Antonio Fabbri di L’Informazione di San Marino: danno emergente e lucro cessante

Antonio Fabbri di L’Informazione di San Marino: danno emergente e lucro cessante

L’Informazione di San Marino

Sanno emergente lucro cessante

Antonio Fabbri

 L’ipocrisia necessitata di utilizzare
il condizionale per descrivere
quello che tutti dovrebbero conoscere
con certezza attraverso verbi
all’indicativo, è lo specchio del
disorientamento di un Paese. Dover
parlare di quanto “sarebbe” emerso
in seduta segreta in Consiglio grande
e generale denota due cose: o si
conosce approssimativamente ciò
di cui si tratta o non si vuole fare
conoscere a cosa si sta andando
incontro.
Se non fosse che la prassi incancrenita è quella di
dare corda a un inspiegabile riserbo, manco ci fosse
la borsa a fare rischiare turbative o aggiotaggio, ci
sarebbe da prenderla come uno scherzo. Invece è
tutto vero. I numeri non sono più inesorabili, ma
condizionali. Si spera non condizionati.
Ecco allora che le certezze svaniscono in una bolla
di sguardi ebeti da “io so che tu sai che io so, ma non
dico quello che dovresti sapere perché, come sai, c’è
il segreto”. Roba da perderci il comprendonio. Ma è
un comportamento che salva la forma di una seduta
segreta mirata a coprire la sostanza di operazioni e
bilanci, evidentemente inconfessabili apertamente,
nei quali alcuni, pochi, ci hanno guadagnato e molti,
tutti gli altri, ci hanno perso. Non si spiega altrimenti
il voler tenere ancora nascosti numeri che riguardano
il bilancio dello Stato, per definizione pubblico.
E allora via con il condizionale su tutto: ieri mattina
si sarebbe riunito in segreto il parlamento di uno
stato e, presumibilmente, i quasi sessanta avrebbero
parlato di un punto che sarebbe stato inserito in un
presunto ordine del giorno. Questo punto all’odg
avrebbe previsto che il probabilmente Segretario
alle Finanze – si tratterebbe di Claudio Felici – riferisse,
ma il condizionale è d’obbligo, sul presunto
deficit causato a quello che potrebbe essere ritenuto
l’erario sammarinese. Un prospettato buco che
deriverebbe dall’intervento che lo stato avrebbe fatto
nelle verosimili fusioni e salvataggi che presunti
istituti di credito, guidati da ipotetici direttori e con
segreti azionisti, avrebbero compiuto nei confronti
di altri presumibili soggetti bancari, che sembra
abbiano subito un dissesto per le più svariate e ipotetiche
ragioni. Tra queste ci sarebbero anche presunte
concessioni allegre del credito senza le garanzie che
in teoria si dovrebbero chiedere; fondi neri… facciamo
grigi per evitare una tinta troppo netta; denari di
presumibile dubbia provenienza, supposte evasioni
ed altrettanto supposti scudi fiscali, una eventuale
crisi che ha come complice una presumibile cattiva
gestione delle stesse ipotetiche banche.
E allora vien fuori che all’erario mancherebbero
(guai ad abbandonare il condizionale) circa – non sia
mai che si possa dare una cifra con i milioni precisi
e con la virgola al centesimo – 60 milioni. Una
stima che riguarderebbe le mancate entrate fiscali in
seguito agli sgravi concessi per le fusioni.
Una stima, riportata a mezza bocca perché la seduta
era segreta, da prendere così, senza troppe analisi, e
per grazia ricevuta. Ponendo questo come importo
corretto, e non buttato là per soddisfare una curiosità
di chi avrebbe diritto a conoscere i conti per intero,
già graverebbe per circa 1.875 euro su ogni cittadino
sammarinese. Un danno emergente palese per
l’erario, ma che non tiene conto del “lucro cessante”.
Quell’elemento, cioè, che quando si fa la quantificazione
di un risarcimento, indica ciò che si sarebbe
potuto realizzare se le cose fossero andate diversamente.
Lo stato, infatti, oltre alle mancate tasse, ci
ha perso molto di più a causa della non virtuosità
del suo sistema bancario e finanziario. Un danno
“morale” che ha ridotto la credibilità, l’appetibilità,
la reputazione del sistema San Marino a causa delle
magagne che nel corso degli anni sono venute fuori.
Per tutto questo, non solo nessuno ha ancora pagato,
seppure si ragionerebbe – riecco il condizionale – su
una ipotetica azione di responsabilità, ma nessuno ha
neppure chiesto scusa. E questo è indicativo.

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