Riccardo Riccò, abusivo, alla Gran Fondo San Marino, tra solidarietà e intransigenza.
Radio Corsa annuncia a giudici e ammiraglie «c’è Riccò!» come se fosse arrivato il diavolo. Imbarazzo. Riccardo resta in coda al gruppo, ma quando la strada comincia a salire si trova quasi senza volerlo nella mischia o anche nelle prime posizioni perché tanti corridori perdono terreno. Alcuni protestano. E scoppia il caos. La giuria ordina a Riccò di restare in coda, poi – non contenta – gli intima di andarsene e fa intervenire la Polstrada che segue la corsa. La tensione cresce, eppure si sfiora la farsa quando un poliziotto penetra il gruppo e chiede: «Chi di voi è Riccò?». Risata generale: l’agente è l’unico a non conoscere il Cobra. «Perché lo trattano come un cane?» si indigna qualcuno. «Riccò non fa male a nessuno – dice un altro -. Lasciatelo stare». Altri capiscono il dramma: «Se lo trattano così, finisce come Pantani». Nessuno ha dimenticato che il Pirata morì da solo per un’overdose in un hotel a pochi km da lì. Riccò è scosso: «Ormai sono abituato ma non capisco. Non sono un assassino, non merito certe cose». La pensa così anche il gruppo. E infatti quando la giuria minaccia-«se Riccò non lascia la corsa sarete tutti squalificati» – i corridori per solidarietà quasi smettono di pedalare. «Ho corso con Pantani e Vandenbroucke – ricorda Rezzani -: sono morti entrambi giovani e dopo una lunga squalifica per doping». Anche il belga, come Riccò, fu sorpreso a correre fra gli amatori, tra l’altro con un tesserino falso e sopra la foto di Tom Boonen, campione fiammingo tuttora in attività. «Non vorrei che Riccardo finisse nello stesso modo».
Leggi l’articolo di Giorgio Viberti