righe formali di congedo (penso abbastanza care, perché furono vergate dai consulenti di Rothschild) e susseguente inversione a U della strategia (ma non sono certo che sia la strategia giusta) del Governo: dal mercato alla nazionalizzazione, dall’unità aziendale allo spezzatino, dalla rinascita alla miniaturizzazione, forse per renderla appetibile a qualcuno. 

Adesso siamo un po’ al giorno della marmotta per sapere come finirà probabilmente la storia. Da una parte, il cast tutto italiano dei ministri competenti (Franco, Giovannini, Giorgetti, Orlando), dall’altro l’amazzone Vestager e i suoi pretoriani, sullo sfondo i cani da guardia della concorrenza (Ryanair in primis, ma non solo). Credo che la Commissione Economica Europea abbia le idee confuse su cosa la politica italiana intenda davvero fare, e questa è manna per i concorrenti, che hanno modo di soffiare sul fuoco. 

In questo quadro fra il drammatico e il farsesco, recentemente uno dei partecipanti alla vecchia manifestazione d’interesse del marzo scorso, Synergy Group, si è rifatto vivo. Ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio Mario Draghi e ai Ministri Franco, Giorgetti, Giovannini, Orlando per chiedere se la sospensione comunicata da Rothschild è da considerarsi un definitivo annullamento e per riconfermare comunque il proprio interesse concreto a riprendere la trattativa con il sostegno di qualificati investitori internazionali e una credenziale di trent’anni di esperienza imprenditoriale nell’industria dell’aviazione civile. Insomma, una operazione di mercato, senza contare su nuovo denaro pubblico. E, naturalmente, da saggio investitore, valorizzando il patrimonio tecnico ed umano e salvaguardando i principali attivi (flotta, marchio, rotte, slot, eccetera) di Alitalia. 

Silenzio assoluto, ad ogni modo, da parte di tutte le controparti italiane, in tutt’altre faccende affaccendate, forse. 

ITA, la nuova compagnia aerea, tutta italiana e tutta pubblica, d’accordo all’ultimo Business Plan (che i vari Advisor sfornano in continuazione) riportato dai giornali, sarà finanziata dal Governo d’Italia con 3 miliardi di euro (sei volte la somma pagata da British Airways per comprare Air Europa, grande due volte ALITALIA e con i bilanci sempre in nero) e avrà una flotta di 47 aerei (il numero degli aerei della flotta varia con una frequenza settimanale, ricordo i 120 annunciati pochi mesi fa dai Ministri De Michelis e Patuanelli) e 4.800 dipendenti, un carico di 102 dipendenti per aereo, fra i più alti del mondo. Dei 40 aerei della flotta di ITA solo 6 saranno per il lungo raggio (il che significherebbe tagliare del 60% il traffico intercontinentale della vecchia ALITALIA, un bel regalo per LUFTHANSA e per le compagnie aree USA, mentre – a mio giudizio – ITA dovrebbe trascurare il mercato nazionale, specializzarsi sul medio raggio e competere sul lungo) e quindi principalmente servirà a trasportare la Business Community Italiana (il che significherebbe chiudere l’aeroporto di Milano Malpensa e concentrare il suo ridotto traffico internazionale negli aeroporti di Roma Fiumicino e di Milano Linate) nei principali HUB Europei e farla viaggiare nel mondo con i vettori aerei che erano i più agguerriti concorrenti di ALITALIA e a fare arrivare i milioni di turisti che vengono in Italia da fuori Europa con altre compagnie aeree. 

Alla fine di tutto questo, mi resta la curiosità di contribuente e di economista e consulente di capire la ragione di questo muro di silenzio alle proposte di Synergy Group. Ho elementi per potere affermare che la sua offerta per Alitalia ha basi economiche e finanziarie solide e può anche contare su di una trentennale esperienza nel settore dell’aviazione civile. Non è quindi l’aspirazione di un’anima candida che – come dire? – pesca nel torbido di una storiaccia di lungo corso. Penso soltanto che sarebbe molto semplice rendere pubbliche le ragioni di quest’atteggiamento, anche per non far crescere l’impressione che il finale sia già stato scritto da qualcuno, a Bruxelles o a Roma, non importa. O magari a Berlino. 

 

Antonio Guizzetti

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