“Non dipendere da nessuno”. Un’idea di libertà che con ogni mezzo San Marino ha difeso contro chiunque.
Carlo Filippini (a cura di) Pagine di storia
(tratto da “Il Cammino di una idea. Come San Marino si è salvato”, libro di Marino Cecchetti, Pro Manuscripto, 1991)
(…) Nel 1125 San Marino è sicuramente vincolato, almeno de jure, al vescovo del Montefeltro da obblighi feudali. Del resto come potrebbe essere di versamente? Forse che Pipino il Breve od Onorio II avrebbero potuto occuparsi di quella piccola, insignificante comunità, una delle tante aggrappate alle cime dei monti in questa Europa tormentata da un travaglio senza fine, alla ricerca di un assetto stabile che chissà quando verrà? E’ utopia arrivare fino a quei potenti, strappar loro una dispensa da quegli obblighi. Con loro no, ma col vescovo Pietro sì, è possibile trattare. Ed è coi vari Pietro di San Leo dunque che la nostra comunità deve fare i conti. Ed ha cominciato presto, prima del 1125. E non da sola, ovviamente: un po’ in tutta la diocesi ne viene contestata l’autorità. (…)
Cerchiamo di capire come doveva essere la condizione di San Marino attorno al Mille, quando in pratica cominciò quel singolare duello coi vescovi di San Leo. Come è ormai di moda, anche la nostra comunità provvede alla propria difesa: cinge per tre lati con un muro di pietre, appena sgrossate a colpi di martello, una delle tre punte del Titano, quella più alta, che è anche la più vicina alle casupole dell’abitato. Il precipizio protegge l’altro lato dello spazio fortificato. Una breve torre pentagonale eleva ulteriormente l’uomo di guardia, da cui il nome Guaita dato a quel primo fortilizio.
Quel fortilizio non può non dare nell’occhio. Non può certo essere stato tirato su senza una qualche forma di autorizzazione del vescovo, e quindi senza l’immediato automatico innesco dei diritti feudali, come del resto per altri luoghi fortificati della diocesi feretrana. Anzi i documenti inducono a ritenere che San Marino facesse parte con Talamello, Maiolo e lo stesso San Leo dei castelli su cui il vescovo vanta diritti particolari, come quello di avervi una dimora fissa e potervi risiedere a suo piacimento. E di una o più case del vescovo si parla in documenti d’archivio. Case site all’interno della prima cinta muraria che, partendo ancora dalla Guaita – sarà detto girone della Guaita – chiuderà più tardi, nella zona fortificata, anche quel po’ di paese posto nelle vicinanze, lungo il ciglio del monte. (…)
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