Patrizia Cupo di Corriere Romagna San Marino: Ecco come il clan Gallo-Cavalieri aiutò Bianchini / Del Piano chiarisce al telefono con Abitabile «per qualsiasi problema, ci stanno i Cavalieri di Torre»
Quando Bianchini chiese la protezione della mala, fu il clan Gallo-Cavalieri a rispondere all’appello. E la battaglia tra il patron di Karnak e quel Vitalucci di Ancona si spostò a Torre Annunziata. Da lì, lo scagnozzo del boss Pasquale Gallo chiamò i “guardia spalla” di Vitalucci per conto di Platone Bruno, a sua volta body guard di Bianchini, e si fece intendere con poche parole: «Bruno appartiene a noi». «Parlo chiaro». A parlare, è Carletto «ro piano» (Del Piano): si presenta amico di quel Pasquale che a oggi regge il clan Gallo- Cavalieri. E gli dice: i soldi che cercate stanno a Torre Annunziata. Se li cercate, «per qualsiasi problema, ci stanno i Cavalieri di Torre: ve lo sto dicendo papale papale, per dentro il telefono, stiamo a posto». Sì, perché “ro Piano”, che è al telefono con Mimmo Abitabile – l’altro scagnozzo che guarda invece le spalle a Claudio Vitalucci nella guerra per quell’estorsione a Bianchini da 3 milioni di euro – non ha paura di parlare chiaro al telefono. «Il carcere, me lo sono già fatto»: delle “guardie”, dicono Carletto e Mimmo, non hanno paura.
(…) Le bombe molotov. Nel contesto mafioso in cui i protagonisti della vicenda si muovono, gli inquirenti temono possa essere calato anche l’episodio del lancio delle bombe molotov a San Marino. Era l’aprile del 2010: il caso, sul Titano, sollevò un polverone. Si parlò di un gesto intimidatorio e Bianchini si affrettò a spiegare che Karnak non c’entrava nulla. La gendarmeria lo ascoltò più volte, ma nulla. Il noto imprenditore disse di non avere idea del perché di quel brutto fatto. Brutto davvero: chi lanciò le due bombe artigianali contro casa di Bianchini, lo fece in pieno giorno – poco dopo mezzodì – e quasi sfiorò la bicicletta piccola del figlio dell’imprenditore. Già: non fu cosa da poco conto. Tant’è che, dalle indagini dell’operazione della Finanza di Rimini, emerge anche come l’episodio fu subito commentato da Ricciardi e Bianchini «i quali ne attribuivano la paternità a Vitalucci, anche se le indagini della polizia giudiziaria sammarinese non hanno consentito di riscontrare una tale affermazione». E Karnak, forse, in quella vicenda, c’entrava proprio. E’ dagli interessi per conto della società che Bianchini si muove, in prima battuta, per richiedere all’agenzia investigativa Cio di Salvatore Vargiu (arrestato) i dossier di spionaggio alla Finanza, resi possibili attraverso la connivenza del maresciallo Enrico
Nanna (anche lui, in carcere).