Antonio Fabbri – L’informazione: Narcos, camorra e traffico di droga. Soldi finiti sul Titano

Antonio Fabbri – L’informazione: Narcos, camorra e traffico di droga. Soldi finiti sul Titano

L’informazione di San Marino

Narcos, camorra e traffico di droga. Soldi finiti sul Titano

Quattro persone rinviate a giudizio per riciclaggio in una brutta storia che vede anche
la scomparsa di un imprenditore modenese in affari col Cartello di Monterrey

Antonio Fabbri 

E’ una storia di denari frutto del traffico internazionale di stupefacenti, di un imprenditore modenese scomparso che, si sospetta, sia stato fatto fuori dai narcos messicani. Di mezzo c’è pure la Camorra e, a San Marino, il riciclaggio del denaro sporco che ha visto in questi giorni il rinvio a giudizio di quattro persone.

L’inizio dei rapporti. Tutto, per la parte che riguarda San Marino, cominciò quando il primo agosto del 2006 venne aperto un conto sul Titano all’Ibs dove vennero versati complessivamente oltre 217mila euro . Poi successivi versamenti vennero effettuati, nel 2008, su un altro conto, per un totale, uniti ai primi denari versati, di 320.675 euro complessivi. Soldi ritenuti di provenienza illecita. I denari, infatti, secondo l’accusa erano il frutto del traffico internazionale di stupefacenti che vedeva tra i protagonisti Bruno Gerardi con la collaborazione del fratello, Elio, entrambi imprenditori modenesi. Questi soldi furono in seguito trasferiti, investiti, movimentati e occultati, sia utilizzando contanti, sia attraverso carte di credito prepagate, che venivano periodicamente ricaricate, sia attraverso assegni circolari. Movimentazioni andate avanti fino all’agosto dell’anno scorso, quando è scattata l’inchiesta penale. 

I fratelli Gerardi
Bruno Gerardi era imprenditore
modenese residente a Monterrey,
in Messico. Svolgeva la sua attività
nell’ambito del commercio
di apparecchiature e di altoforni
per ceramica. Stesso settore in
cui lavorava il fratello Elio, che
risiedeva però in Italia, a Modena,
dove aveva uno stabilimento.
Nel 2012 la Direzione Distrettuale
Antimafia di Palermo fece
scattare l’operazione denominata,
appunto, Monterrey2, che vide coinvolti i due imprenditori
e portò all’arresto di 34 persone.
Perché i due fratelli modenesi finirono
in questa inchiesta?

L’indagine, che si sviluppava da
un primo filone relativo in particolare
a vicende del 2006, esaminava
più in generale una attività
ampia di narcotraffico. Nel
2006 i due imprenditori modenesi
stavano gestendo il trasporto
dal Messico all’Italia di un
altoforno. Questa l’attività lecita.
In quell’altoforno, che per varie
peripezie non arrivò tuttavia subito
a destinazione, gli inquirenti
trovarono però nascosti 424 chili
di cocaina. In questa operazione
i due fratelli, secondo le accuse
dell’Antimafia, mediavano tra i
messicani ed esponenti del casertano,
che operavano per conto
di famiglie palermitane.

Nelle indagini dell’Antimafia si
parla non solo di questo carico
di cocaina, ma di altre partite
con quantitativi ingenti di stupefacenti
e di operazioni che
vedevano coinvolti nomi illustri
del Cartello di Monterrey, oltre
al casertano Vincenzo Paone, ritenuto
vicino a “Sandokan” e al
clan camorrista dei Nuvoletta.
Per questa attività i Gerardi erano
tenuti d’occhio dall’Antimafia
fin dal 2002. In quell’anno un
carico di cocaina di 1,2 tonnellate
era partito dalla Colombia e nascosto sempre dentro alcuni
forni.

Il carico che non arriva
In attesa del carico di droga a
Modena, nel luglio del 2006,
c’erano tutti alloggiati in vari hotel
della città: i narcos messicani
e i soggetti vicini alla camorra. Il
carico, però, non arrivò, perché
per errore era stato dirottato al
porto di Aversa, in Belgio. Bruno
Gerardi si attivò per cercare una
soluzione e riuscì a farlo arrivare
a Milano per poi portarlo a Terni,
perché a Carpi, dove aveva predisposto
un capannone per ricevere
il forno con il suo prezioso carico
interno, c’è stata un’ispezione.
La polizia, però, intercettò il trasferimento
e la partita di cocaina
fu persa. Si mise male, perché i
narcos messicani iniziarono così
a sospettare che Bruno Gerardi
facesse il doppio gioco.

La misteriosa scomparsa
Dopo le vicende del 2006, Bruno
Gerardi scompare. Non si trova
più. Tornato in Messico, dopo
il 22 agosto 2006 non si hanno
più sue tracce. Non se ne trova
più neppure il corpo. Quella che
sia stato assassinato dai Narcos
per un regolamento di conti legato
al carico di cocaina andato
perduto, è l’ipotesi più plausibile
che gli stessi inquirenti dell’Antimafia
di Palermo hanno fatto
nelle carte dell’operazione Monterrey2.
Questo anche alla luce
delle intercettazioni telefoniche
tra il fratello, che ingaggiò investigatori
privati per cercarlo, e la
moglie di Bruno Gerardi in Messico.
In quelle telefonate emerse
chiara la preoccupazione per la
vita dello scomparso. La stessa
Dda di Palermo, nell’ordinanza
aveva sottolineato come fosse
prassi comune per i narcos eseguire
sentenze di morte per chi
avesse sbagliato. E la perdita del
carico di cocaina, unita ai sospetti
di doppio gioco, potevano
essere elementi sufficienti, per il
Cartello messicano, a fare fuori l’uomo. La certezza su cosa sia
accaduto a Bruno Gerardi, tuttavia,
non si avrà probabilmente
mai.

Il dieci per cento
Per nascondere la droga negli
altoforni, per trasportarla e per
la mediazione con la criminalità
organizzata italiana, Bruno
Gerardi percepiva il 10% del
profitto del traffico di stupefacenti.
Ed è qui che entra in
ballo il titano. Parte di questo
denaro era infatti finita, secondo
l’accusa, a San Marino. Di
qui l’accusa di riciclaggio per
il fratello, Elio Gerardi 59enne
di Modena, e per altre tre persone,
Franca Buzzoni 80enne di
Reggio Emilia, Maria Cristina
Toschi (57) e Patrizia Federica
Toschi (56), sempre di Reggio
Emilia. I quattro sono accusati
di avere a vario titolo movimentato
il denaro sporco con versamenti,
prelevamenti di contanti
o attraverso carte prepagate, investimenti.

Novantaquattro assegni
Tra le varie operazioni di investimento
e disinvestimento per
una cifra complessiva di oltre
320mila euro, è significativa la
movimentazione che ha fatto
scattare l’indagine a San Marino.
Ad un certo punto Franca
Buzzoni, nel luglio 2015, ha
chiesto all’istituto di credito
l’emissione di 94 assegni circolari
trasferibili da mille euro
ciascuno. La banca non ha dato
seguito all’operazione. A quel
punto, di fronte al diniego, le
tre donne si sono fatte rilasciare
tre carte bancomat in modo da
poterle utilizzare per effettuare
prelievi. Nel frattempo era
scattata l’indagine e, nell’agosto
dello scorso anno, il blocco dei
conti. A distanza di un anno, il
primo agosto, il rinvio a giudizio
firmato dal Commissario della
legge Buriani. La data del processo
è da fissare.

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