Analisi referendum. Giovanni Maria Zonzini

Analisi referendum. Giovanni Maria Zonzini

CHI VINCE, CHI PERDE

16/05/2016

Le urne si sono chiuse da poco più di ventiquattr’ore dalla chiusura dei seggi, quando, a partire dai Social, si sono levate alte le prima grida di trionfo degli opposti schieramento, tanto che pare che il vincitore non debba essere il campione delle urne, ma la fazione che riesce a cantar vittoria più forte, sopratutto per il quesito sull’abrogazione della variante di PRG della (ormai ex) zona parco di Rovereta; e la cittadinanza, di fronte all’usuale politichese post tornata elettorale, che ci presenta una schiera di vincitori senza neppure uno sconfitto, è comprensibile che si ritrovi sbigottita, se non schifata, da tanta poca chiarezza e onestà intellettuale, anche dell’informazione; è per questo che tenterò di fare un’analisi approfondita e ragionata dei dati e delle reazioni a caldo di alcuni movimenti e esponenti politici.

ANALISI STATISTICA

Il referendum che proponeva di porre un tetto di centomila euro annui a tutti i dipendenti pubblici è stato accolto dalla cittadinanza con la larga maggioranza del 63,63% contro uno sparuto 36,37%.

Lapidariamente, credo sia sufficiente evidenziare come l’inequivocabile vittoria dei sì sia manifesta e conclamata dai numeri, non meno del quesito che chiedeva di abolire il quorum, che s’è affermato con un largo 58,48% su un 42,42%.

Risultato positivo anche per la riduzione da tre ad una delle preferenze esprimibili, nonché il ripristino di queste ultime per i cittadini residenti all’estero, che seppur con minore scarto (54,76 SÌ – 45,24% NO) e un superamento del quorum di soli 214 voti .

Assai più complessa l’analisi dei risultati della scheda gialla, ossia del quesito che chiedeva di abolire la variante di PRG dell’ormai ex-zona parco a Rovereta, meglio noto come Referendum sul polo della moda, respinto con un risultato del 49,65% per i SÌ e del 50,35% per i NO: un sostanziale pareggio che, però, permetterà la costruzione dell’outlet dei Borletti, andando contro la volontà del comitato promotore, di RETE e degli indipendenti Lazzari e Pedini, che risultano sconfitti su questo fronte, ma ne escono comunque a testa alta, dal momento che quella compagine, che nel 2012 aveva raccolto poco più di 1300 voti, è riuscita a portare dalla propria parte oltre 8000 cittadini. Deve essere naturalmente chiaro che gli ottomila sì non appartengono perlopiù al Movimento in questione, ma certamente ne evidenziano, sopratutto se messi in relazione con gli altri risultati, una forte capacità di comunicazione e penetrazione nell’opinione pubblica, tanto più contro un muro di NO pressoché corale da tutto il Congresso di Stato, dei partiti di opposizione (tranne C10 e UPR, che lasciavano libertà di voto) e di maggioranza, dei sindacati, delle associazioni di categoria (USC esclusa), della stampa, del comitato del NO e degli investitori che hanno fatto portare quasi in processione per tutto il Paese il plastico del progetto e organizzato un affollato comizio al Kursal.

In sintesi, sul polo della modo, RETE&Co perdono, ma ottengono, vista anche l’entità e le risorse a disposizione della campagna contraria, un risultato a dir poco straordinario, che rende la sconfitta più che dignitosa e onorevole.

Risulta evidente come i partiti di maggioranza, senza il sostegno di Sinistra Unita o il non-dissenso di Civico10, quei partiti della minoranza che votarono, nell’ agosto 2015, contro la convenzione, difficilmente avrebbero portato a casa questa vittoria, peraltro risicata, e ciò, pur ribadendo l’impossibilità di considerare i risultati di un referendum una sorta di exit pool delle prossime (e verosimilmente vicine) elezioni politiche, mette in luce un rafforzamento della compagine retina da una parte, mentre dall’altra il deficit comunicativo della maggioranza.

LE REAZIONI

Se non bastasse l’analisi dei dati a mostrare come i risultati della scheda gialla non diano una netta vittoria ai pro-polo, l’assenza di un comunicato vero e proprio conferma questa teoria, mentre in giornata è già uscito un comunicato congiunto Rete-Indipendenti, dove viene espressa soddisfazione per l’alta affluenza, per i tre referendum vinti e rivendicato un sostanziale pareggio sulla variante di PRG, con un piccato augurio al Polo: “parta pure l’affare del Polo, e ci auguriamo che possa portare anche solo un decimo dei vantaggi propagandati irresponsabilmente da una politica di Palazzo sotto ricatto (“se no vanno altrove”) e incapace di fare gli interessi del paese”, e una promessa “Vigileremo affinché l’esito dei referendum vittoriosi verrà tradotto in legge”.

L’altro comunicato al momento uscito è a firma di Civico10, che rileva come “La cittadinanza, con una partecipazione record sul fronte interno, ha sfruttato questi quattro quesiti referendari per dare messaggi molto chiari alla politica e al governo”, inoltre lancia l’ipotesi di affiancare il ripristino della preferenza ai non residenti e all’istituzione di un collegio estero ed al voto per corrispondenza e afferma che “Serve unità di intenti e coesione per fare in modo che questa occasione non sia gettata al vento!”.

Come già anticipato, non sono pervenuti ad ora comunicati ufficiali dei partiti di maggioranza né di opposizione schierati compatti per il NO, tuttavia sui social alcuni esponenti si sono fatti sentire. Partendo dalla maggioranza, il giovane consigliere democristiano Alessandro Cardelli, su Facebook, in un commento, ha affermato che “Questo referendum ha fatto danni incredibili, bloccato il paese, se non ci fosse stato i lavori sarebbero già partiti e fra 9 mesi avremmo già avuto 300 assunzioni. Come lo spiegano a chi oggi è ancora in mobilità? Sono felice che i sammarinesi si siamo espressi per il no, e tanti che non hanno votato erano per il no. È una vittoria netta contro la demagogia e contro chi vuole bloccare la nostra economia”.

Il commento di Cardelli esprime appieno, nelle sue prime righe, il modello neoliberista della democrazia: le leggi del mercato stanno sopra le leggi del popolo, e nessuna cittadinanza dovrebbe  esprimersi su un progetto economico privato, anche se grande e impattante, in positivo o in negativo, sull’economia, l’ambiente e la società di una comunità.

Sempre in quelle poche righe, il volto nuovo della Democrazia Cristiana sammarinese attacca i demagoghi, rei di avere consultato la popolazione, facendo così perdere tempo prezioso alle ruspe delle aziende sotto l’egida dello Studio Grandoni.

Per l’opposizione fortemente schierata per il NO, abbiamo un intervento di Ivan Foschi di Sinistra Unita, che per tutta la campagna s’è distinto per la difesa dell’outlet e che ora non manca di scrivere bollettini della vittoria come questo: “Qualcuno continua a fare un po’ di confusione con i numeri… un 23-24% dei cittadini che ha detto di no al polo della moda viene spacciato per una metà del Paese!!

Chi non è andato a votare ha detto che per lui il polo era indifferente. Di certo non era ostile. Su, accettate il responso senza girare la frittata, dato che dite sempre di essere i nuovi!”

La tesi propugnata si incentra sul fatto chi non è andato a votare l’ha fatto perché in massima parte non era ostile al Polo; i complimenti all’Ingegner Foschi sono assolutamente dovuti, infatti, non solo è stato un fedele e abile promoter del progetto, ma anche perché, con funambolesche espressioni matematiche, è riuscito a trasformare una metà dell’elettorato attivo in un’esigua minoranza!

Certamente tutti gli avversari dell’abolizione del quorum hanno sostenuto la tesi per cui astensione non è disinteresse o svogliatezza, ma in massima parte posizione assimilabile al no o comunque non ostile allo status quo, eppure Foschi non è sempre stato di questo avviso, infatti, solo un paio d’anni fa, di questi tempi, commentava gli esiti delle votazioni su libera professione e FondISS in questa maniera

“Esito referendum chiarissimo e incontrovertibile. Inutile girarci intorno. Questo risultato è in primo luogo una vittoria dei cittadini che si sono recati alle urne e non hanno rinunciato ad esprimere la propria opinione nelle urne, nonostante una legge assurda come quella che prevede un quorum ancora molto alto e anacronistico, che somma chi si pronuncia in modo contrario a chi si disinteressa e sceglie di non votare

È mia premura ricordare che, se i contrari al Polo era un 23-24% della cittadinanza chiamata al voto, i referendum abrogativi del 2014, sostenuti anche da lui e dal suo partito, sono passati grazie ad un 30% dell’elettorato, esigua minoranza rispetto al 70% “che somma chi si pronuncia in modo contrario a chi si disinteressa e sceglie di non votare”.

Possibile, mi chiedo io, che chi si astiene è un disinteressato, un, gramscianamente parlando, un indifferente, quando Foschi sostiene il sì, mentre è neutro, o comunque non ostile, quando lui sostiene il no? Una situazione un po’… sinistra!

Giovanni M. Zonzini

Condividi


Per rimanere aggiornato su tutte le novità iscriviti alla newsletter

Quando invii il modulo, controlla la tua inbox per confermare l'iscrizione

Privacy Policy